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Sul 2% alla Difesa l’Italia dimostri serietà. Parla Pinotti

Sul 2% del Pil da destinare alla Difesa, Roberta Pinotti è chiara: “Pacta sunt servanda”. Secondo l’ex ministro della Difesa, tra l’altro, il Partito Democratico ha sempre impostato la propria politica estera secondo una convinta adesione alla alleanza, la cui partecipazione richiede al Paese impegno e serietà

In un recente intervento il presidente del Copasir, e già ministro della Difesa, Lorenzo Guerini si è detto preoccupato da quello che ha percepito come un potenziale “arretramento” del Partito Democratico sull’impegno italiano a raggiungere il 2% del Pil da destinare alle spese per la Difesa. Per il deputato Dem, le necessità di garantire la sicurezza allo spazio euro-atlantico, minacciato direttamente da una guerra ai confini dell’Europa, e l’esigenza di dimostrare la credibilità del Paese nel contesto internazionale, richiedono un gesto di responsabilità da parte di tutte le forze politiche. Airpress ne ha parlato con Roberta Pinotti, già ministro della Difesa e già presidente della Commissione Difesa prima alla Camera e poi al Senato.

Lei condivide i timori di Guerini?

Fare parte di un’Alleanza contempla la necessità, per reputazione e serietà, di impegnarsi a mantenere gli impegni che insieme sono stati assunti. La dichiarazione finale del vertice Nato, in cui i leader dei Paesi alleati si impegnavano, dopo anni di riduzioni anche drastiche alle spese per la difesa, a puntare alla linea guida del 2% del Pil, incrementandole progressivamente, fu sottoscritta a Cardiff nel luglio 2014, alcuni mesi dopo l’occupazione della Crimea da parte della Russia. Il Partito Democratico, così come i partiti le cui storie sono confluite per formarlo, ha sempre impostato la propria politica estera con senso di responsabilità e una adesione convinta alle alleanze internazionali. Credo che il PD non dovrebbe deflettere da questa linea di serietà e affidabilità internazionale.

Nel corso della passata legislatura, il PD si era impegnato in prima linea per la costruzione di una visione condivisa in Parlamento che fissasse l’obiettivo al 2028. Questo cambio di passo da parte della segreteria non rischia di apparire una contraddizione da parte del Partito?

Ricordo bene quella discussione e credo sia stato importante costruire una visione condivisa in Parlamento, visione a cui il PD diede un significativo contributo, non solo attraverso il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ma anche grazie al lavoro dei gruppi parlamentari. Venne immaginata una seria road map che portava a un incremento progressivo fino al 2% entro il 2028, tempistica che fu scelta valutando le effettive capacità di spesa e di crescita industriale del nostro Paese. La Germania scelse allora un balzo molto più rapido per l’incremento delle risorse: a differenza di quanto viene detto da più parti non sta riabbassando l’asticella dell’obiettivo, lo ha rimodulato proprio per rispettare l’effettiva capacità di spesa.

Un eventuale ritardo, inoltre, potrebbe rendere il Paese il “fanalino di coda” dell’Europa, con un conseguente danno anche alla credibilità internazionale dell’Italia?

Per costruire la difesa europea, tema a cui mi sono dedicata con determinazione arrivando a promuovere la prima cooperazione rafforzata, sottoscritta nel 2017, le risorse sono necessarie; gli impegni degli Stati nazionali in termini di sicurezza e difesa dovranno, semmai, essere ancora più credibili. In prospettiva una Difesa comune consentirà razionalizzazioni che eviteranno sprechi di risorse e inutili duplicazioni, ma ad oggi gli Stati europei, che sono nella stragrande maggioranza membri Nato, richiedono da parte di tutti i partner analogo impegno e serietà. Tanto più che c’è ancora una guerra nel cuore dell’Europa.

Sia le istituzioni della Difesa, sia gli addetti ai lavori, sono concordi nel mettere in guardia dai rischi per la sicurezza italiana, europea e transatlantica da un ritardo nell’adeguamento delle proprie spese al 2%. Un impegno che, ricordiamo, è stato assunto in sede Nato nel 2024, quando lei era ministro della Difesa, e che è stato confermato da tutti i governi italiani che si sono succeduti da allora. Su questo aspetto, qual è la sua posizione?

Ho misurato con mano quanto all’estero la buona reputazione del nostro Paese sia anche connessa alla serietà e alle indubbie capacità con cui le nostre Forze armate hanno operato e operano negli scenari di crisi. Nel 2014 eravamo molto distanti dal 2% di spesa, ma da allora ho operato, anche se non sempre le condizioni generali della finanza pubblica lo hanno consentito, perché gli impegni non fossero scritti sulla sabbia. Pacta sunt servanda.

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