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Il patriarca Bartolomeo e l’ecumenismo dell’odio, da Trump a Putin

Il patriarca di Costantinopoli si è rivolto al Consiglio Ecumenico delle Chiese per dire che sta emergendo anche nella parte di mondo che lui meglio conosce un nuovo ecumenismo dell’odio. Un contributo determinante per far progredire la riflessione su fedi e divisioni e anche per farci capire come gli opposti estremismi si alimentino vicendevolmente. La riflessione di Riccardo Cristiano

Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, irrompe nella discussione più importante per il cristianesimo contemporaneo, che nel suo mondo ortodosso non può che avere il baricentro nel conflitto ucraino. Ma per capire cosa ha detto dobbiamo tornare al 2017.

Nel 2017 il direttore de La Civiltà Cattolica, il gesuita Antonio Spadaro, e il direttore della edizione argentina de L’Osservatore Romano, il protestante Marcelo Figueroa, mettevano a fuoco il rischio, registrato negli Stati Uniti di Donald Trump, di un «ecumenismo dell’odio» e quindi incompatibile con il vero ecumenismo e perciò con la visione di papa Francesco. Per capire di cosa parliamo dobbiamo capire il vocabolo “ecumenismo”. Il mondo cristiano ha conosciuto scismi e scomuniche, poi ha scoperto il desiderio di ricomporre la sua unità. Tra i principali ostacoli su questa strada c’è stato ovviamente il punto più delicato: uniti per valorizzare il valore delle proprie diversità, o riuniti sotto una superiore autorità? L’idea che il papa di Roma, quale successore dell’apostolo Pietro, fosse primo tra pari, ha reso la prima strada possibile. È cominciato così un cammino verso l’unità dei cristiani, che ha portato al poco noto, ma decisivo, Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Come ci sono stati e ci sono i fautori di un’unità nella valorizzazione delle proprie diversità, che arricchiscono il mondo cristiano, ci sono anche i contrari, che nelle identità emerse nelle tante fratture vedono un’indispensabile distinzione dagli altri.

Qui è intervenuto lo studio, pubblicato in due parti da La Civiltà Cattolica, di Spadaro e Figueroa, che indagando insieme, il primo sui cattolici e il secondo sui protestanti statunitensi, hanno individuato in tendenze contrarie all’ecumenismo, tendenze cioè chiuse, “integraliste” e “fondamentaliste” di quelle comunità, il favore per un nuovo ecumenismo: l’ecumenismo dell’odio. Separati, identitaristi, questi cattolici e questi protestanti, vedono nell’odio, in un “odio maggiore”, il comune denominatore per procedere insieme. Ovviamente, va da sé capirlo senza bisogno di andare a riprendere le carte, “il musulmano” svolge un ruolo determinante in questo odio. Ma non è solo questo musulmano ad essere odiato. Hanno scritto Spadaro e Figueroa allora: “Nell’universo che minaccia il loro modo di intendere l’ American way of life si sono avvicendati nel tempo gli spiriti modernisti, i diritti degli schiavi neri, i movimenti hippy, il comunismo, i movimenti femministi e via dicendo, fino a giungere, oggi, ai migranti e ai musulmani. Per sostenere il livello del conflitto, le loro esegesi bibliche si sono sempre più spinte verso letture decontestualizzate dei testi veterotestamentari sulla conquista e sulla difesa della «terra promessa», piuttosto che essere guidate dallo sguardo incisivo e pieno di amore del Gesù dei Vangeli”. Il discorso ovviamente è amplissimo, riguarda anche il famoso, sarebbe meglio dire “famigerato”, vangelo della prosperità, per cui se Dio ci vuole sani e ricchi e invece siamo malati e poveri vorrà dire che abbiamo sbagliato noi. Insomma, un altro cristianesimo.

Ora accade che rivolgendosi proprio al Consiglio Ecumenico delle Chiese, il patriarca ecumenico di Costantinopoli ha ripreso proprio questo tema e sebbene non li citi espressamente i due saggi di Spadaro e Figueroa, prosegue in questo solco, per dire che sta emergendo anche nella parte di mondo che lui meglio conosce un nuovo ecumenismo dell’odio. Scrive il patriarca: “C’è chi invoca un ‘nuovo ecumenismo’, ovvero un’unità di Chiese cristiane intorno a quelli che sono etichettati come ‘valori tradizionali’. Questa forma di ecumenismo crea inevitabilmente strane alleanze tra le Chiese cristiane. Quelle Chiese che un tempo si opponevano, a qualsiasi tipo di conversazione ecumenica (chiarissimo riferimento anche al patriarcato di Mosca) sono ora disposte a partecipare a questo cosiddetto ‘nuovo’ ecumenismo che sostiene i valori tradizionalistici. Ad esempio alcuni evangelici americani, che prima consideravano i cristiani cattolici e ortodossi come pagani che adoravano idoli, ora sembrano disposti a collaborare con alcuni cristiani e cattolici per sostenere questi valori”. Sono i cosiddetti “guerrieri culturali”. Ma è molto importante anche la frase successiva: “Questo nuovo ecumenismo è addirittura arrivato a consacrare il Presidente Vladimir Putin come il suo campione politico, e il patriarca della Chiesa ortodossa russa Kirill come suo leader spirituale”. Dunque, prosegue il Patriarca di Costantinopoli, l’ecumenismo che intendeva contribuire a una visione di comune umanità e di bene comune, diviene con questo “nuovo ecumenismo una forza di divisione e distruzione. Vediamo le conseguenze di questa mentalità divisiva e distruttiva nel brutale attacco contro l’Ucraina e nella giustificazione ecclesiale di questa guerra per salvare l’Ucraina dalla seduzione atea, laica e liberale dell’Occidente”.

Questo discorso è di estrema importanza perché compone le tre anime dell’ecumenismo dell’odio, i tre integralismi e fondamentalismi: quello protestante-evangelicale, quello cattolico e quello ortodosso.

Lo studio da cui tutto prende le mosse, quello realizzato da Spadaro e Figueroa nei loro ambiti comunitari statunitensi, viene sostanzialmente recepito e ora esteso al mondo ortodosso, con una evidente rilevanza ecclesiale e non solo.

Quando si dice che viviamo in un mondo polarizzato si dice esattamente questo: i poli non devono poter comunicare, devono viversi come un aut-aut, in pieno contrasto e se andassimo ad estendere questo discorso in altri contesti di fede, troveremmo la conferma di un analogo ecumenismo dell’odio anche lì. Così l’intervento del Patriarca Bartolomeo ci porta al di là dei confini tradizionali e ci fa cogliere appieno la valenza globale del pontificato di Francesco e dell’errore che si commette ritenendo la sua posizione sul conflitto in corso filo-russa. Opporsi ecclesialmente, dal di fuori di quel mondo, a quel mondo, a mio avviso, sarebbe il dono più grande che si potrebbe fare a chi ha bisogno di alimentare l’odio indicando l’odio esterno. Ecco che il presunto infortunio del papa su Pietro il Grande si spiega: lui che ogni giorno definisce l’Ucraina martoriata non è però contro i russi, contro il loro passato culturale, semmai contro le odierne derive, e questo più che enunciarlo vale la pena affermarlo denunciando che l’Ucraina è martoriata, evidentemente dall’esercito russo. Il patriarca Bartolomeo così ci ha dato un contributo determinante per far progredire la riflessione su fedi e odio e anche per farci capire come gli opposti estremismi si alimentino vicendevolmente.


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