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Transatlantic Trends 2023. Il Gmf misura la pressione alle Democrazie

Il think tank americano sonda la soddisfazione dei cittadini, fiducia nelle istituzioni transatlantiche, visione sulla Cina e minacce alla sicurezza. Come sono messe le democrazie in questa fase storica di contrasto con i modelli autoritari?

Il German Marshall Fund (Gmf) ha appena pubblicato i dati del sondaggio Transatlantic Trends 2023. L’ampia analisi offerta dal think tank di Washington permette una valutazione completa dell’opinione pubblica su varie questioni globali contemporanee, sulle relazioni transatlantiche, sulle questioni di sicurezza e difesa, sul ruolo della Cina e sulle sfide globali. Risultati che interessano l’Italia, parte del sistema delle Democrazie che si confronta con il modello autoritario offerto da attori come Cina e Russia. 

L’indagine, con sullo sfondo il conflitto in corso in Ucraina e l’evidente cambiamento nel panorama geopolitico globale sempre più orientato verso la multipolarità, comprende dati provenienti da 14 Paesi diversi (Italia compresa) e fa luce sulle tendenze critiche delle relazioni transatlantiche in questa fase storica cruciale.

I risultati sottolineano che entrambe le sponde dell’Atlantico sono molto attente all’emergere di un mondo più competitivo e multipolare. Tuttavia, esistono notevoli variazioni nazionali e generazionali nelle percezioni degli affari internazionali, con un nascente consenso transatlantico che emerge tra i più giovani.

Formiche.net ha ottenuto il report in anteprima e analizzato ciò che ne esce. Di seguito sono sintetizzati i principali temi trattati e i più significativi risultati del sondaggio.

Mutamento dell’ordine globale

Gli intervistati prevedono cambiamenti significativi nell’ordine internazionale nei prossimi cinque anni. Attualmente, gli Stati Uniti sono considerati l’attore più influente negli affari globali da una maggioranza sostanziale su entrambe le sponde dell’Atlantico (64%). Questo dato supera l’influenza attribuita all’Unione Europea (17%), alla Cina (14%) e alla Russia (5%). Tuttavia, solo un modesto 37% di questi stessi intervistati ritiene che gli Usa manterranno questa posizione nei prossimi cinque anni, mentre circa il 30% prevede che la Cina assumerà tale ruolo.

Relazioni transatlantiche

Tra i 14 Paesi sondati, la maggioranza degli intervistati prevede che le relazioni tra Stati Uniti ed Europa rimarranno invariate (55%). La percentuale di coloro che prevedono un’alterazione delle relazioni transatlantiche, sia positiva (22%) che negativa (13%), è invece diminuita dal 2022. Il Canada (71%), la Germania (70%) e la Svezia (69%) sono costantemente considerati partner affidabili dai cittadini stranieri, mentre la Romania (34%) e la Turchia (26%) sono percepiti come i meno affidabili.

Importanza della Nato e dell’Ue

Una netta maggioranza degli intervistati ritiene la Nato importante per la sicurezza nazionale (77%) ed esprime una preferenza per il coinvolgimento degli Stati Uniti nella sicurezza e nella difesa europea (71%). Tuttavia, il sostegno a quest’ultimo aspetto ha registrato un leggero calo negli Stati membri dell’Ue rispetto allo scorso anno. Negli Stati membri, l’Unione europea è considerata cruciale per la sicurezza nazionale (79%) e c’è il desiderio che il blocco assuma un ruolo più significativo nelle questioni di sicurezza e difesa (54%). Inoltre, la percezione dell’Unione europea come partner affidabile è aumentata tra gli intervistati al di fuori dell’Ue rispetto all’anno precedente, salendo di 6 punti percentuali al 61%.

Le principali sfide per la sicurezza

In 11 dei 14 Paesi intervistati, l’immigrazione e il cambiamento climatico sono identificati come le sfide più significative per la sicurezza. Al contrario, la Russia e i conflitti tra Paesi sono le principali preoccupazioni per la sicurezza solo in poche delle nazioni intervistate. Lituania e Polonia considerano Mosca la principale sfida; all’opposto Francia e Turchia sono i Paesi in cui la percentuale più bassa di cittadini ritiene la Russia un problema, rispettivamente solo 7% e 1%.

Sostegno all’Ucraina

Gli intervistati hanno mostrato apertura verso il sostegno all’Ucraina, con una maggioranza che ritiene necessaria l’adesione alla Nato (61%) e all’Ue (63%) per Kyiv. Questo sentimento è sottolineato da un notevole divario partitico, con gli intervistati di orientamento democratico negli Stati Uniti che esprimono un maggiore sostegno a queste politiche rispetto alle loro controparti di orientamento repubblicano. In Europa, le opinioni su questi temi variano, con alcuni Paesi che mostrano più esitazione di altri.

Percezione della Cina

Una parte significativa degli intervistati (57%) vede negativamente l’influenza globale della Cina. Tuttavia, la disponibilità a cooperare con Pechino in varie aree politiche è aumentata e supera le preferenze per un approccio più duro in settori come le nuove tecnologie, il commercio e l’energia. In caso di potenziale invasione di Taiwan da parte della Cina, gli intervistati sono generalmente favorevoli all’azione diplomatica (51%) e alle sanzioni (27%) rispetto all’invio di armi (9%) o truppe (4%). Solo una piccola parte del campione sondato dal Gmf (tra il 10% e il 15%) sarebbe favorevole a vedere il proprio Paese astenuto da qualsiasi risposta.

Visioni sulla democrazia

Per quanto riguarda lo stato della democrazia del proprio Paese, in media il 50% dei 14 Paesi intervistati la percepisce in buone condizioni, mentre il 44% la descrive in cattive condizioni. In particolare, in Turchia, il 37% degli intervistati ritiene che la democrazia sia in pericolo (rispetto al 46% del 2022). Nel frattempo, circa un quarto degli intervistati in Italia (28%), Polonia (27%), Stati Uniti (25%) e Francia (23%) condivide preoccupazioni simili sullo stato della democrazia del proprio Paese.

Divisioni generazionali

In molti Paesi si osserva un netto divario generazionale in diverse domande. I giovani intervistati (età 18-24 anni) tendono ad avere una visione più positiva della Cina rispetto alle fasce di età superiore. Mostrano inoltre un minor livello di entusiasmo per l’influenza globale degli Stati Uniti e sono più inclini a prevedere che l’Ue diventi un attore globale più influente nei prossimi cinque anni.



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