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La Polonia del post-elezioni? Una, santa, cattolica e apostolica. Parla Redzioch

Di Giulia Gigante

Le elezioni per il rinnovo del Sejm (15 ottobre) segneranno  il destino della Polonia e determineranno i nuovi orizzonti della regione euro-orientale. I conservatori non arretrano di un passo. Secondo  Wlodzimierz Redzioch, in Europa la bipartizione tra stati stati dominanti e stati dominati esiste eccome. Secondo il vaticanista, l’opposizione polacca è troppo schiacciata sulla tattica “ulica i zagranica” (le piazze e l’estero). Ed ecco perché i cattolici giocheranno un ruolo decisivo….

Commistione o alleanza tra centri di potere? Dialettica costituzionalizzata tra Fede e Politica o fideismo politico contro secolarizzazione e laicità illuministica? È difficile, se non addirittura impossibile, analizzare la storia della Polonia e gli attuali risvolti aggirando il sottilissimo crinale o ponte che collega la città terrena (Varsavia) alla città celeste. Il cattolicesimo impiegato e sentito come tratto di appartenenza, di demarcazione, di distinzione tra “noi” e “loro”. Il noi che intende preservare la trinità politica del conservatorismo sociale (Dio-patria-famiglia), la polonità e loro, i progressisti che tentano di calibrare la propria agenda con diritti civili e minoranze da tutelare e bisogni primari da soddisfare.

Difatti, tra meno di un mese conosceremo le sorti della Polonia divisa e contesa da veteronazionalisti e centristi di primo pelo, da euroscettici ed europeisti che elevano le rispettive prese di posizione a forme ed entità politiche.

Ed è possibile addentrarsi nelle dinamiche che sorreggono le spaccature interne al Paese partendo dall’analisi di una dimensione che, come tutti i grandi temi, può essere ignorata ma non rimossa: il ruolo spirituale e politico della Chiesa (la cui parte polacca è da considerare la rappresentante più fedele della Lumen Gentium) nella Polonia del Terzo millennio. Ovvero in quel territorio che lega ordinamenti e la carta fondamentale all’eterno, alla memoria, a Dio, come dimostra il preambolo della Costituzione del 1921 (“In nome di Dio Onnipotente, noi, Nazione polacca, ringraziando la Provvidenza per la liberazione dalla schiavitù durata un secolo e mezzo…”) e quella adottata nel 1997 (“La Nazione Polacca – tutti i cittadini della Repubblica, sia quelli che credono in Dio come fonte di verità, giustizia, bene e bellezza, ed anche quelli che non condividono tale fede ma rispettano quei valori universali che vengono da altre fonti…”).

Dunque, qual è la vera influenza che la Chiesa polacca esercita nel dibattito pubblico, sull’azione del governo diretto da Jarosław Kaczyński e nel rapporto burrascoso tra esecutivo e Bruxelles? Se Papa Francesco sceglie la mediazione, come si schiererà la cattolicissima Varsavia in merito al conflitto russo-ucraino?

Lo spiega Włodzimierz Rędzioch, corrispondente dal Vaticano e dall’Italia del settimanale polacco Niedziela.

Partiamo dall’Europa. Qual è l’interpretazione che Varsavia assegna al concetto di “europeo” e cosa significa per voi polacchi lo stare in Europa?

 Mi faccia dire una cosa: tanti polacchi si sentivano amareggiati quando dopo il crollo del comunismo nelle cancellerie occidentali si diceva che dovevamo entrare in Europa. Noi da più di mille anni siamo inseriti nella civiltà europea, latina e giudeo-cristiana e questo legame è sentito vivo anche oggi. Per secoli facevamo parte a pieno titolo dell’Europa, anche grazie ai legami della Chiesa cattolica polacca con il Papa, con Roma. La parentesi del regime comunista, che veniva percepito come qualcosa estraneo alla Polonia, ha soltanto rafforzato la convinzione dei polacchi di appartenere ad un altro mondo, quello “europeo” appunto.     

