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Spese per la Difesa. Per Stoltenberg bene la crescita, ma l’obiettivo è il 2%

Le spese per la Difesa crescono in tutti i Paesi Nato, un aumento che raggiungerà per il 2023 l’8%. Ma molti Stati sono ancora lontani dalla soglia del 2% del Pil da destinare al budget militare. Un buon trend, ma per il segretario generale della Nato, “ancora non ci siamo”. Un allarme che si riverbera nella polemica italiana sul tema delle spese militari

Crescono le spese per la Difesa in Europa, ma ancora non ci siamo. A lanciare l’allarme è stato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, intervenendo di fronte alla Commissione Affari esteri e alla Sottocommissione Sicurezza e Difesa del Parlamento europeo. “Vorremmo che gli alleati raggiungessero il 2% del Pil di spesa per la difesa” ha detto Stoltenberg, che ha sottolineato invece come il traguardo non sia ancora stato raggiunto. Secondo il segretario generale non mancano i segnali positivi. “Nel 2014 solo tre Paesi raggiungevano il 2%, ora sono undici”. Un trend incoraggiante che spinge a sperare che tra qualche anno tutti gli Stati potranno arrivare all’obiettivo. Secondo i dati ripresi da Stoltenberg, quest’anno gli alleati della Nato dovrebbero arrivare ad avere una crescita complessiva delle spese di oltre l’8% in termini reali. “È il più grosso aumento da decenni e questo vuol dire che si fa sul serio sulla difesa e si vuole investire di più anche sulla produzione di munizioni”. Bene, tuttavia “vorremmo che gli alleati raggiungessero il 2%”, ha ribadito Stoltenberg.

Le polemiche in Italia

Simili preoccupazioni arrivano anche dalla politica nazionale, dove il tema dell’aumento delle spese militari fino all’obiettivo deciso in sede Nato del 2% del Pil da dedicare alla difesa è ritornato al centro del dibattito dopo i dubbi espressi da una parte dell’arco parlamentare, che si è detto scettico dell’opportunità di aumentare le spese da destinare alle esigenze militari. Sul tema era intervenuto Lorenzo Guerini, presidente del Copasir e già ministro della Difesa, dicendosi preoccupato da quello che ha percepito come un potenziale “arretramento” del Partito Democratico sull’impegno italiano verso il 2%. Per il deputato Dem, le necessità di garantire la sicurezza allo spazio euro-atlantico, minacciato direttamente da una guerra ai confini dell’Europa, e l’esigenza di dimostrare la credibilità del Paese nel contesto internazionale, richiedono un gesto di responsabilità da parte di tutte le forze politiche. “Non capisco perché dovremmo retrocedere da questa linea di cui siamo stati protagonisti”, ha afferma l’ex ministro PD, riconoscendo il fatto che il tema delle spese per la difesa è complesso e comprende diverse prospettive, ma è “importante restare fedeli agli impegni presi e continuare a sostenere una crescita graduale delle spese militari in linea con le capacità finanziarie del Paese”.

Mantenere gli impegni presi

Una posizione su cui si è detta d’accordo anche un altro ex ministro della Difesa Dem, Roberta Pinotti, che in una intervista ad Airpress ha ricordato come “fare parte di un’Alleanza contempla la necessità, per reputazione e serietà, di impegnarsi a mantenere gli impegni che insieme sono stati assunti”. In questo senso, secondo Pinotti, il PD, da sempre convinto assertore dell’importanza delle alleanze internazionali “non dovrebbe deflettere da questa linea di serietà e affidabilità internazionale”. Del resto, il PD steso “diede un significativo contributo” per la costruzione di una “visione condivisa in Parlamento” sul 2%. “Venne immaginata una seria road map che portava a un incremento progressivo fino al 2% entro il 2028, tempistica che fu scelta valutando le effettive capacità di spesa e di crescita del nostro Paese”.

Credibilità nazionale

Come registrato del resto anche dal vicepresidente dell’Istituto affari internazionali (Iai), Michele Nones, sempre ad Airpress, “l’Italia ha sottoscritto, insieme agli altri Paesi, al summit Nato in Galles del 2014 di portare le spese militari due punti percentuali di Pil entro dieci anni (quindi entro il 2024)”, un impegno palese e esplicito assunto al massimo livello governativo. “Ne consegue che l’aderenza a questa previsione chiama in causa la credibilità dei singoli sistemi-Paese” ha aggiunto i professor Nones. Le motivazioni contro l’aumento delle spese militari ci sono sempre e in ogni Paese, ha puntualizzato il vice presidente dello Iai, con una ulteriore difficoltà per l’Italia non poter ricorrere al debito pubblico, già troppo elevato. “Per aumentare le spese militari avremmo necessariamente bisogno di distogliere delle risorse da altri settori, ma questa situazione era ben nota a tutti, e non credo che nessuno abbia potuto nutrire dubbi su questa questione”. Per il professore, dunque, “dobbiamo puntare ad arrivare al 2% entro il 2028, e non si può ricominciare a rimettere in discussione questa scadenza”, l’unica “che consenta di dare stabilità all’Italia senza perdere completamente la credibilità rispetto ai nostri partner e alleati”.


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