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Il gambetto della “regina” Meloni visto da Elisabeth Braw

In un editoriale per “Politico”, la senior fellow dell’American Enterprise Institute sostiene che il governo guidato da Giorgia Meloni sta giocando al meglio le sue carte in politica estera, riuscendo a sviluppare un approccio olistico in grado di portare a risultati importanti sul piano globale. Una scommessa ad alto rischio, ma che può portare risultati importanti

Il governo guidato da Giorgia Meloni sta stravolgendo le regole del gioco geopolitico, mettendo in atto una serie di singole mosse apparentemente scollegate le une dalle altre, ma in realtà parte di un’unica visione sistemica della politica estera. Un vero e proprio queen’s gambit, come il titolo della serie Netflix La regina degli scacchi (ma la traduzione tecnica è “gambetto della regina”).

Secondo Elisabeth Braw, senior fellow dell’American Enterprise Institute e consulente di Gallos Technologies, nonché editorialista di Politico, in pochi avevano delle aspettative sulla rotta che la premier arrivata a Palazzo Chigi nel settembre scorso avrebbe deciso di seguire in politica estera. Ma sin dal suo insediamento, Meloni non ha esitato a prendere posizione su una serie di questioni di rilevanza internazionale, dalla guerra in Ucraina all’adesione italiana alla Nuova Via della Seta, mettendo a punto la situazione ideale per realizzare la sua “mossa dirompente”. Mossa che sarà posta in essere proprio in questi giorni, nel contesto della 78° Edizione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Il fulcro della strategia meloniana, secondo Braw, è il coinvolgimento del fattore di rischio per la sicurezza nazionale rappresentato dal cambiamento climatico, del rafforzamento dei legami euroatlantici, e del piano di aiuto ai Paesi africani volto a garantirne la stabilità economica e securitaria in un unico approccio olistico.

“La Meloni ha recentemente parlato molto della necessità di guardare all’intera scacchiera globale senza perdere di vista nessuna area o pezzo. Ad esempio, spostando la regina verso est, rischiamo di non accorgerci dell’alfiere proveniente dall’Africa. Nella situazione odierna, non si possono avere linee politiche verticali. Molte cose sono interconnesse” è stato il commento rilasciato all’editorialista di Politico dall’ambasciatore Francesco Talò, consigliere diplomatico per la premier e in precedenza ambasciatore d’Italia presso la Nato.

L’Italia è particolarmente suscettibile a questo genere di dinamiche, a causa della sua posizione geografica che la rende il punto di intersezione per eccellenza tra Europa, Africa e Vicino Oriente, ma anche per il suo ruolo alquanto rilevante nell’economia globalizzata, per il suo impegno nel costituire un sistema di difesa occidentale in chiave anti-russa e per la necessità di guardare alle sfide del futuro, come l’Intelligenza Artificiale e il cambiamento climatico.

Quest’ultimo rappresenta un pericolo tutt’altro che trascurabile per il Belpaese. Non solo per la minaccia che esso rappresenta nei confronti del nostro patrimonio Unesco e della nostra ricchezza enogastronomica, ma anche per l’impatto che esso avrebbe sull’abitabilità del continente africano, con il conseguente incremento dei flussi migratori di cui l’Italia sarebbe, ovviamente, il primo Paese coinvolto. Solamente nella prima metà del 2023, oltre 73.000 migranti hanno raggiunto l’Italia navigando attraverso il Mediterraneo; ma se (o meglio, quando) la soglia cruciale di 1,5 gradi di aumento della temperatura media mondiale verrà superata, il numero di coloro che dovranno fuggire dalle loro case sarà ben più alto. Per ottenere risultati, sarà necessario che sia l’Occidente che la Cina avviino un processo di stretta collaborazione, nonostante l’accrescersi delle tensioni geopolitiche tra i due blocchi, impegnandosi in un serio taglio delle emissioni di carbonio, scrive Braw. E l’Italia dovrà impegnarsi a fondo in questa direzione.

Allo stesso tempo, il nostro Paese deve lavorare per ridurre i suoi legami commerciali con la Russia e la sua dipendenza dalla Cina. L’attuale governo ha già agito in questo senso, optando per l’abbandono dalla Belt and Road Initiative cinese e tagliando nettamente le importazioni di gas russo dall’inizio della crisi ucraina.  Anche grazie a progetti come il nuovo connettore elettrico che si sta costruendo tra la Tunisia e la Sicilia: una nuova attenzione alla collaborazione allargata e multilivello con gli Stati del vicinato italiano. Questo connettore, finanziato dall’Unione Europea, creerà posti di lavoro in Tunisia, e al tempo stesso aiuterà l’Italia a ridurre la sua dipendenza dal gas russo, destinando ogni eccedenza elettrica all’Europa. In parallelo, il governo italiano e quello di Tunisi hanno negoziato un accordo per la gestione dei flussi migratori, accordo poi firmato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Questo dimostra come Meloni stia cercando di creare quel tipo di relazione reciprocamente vantaggiosa che è spesso mancata tra Europa ed Africa. Ed è palese che i due Paesi (e non solo loro) trarrebbero beneficio da una collaborazione sui cambiamenti climatici e più forti legami commerciali.  Meloni ritiene che, ricorrendo a questo approccio, l’Italia possa anche contribuire a far valere le ragioni dell’Ucraina presso alcuni leader africani che potrebbero essere i più adatti a cercare una soluzione per porre fine al conflitto accettabile da entrambe le parti coinvolte.

“L’Italia sta cercando di impegnarsi non solo con i tradizionali sostenitori dell’Ucraina, ma anche con altri attori che sono disposti a proporre soluzioni. Dopo tutto, ogni Stato può essere aggredito dal suo vicino, quindi ogni Paese dovrebbe essere in grado di comprendere la situazione dell’Ucraina” commenta ancora Talò a questo riguardo.

Questi sono gli elementi alla base del gambetto della regina che Giorgia Meloni ha preparato in questi mesi. Come nella nota mossa degli scacchi, il rischio esiste, ma le ricompense potenziali sono smisurate. E nel prossimo futuro vedremo se Giorgia Meloni riuscirà a realizzare questo suo “colpo da maestra”.



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