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Salario minimo, perché proprio 9 euro? L’analisi di Cazzola

Come nasce la cifra indicata dalle opposizioni? Non risulta che a monte vi fosse stato un approfondimento tecnico. Semplicemente era quello previsto all’inizio della passata legislatura dal disegno di legge della grillina Catalfo. Ma…

Ci siamo mai chiesti perché è pari a 9 euro (lordi) l’importo del salario minimo legale che, secondo la proposta di legge (A.C. 1275) presentata alla Camera da tutte le opposizioni (al netto di Italia Viva), sarebbe determinante nella tutela del lavoro povero?

Se si consulta la relazione che accompagna il testo non vi sono delucidazioni su come i partiti sono arrivati a fissare quel livello minimo.  Si è trattato forse di un algoritmo? La sinistra si è rassegnata a rivolgersi al “grande nemico” contro il quale combatte da anni per le sue ingerenze nel determinare le condizioni di lavoro?

Bontà sua, un tentativo di spiegazione è venuto da Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro del Partito democratico in occasione di un’intervista al QN.  La cifra, ha assicurato, “non è per nulla magica, ma frutto di un calcolo economico preciso, che parte dai parametri europei. Il riferimento è al 50% della media dei salari comunitari, e tiene conto però del fatto che molti dei contratti a cui ci rifacciamo oggi sono scaduti e quindi non adeguati a un periodo, quello attuale, in cui l’inflazione ha eroso il 7% del valore reale dei compensi. A questo si aggiunge il dato Istat, secondo il quale i salari, senza il sovrapprezzo dei prodotti energetici, attualmente sarebbe superiore del 16,2%. Ponderati tutti questi valori, si arriva a una cifra di media, 9 euro lordi, che tenga conto di tutto ciò”.

Guerra è una valente economista, docente di scienze delle finanze, ma capita anche ai professori prestati alla politica di dover ricorrere alla “supercazzola’’ quando non hanno a disposizione effettivi argomenti. La verità è che l’importo di 9 euro lordi era quello previsto all’inizio della passata legislatura dal disegno di legge di cui al Senato era relatrice Nunzia Catalfo, allora presidente della Commissione Lavoro. Non risulta che a monte vi fosse stato un approfondimento tecnico: i grillini della prima ora non avrebbero perso del tempo e – convinti che “uno vale uno’’ – non avrebbero neppure cercato gli strumenti per un calcolo fondato su elementi di fatto. Così, il numero magico è stato preso da quel disegno di legge, senza alcun riferimento al contesto macroeconomico, allora molto diverso dall’attuale e immune dalle disgrazie poi piovute sul Paese: la pandemia, la guerra, la crisi energetica e l’inflazione. In sostanza si è proceduto a braccio istaurando una logica destinata a ripetersi negli aggiornamenti affidati dall’articolo 5 a una commissione di netto carattere istituzionale e politico. Pertanto, molto più malleabile di un negoziato con le controparti. Per inciso, sembra evidente che per la sua incidenza sul trattamento complessivo e per le scadenze a breve termine della revisione, il salario minimo legale svolgerebbe la funzione di una scala mobile, con tutti i suoi effetti sulla sottrazione di autorità salariale alle organizzazioni sindacali.

Più in generale, i partiti di opposizione hanno qualche difficoltà con i numeri. Per esempio, le indicazioni della Direttiva europea 2022/2041del 19 ottobre 2022 mettono in relazione la misura del salario minimo con quella del salario mediano (fino al 60%) e del salario medio (fino al 50%). Pertanto, non ha senso fare confronti con gli importi di per sé. In Italia, secondo l’Ocse, 9 euro sarebbero pari al 75% del salario mediano (al 90% nel Sud). Altri istituti arrivano a quote percentuali ancora più elevate.  Di conseguenza, come ha calcolato Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, il 60% della retribuzione lorda oraria mediana in Italia è pari 7,02 euro, mentre il 50% della retribuzione lorda oraria media a 7,23 euro.

Un’ultima osservazione che riguarda in particolare il Movimento 5 Stelle. Quella misura – destinata a sconfiggere la povertà – prevedeva l’obbligo di accettazione di proposte di lavoro retribuite con almeno 858 euro, giudicati “congrui”, anche quando full-time: era quindi indirettamente indicata come equa una retribuzione di circa 5,5 euro all’ora, ben distante quindi dalla soglia dei 9 euro lordi.

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