 Il percorso di integrazione della Polonia nella famiglia europea è stata una gestazione faticosa e un traguardo fortemente agognato. Quando e perché il rapporto con Bruxelles è giunto ai ferri corti?

 Volevamo entrare nell’Unione Europea perché ci sentivamo parte dell’Europa. E siamo entrati nell’UE che si rifaceva ancora al sogno dei Padri fondatori, credenti e motivati religiosamente nella loro azione politica (basta ricordare che la Chiesa ha avviato il processo per la beatificazione di Robert Schumann e nel 2021 Papa Francesco l’ha dichiarato venerabile), con la visione cristiana della società e dell’uomo, con il rispetto delle identità nazionali e del principio di sussidiarietà. Oggi, stiamo nell’Unione che ha tradito quella visione. Da anni, all’interno dell’UE, osserviamo un pericoloso tentativo non soltanto di federalizzazione dell’UE ma di centralizzazione del potere nelle mani di un ristretto mainstream dell’UE. Come avverte il veterano e profondo conoscitore delle istituzioni, l’on. Saryusz-Wolski, esiste un “gruppo di potere” che sta costruendo a Bruxelles superstato oligarchico centralizzato (in cui alcuni governano e altri sono governati, c’è un egemone e le periferie). E tutto questo succede senza nessun rispetto per i Trattati fondativi dell’Unione. L’attuale governo polacco è contrario a questa deriva antidemocratica dell’Unione che creerebbe in Europa stati dominanti (Germania e Francia) e stati subalterni con la sovranità molto limitata.

Lei parla della violazione dei Trattati da parte delle Istituzioni europee, intanto proprio la Polonia viene attaccata per lo stato di diritto e per i cambiamenti nell’organizzazione del sistema giudiziario…

 Sono gli interventi illegittimi dell’UE per forzare i cambiamenti che servono a realizzare le politiche di Bruxelles. In modo particolare viene attaccato il Tribunale Costituzionale polacco ma il motivo è molto semplice (ma poco conosciuto all’opinione pubblica): il Tribunale Costituzionale ha emesso una sentenza che dice che l’Unione non può agire oltre le sue competenze definite dal Trattato e, se lo fa, ciò è illegale e non ha forza vincolante per gli Stati membri. Per il “gruppo di potere” di Bruxelles questo ostacolerebbe l’accentramento del potere nelle loro mani. Per questo motivo ferocemente attaccano il Tribunale a Varsavia.

 Il 15 ottobre i polacchi saranno chiamati a scegliere a chi affidare le redini dell’Aquila bianca. Possiamo dire che ci sono almeno due Polonie. La prima iper-identitaria, orgogliosamente conservatrice, tanto vicina a Washington quanto distante e insofferente alle direttive Ue; l’altra spiccatamente progressista ed europeista. Quale delle due prevarrà, tenendo conto del blocco dei fondi destinati al KPO in relazione alla salvaguardia dello stato di diritto tanto cara a Bruxelles? E perché, secondo lei, la società polacca fatica ad aprirsi alle rivendicazioni che provengono dal mondo femminile (aborto) e della società civile nel suo complesso?

 In una domanda ha posto tante domande. Non si può capire bene cosa succede in Polonia senza un breve excursus storico: nel 2015 gli ambienti liberali che dominavano la scena politica in Polonia dal momento del crollo del comunismo e della trasformazione democratica del 1989 hanno perso il potere. Per la prima volta la destra polacca è arrivata al potere dopo una vittoria netta e decisa, ottenendo il mandato di cambiare il Paese. In questa situazione l’opposizione, irritata e profondamente frustrata, pretendeva di negare ai nuovi eletti il diritto di governare. Tali ambienti si sono dichiarati “l’opposizione totale” e hanno fatto di tutto per sabotare il lavoro del governo, per creare, anche in modo artificiale, i conflitti sociali.

