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Barricate contro l’amnistia, la carta dei popolari contro Puigdemont e Sanchez

Richiamo del Pp alla piazza dopo l’assist di Aznar. Ma mentre Feijoo formalmente può diventare presidente del governo in occasione del voto parlamentare previsto a fine settembre, sostanzialmente i popolari temono che venga sorpassato dagli accordi sull’asse Psoe-Indipendentisti. Diaz contro i sauditi per Telefonica

Una mobilitazione popolare contro l’amnistia per Carles Puigdemont e per contrastare il do ut des con cui l’ex premier spagnolo socialista Pedro Sanchez prova a scalzare Alberto Núñez Feijóo nella corsa al governo. Questa la carta che intendono giocare i popolari spagnoli seduti a un tavolo sempre più complesso, dove si mescolano doppi e tripli giochi da un lato, e fughe in avanti dall’altro, nella consapevolezza che l’Europa alla vigilia di elezioni europee determinanti si interroga su come il caso spagnolo possa avere degli effetti sulle alleanze future.

Qui Madrid

Il Pp ha annunciato che il 23 e 24 settembre si terrà a Madrid un grande evento pubblico in risposta ai patti del governo con il movimento indipendentista. Una data non casuale, perché arriva tre giorni prima del dibattito sull’investitura di Feijóo, previsto per il 26 e 27 settembre, si aggiunge alla manifestazione indetta dalla Società Civile catalana per l’ 8 ottobre. Nelle ore precedenti l’ex premier José María Aznar, in occasione dell’inaugurazione del Campus FAES 2023, aveva invitato alla mobilitazione contro la legge di amnistia per i condannati.

Secondo Cuca Gamarra, segretario generale del Pp, l’obiettivo è che la società possa partecipare al “rifiuto di qualsiasi strumento che, al di fuori della legge, Sánchez potrà promuovere per ottenere una serie di voti in cambio di potere”.

Do ut des

A destare scalpore l’incontro tra il vicepresidente del governo, Yolanda Díaz, con Puigdemont, attualmente latitante, al fine di costruire una strategia che coinvolga il voto degli indipendentisti. Diaz si è distinta nelle ultime ore per una serie di prese di posizione sul salario minimo, consigliando anche la sinistra italiana, ma di fatto nel paese ci si interroga sulla legittimità di uno scambio del genere (amnistia e voto di fiducia a Sanchez).

I primi ad indignarsi per la possibile amnistia concessa a Puidgemont sono i fautori della Società Civile Catalana (SCC) che ha annunciato una manifestazione per l’8 ottobre, con il motto “Non a mio nome”. Si tratta di un’entità civica culturale, trasversale che combatte le politiche discriminatorie del governo nazionalista della Catalogna, e che si batte per la difesa dei diritti, delle libertà e delle pari opportunità che la Costituzione spagnola riconosce a tutti i cittadini.

Qui Pp

La tesi del Pp è che Feijóo potrebbe essere presidente della Spagna se accettasse le condizioni di Puigdemont come fatto da Sanchez, ha spiegato ancora Gamarra, “ma ha dei principi che non infrangerà per brama di potere”. Per questa ragione “è necessario che tutti coloro che non sono d’accordo con l’amnistia, il referendum di autodeterminazione e la rottura dell’uguaglianza tra gli spagnoli scendano in piazza e si mobilitino e manifestino”.

Ma c’è anche un’altra corrente di pensiero tra i popolari, ovvero che Feijóo abbia commesso degli errori non da poco e che, sia in caso di governo Sanchez bis con Puigdemont, sia di seconde elezioni in dicembre, i popolari necessitano di un altro leader. In sostanza, mentre formalmente può diventare presidente del governo in occasione del voto parlamentare previsto a fine settembre, sostanzialmente i popolari temono che venga sorpassato dagli accordi sull’asse Psoe-Indipendentisti.

Tra governo e Sauditi

I socialisti attaccano Feijóo per la manifestazione, accusandolo di mancanza di leadership e definendo “appello alla ribellione nazionale” la piazza del 22 settembre. Ma è la sinistra di Sumar a mostrare un volto più ambizioso in questa fase, dal momento che come ammesso dalla stessa Yolanda Díaz la legislatura “vedrà la luce” con un governo di coalizione progressista “per il bene comune della Spagna”. La leader di Sumar rappresenta al momento il passepartout di Sanchez verso la presidenza del governo ma, al contempo, si scaglia contro la scalata saudita alla compagnia iberica Telefonica.

Il più grande operatore di telecomunicazioni dell’Arabia Saudita, STC Group, punta con una quota del 9,9% a diventare il maggiore azionista di Telefonica, gravata da miliardi di dollari di debiti. Nel paese si teme che l’accordo potrebbe dare all’Arabia Saudita un’influenza eccessiva sulle telecomunicazioni. La stessa Diaz si è espressa in questi termini: “Non c’è paese serio al mondo che permetta che i suoi settori strategici rimangano nelle mani di paesi stranieri. L’ingresso di qualsiasi investitore straniero in questo tipo di società sia condizionato al fatto di non poter far parte del suo Consiglio di amministrazione, né esercitare i propri diritti di voto o assegnarli”.



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