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Porti libici per navi russe. Così crescono le tensioni nel Mediterraneo

haftar

Il Cremlino parla con Haftar per ottenere i diritti d’attracco ai porti della Cirenaica. Uno sviluppo che rafforzerebbe la capacità militare di Mosca nel Mediterraneo allargato, a scapito della struttura di sicurezza della Nato

Secondo quanto riportato da alcuni funzionari libici ai media internazionali, nelle scorse settimane il vice ministro della Difesa russo Yunus-Ben Yvkurov si sarebbe incontrato con il generale libico Khalifa Haftar, comandante della Libyan National Army, per discutere della concessione dei diritti d’attracco alle navi della Marina Militare russa nei porti orientali di Tobruk e Bengasi.

Non una mossa improvvisa, bensì il proseguimento di una trattativa che va avanti da oramai diversi anni: già nel 2019 il Cremlino aveva avviato trattative per permettere ai propri vascelli di utilizzare le infrastrutture portuali della città della Cirenaica come punto d’appoggio (dopo aver declinato l’offerta formulata spontaneamente nel 2009 dall’ex autocrate libico Muhammar Gheddafi). Mentre ancora prima, nel 2017, la portaerei russa Ammiraglio Kuznetsov si era fermata a largo di Tobruk per esercitazioni (durante un tour Mediterraneo e una missione in Siria): in quell’occasione Haftar era stato ricevuto a bordo e aveva ufficialmente avviato la sua collaborazione con Mosca.

Uno sviluppo che si inserisce all’interno del più ampio approccio di Mosca al bacino mediterraneo, uno dei teatri più attenzionati da Mosca nell’ultimo decennio in seguito all’irrigidimento dei rapporti con la Nato, diventato ancora più caldo in seguito all’invasione russa dell’Ucraina del 2022. La sua posizione intermedia tra il continente eurasiatico e il continente africano considerato alla stregua di una terra di conquista da Mosca, così come le implicazioni securitarie di una presenza navale della regione in grado di arginare la supremazia dell’Alleanza Atlantica nel settore e di allontanare la linea di confronto lungo la direttrice meridionale, rendono il Mar Mediterraneo un punto cruciale all’interno della visione strategica del Cremlino.

Tuttavia, il conflitto ucraino ha avuto delle importanti conseguenze sulle capacità russe di accedere a questo specifico quadrante. Non solo per le capacità di interdizione delle acque del Mar Nero sviluppate negli ultimi mesi dalle forze armate di Kyiv (con il sostegno degli alleati occidentali che hanno messo a disposizione risorse e tecnologie necessarie all’acquisizione di simili capacità), ma anche per la chiusura degli stretti turchi a paesi parti in causa di un conflitto secondo i dettami della convenzione di Montreux del 1936. Il verificarsi di queste condizioni ha limitato fortemente la capacità di power projection russa nelle acque calde del Mediterraneo tramite l’impiego della Černomorskij Flot (Flotta del Mar Nero), la squadriglia navale con sede a Sebastopoli.

Questa realtà dei fatti rende ancora più importante la possibilità di accedere ad una base locale per poter mettere all’ancora i propri asset militari. Non che Mosca non ne abbia già una: grazie all’intervento nella guerra civile siriana in difesa di Bashar Al-Assad la Russia ha impedito la caduta di un regime storicamente amico, difendendo il proprio diritto all’utilizzo della base di Tartus (una struttura logistica di epoca sovietica che mira a diventare un vero e proprio hub navale grazie a un investimento di 500 milioni di dollari) e ottenendo il controllo della base aerea di Khmeimim. Queste due basi possono essere definite come il nucleo della struttura militare russa nel Mar Mediterraneo, anche grazie alla supposta presenza di un sistema difensivo Anti-Access/Area-Denial ivi presente.

Ma il ruolo strategico dei porti libici, sia per la loro posizione intermedia all’interno del bacino mediterraneo che per la loro vicinanza al canale di Sicilia e al Mar Adriatico, li rende comunque estremamente interessanti per Mosca. Con l’aeroporto di Al-Jufra, a sua volta sito nella porzione orientale della Libia sotto il controllo di Haftar, capace di ospitare un numero limitato ma non trascurabile di capacità aeree, l’autorizzazione all’impiego delle infrastrutture di Tobruk e Bengasi permetterebbe alla Russia di proiettare le proprie capacità aeronavali nel mediterraneo centrale, rappresentando così una minaccia diretta alla postura dell’Alleanza Atlantica nell’area.



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