Il loro metodo viene chiamato “ulica i zagranica”, cioè “le piazze e l’estero”: da un lato con ogni pretesto venivano organizzate delle dimostrazioni nel Paese, dall’altra parte le forze dell’opposizione hanno lavorato per creare un’immagine negativa della Polonia all’estero e tramare contro il governo nelle strutture dell’UE. Non è un segreto che dietro tante azioni di Bruxelles contro la Polonia e prima di tutto il blocco dei fondi destinati a KPO c’è lo zampino dell’opposizione polacca e il suo leader Donald Tusk. Tusk e i suoi collaboratori dicono apertamente che i fondi saranno sbloccati se cadrà l’attuale governo e quando loro saranno al potere. Per questo motivo una parte consistente della società polacca percepisce Tusk, che ha fatto carriera a Bruxelles grazie alla Germania del cancelliere Merkel, viene visto come un traditore della Patria venduto agli interessi della Germania.

Ma, malgrado il blocco dei fondi europei, la Polonia è un Paese in rapida crescita, malgrado la pandemia e la guerra, con la disoccupazione una delle più basse in Europa, con gli aiuti sociali consistenti alle famiglie e ai pensionati. Per questo motivo la Polonia viene percepita da certi Paesi europei come un concorrente che va ostacolato. È anche un problema non di poco conto per l’opposizione che in questa situazione punta tutto sui temi ideologici come appunto l’aborto, l’ideologia LGBT, l’anticlericalismo ecc. Non è un caso che Tusk mobilita le piazze per acuire lo scontro dentro la società sui temi divisibili: già il 4 giugno ha organizzato una marcia a Varsavia, adesso alla vigilia delle elezioni vuole farne un’altra: “La marcia di un milione di cuori” per promuovere l’aborto. La gente marciava con i cuoricini appiccicati alle camicie ma sa qual era lo slogan più sentito? “Fottere il Pis!”.

E mi faccia chiarire anche un’altra cosa: in Polonia ci sono tanti patrioti (da non confondere con i nazionalisti!) e conservatori che sono europeisti ma che non vogliono tollerare l’Unione Europea che comincia ad assomigliare all’Unione Sovietica. Parlare di “progressisti” può essere anche ambiguo: in Polonia per più di 40 anni i comunisti dicevano che sono forze progressiste (nell’URSS lo dicevano per ben 70 anni). E sappiamo che non era vero. Allora si vede che spesso i conservatori hanno ragione perché non tutti i cambiamenti politici, sociali e culturali segnano un vero progresso e tali cambiamenti non sono irreversibili, come dimostra la storia del comunismo.

 Eppure, la Chiesa polacca sembra tutt’ora ancorata all’Humanae vitae di Paolo VI (1968). Non sarebbe il momento di riformulare un punto prospettico più ampio e flessibile ai mutamenti sociali?

 Quando parliamo dell’Humane vitae tocchiamo il tema dell’aborto. L’aborto è un argomento molto divisivo. Nelle odierne società occidentali viene visto questo come “un diritto”, ma tanti polacchi si ricordano che l’aborto fu introdotto dal regime comunista nell’Unione Sovietica ed in Polonia veniva praticato dei tedeschi durante l’occupazione nella la II guerra mondiale. Coloro che oggi reclamano questo “diritto” sa che esso fu già introdotto dai due regimi totalitari del XX secolo?

Per di più la medicina moderna conferma il fatto che la vita del nuovo essere umano comincia con il concepimento. Non si può negarlo.

La Chiesa polacca dovrebbe essere più flessibile circa questi argomenti? Ma qui parliamo dei bambini non nati nel grembo materno. Papa Francesco, che non può essere accusato di essere chiuso ai mutamenti del mondo, da sempre condanna l’aborto sottolineando che la vita va difesa del concepimento alla morte naturale. E lo ripete spesso.

Il conflitto russo-ucraino riscrive gli equilibri e abbozza il nuovo ordine che verrà, con i rispettivi schieramenti e aree di influenza. La Chiesa di Francesco sceglie la mediazione, incassando le critiche del primo consigliere del presidente Zelensky, Mikhailo Podoliak (e non solo). Qual è, invece, la posizione della Chiesa polacca e come esercita la propria influenza sul dibattito pubblico inerente alla guerra e la politica estera del Paese?

 La Chiesa polacca, per quanto sappia io, non partecipa attivamente ai tentativi di mediazione nel conflitto russo-ucraino, non fa la sua politica estera. Ovviamente come la stragrande maggioranza della società polacca la Chiesa è solidale con l’Ucraina augurandosi che la guerra finisca con il ritiro delle truppe dell’aggressore russo. Ma bisogna ricordare il suo massiccio impegno umanitario. Solo nei primi mesi della guerra in Polonia sono già arrivati più di un milione e mezzo di profughi dall’Ucraina e la loro sistemazione è stata possibile grazie all’incredibile mobilitazione del governo, delle autorità locali, ma anche della Chiesa che ha offerto le sue strutture alle persone che scappavano dagli orrori della guerra e mobilitava la gente ad aprire le loro case e i loro cuori agli ucraini. Invece la Caritas Polonia è impegnata dall’inizio nella raccolta e trasporto degli aiuti alla popolazione ucraina, principalmente prodotti alimentari e per l’igiene.

Joseph Ratzinger, sostenitore del rapporto dialettico tra Fede e Ragione, nella lettera enciclica Caritas in veritate promuoveva un nuovo umanesimo avanzando dure critiche al neoliberismo. La Chiesa polacca ha una propria visione sui grandi temi legati allo sviluppo e alle sue ripercussioni sociali e antropologiche?

 La missione della Chiesa in Polonia, la stessa di tutta la Chiesa, è portare la gente alla salvezza. Allora anche nel mondo moderno, nel mondo dei continui cambiamenti la Chiesa propone un “vecchio” messaggio della salvezza che non deve essere distorto dalle ideologie di turno. La Chiesa vuole cambiare il mondo con il messaggio di Cristo, non dovrebbe permettersi di essere cambiata dal mondo. La Chiesa in Polonia nella sua storia cercava di conciliare la tradizione con la modernizzazione della società. Vorrei dare un esempio storico appunto; in Europa l’Illuminismo segna il conflitto tra la Chiesa e il mondo moderno. Invece in Polonia l’Illuminismo non era né anticlericale né anticattolico. Al contrario furono i sacerdoti fautori dell’Illuminismo e questo era la prova che la Chiesa in Polonia non temeva la modernizzazione della società. Il simbolo della modernizzazione della Polonia del XVIII secolo fu la Costituzione di 3 maggio promulgata nel 1791, un tentativo di introdurre una forma statale moderna, la prima costituzione scritta in Europa (la seconda al mondo, dopo quella americana).

E sa cosa fecero i firmatari di questa moderna costituzione? Sono andati nella cattedrale di Varsavia per cantare “Te Deum laudamus”. In Francia invece l’Illuminismo significava le ghigliottine. Allora bisogna capire questa particolarità polacca che caratterizzava anche i cardinali Wyszynski e Wojtyla: loro nel periodo comunista, e per la Chiesa nel periodo postconcilio, proponevano questo modello d’equilibrio.Che cosa la Chiesa polacca dovrebbe mantenere nel mondo di oggi, che è il mondo caratterizzato dal consumismo, dall’individualismo, dalla rottura dei legami famigliari e sociali, dalla solitudine, dall’atomizzazione della società, dalla disperazione? Sicuramente dovrebbe mantenere il suo ruolo da sempre: creare la comunità, essere costruttore dei legami sociali. E può farlo grazie alla tradizione di solidarietà.

Non è stato un caso il primo sindacato libero nel mondo comunista formatosi in Polonia si chiamava Solidarnosc. Molto prima del 1980 è nata l’etica di solidarietà del rev. prof. Tischner, cioè l’idea di solidarietà sociale si sviluppava nella Chiesa polacca. Questo ruolo sociale della Chiesa vuole mantenere. E non ci scordiamo che anche nella Chiesa polacca è partita la “scintilla” della Divina Misericordia grazie alla sua apostola, suor Faustina Kowalska e a Giovanni Paolo II. Allora la Chiesa polacca può offrire alla società polacca ma anche al mondo queste due cose: misericordia Divina e solidarietà.

 


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