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Famiglia e natalità, le priorità del network “Ditelo sui tetti” per la legge di Bilancio

L’intervento dell’avvocato Domenico Menorello, alla guida del network che riunisce circa cento associazioni di area cattolica, sulle 10 proposte avanzate al governo su quoziente familiare, incentivi fiscali, welfare per la maternità, cuneo fiscale, cure palliative, parità scolastica

Il baricentro dei provvedimenti contenuti nella prossima legge di Bilancio sia tarato sulla persona, dal momento che è considerata un elemento portatore di un valore assoluto in ogni circostanza, senza eccezione alcuna, nonché percepita nell’essenzialità delle sue relazioni. Alla necessità di assumere con consapevolezza tale prospettiva antropologica si riconducono alcuni canoni di indirizzo normativo che, secondo la visione del network Sui Tetti, sono strategici e che abbiamo presentato all’esecutivo in occasione di un lungo incontro alla presenza dei ministri dell’Economia e finanze Giancarlo Giorgetti, col viceministro Maurizio Leo; del Lavoro e politiche sociali Marina Calderone; dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara; della Famiglia Eugenia Roccella; della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo; il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano.

Crediamo che quoziente familiare, incentivi fiscali, welfare per la maternità, cuneo fiscale, cure palliative, parità scolastica siano le priorità strategiche della legge di Bilancio. E ne illustro qui i motivi.

In primis la tax unit familiare: dal 2024 verrà avviata l’attuazione della riforma fiscale. L’art. 2 della legge delega 111/2023 assegna la massima priorità alla rifondazione di un fisco che sappia “stimolare la crescita economica e la natalità attraverso l’aumento dell’efficienza della struttura dei tributi e la riduzione del carico fiscale, soprattutto al fine di sostenere le famiglie”. E l’art. 5 chiede il riordino Irpef tenendo presente la “composizione del nucleo familiare” e i “costi sostenuti per la crescita dei figli”. Pertanto, gli imminenti decreti delegati dovranno interpretare i criteri della delega, guardando finalmente alla famiglia come tax unit a sé stante, dotata di una soggettività giuridica di diritto tributario distinta rispetto a quella di suoi membri, che potrà attuarsi con uno dei modelli noti: il quoziente familiare, il fattore famiglia, lo splitting alla tedesca o una no tax area per figlio.

Come osservato dal viceministro Maurizio Leo al Meeting di Rimini del 22 agosto 2023, l’assunzione del modello c.d. del “quoziente familiare” prevede l’abbandono delle “scale di equivalenza” già note ad altri segmenti dell’ordinamento italiano, in cui il componente della famiglia venga valutato con una ingiusta cifra inferiore (o sensibilmente inferiore) a “1”. Altresì, si dovrà considerare il nascituro come membro della famiglia, subordinando ogni misura alla nascita, ma dovendo ben considerare quanti cambiamenti ogni prossima nascita impone nel nucleo familiare. Questa è “la” strada obbligata per invertire il trend demografico.

In secondo luogo un “lavoro” per la maternità e la natalità: se la tutela fiscale della famiglia è la leva necessaria per credere davvero nella rinascita demografica, va sostenuto l’annunciato sforzo per la riduzione del cuneo fiscale, di cui beneficeranno sensibilmente anche le famiglie. Le proposte introdotte dalla legge delega 111/2023 per una imposizione fiscale di favore per gli straordinari e i premi di produttività, potrebbero essere attuate proprio a partire da canoni agevolati per tali voci per lavoratori con figli a carico o concepiti. Simili incentivi fiscali dovrebbero essere riconosciuti anche fuori delega, a favore di datori di lavoro che attuino, specie a mezzo di reti fra imprese e con il territorio, misure di welfare aziendale o diano attuazione al “Codice di autodisciplina di imprese responsabile in favore della maternità”, promosso da marzo scorso dalla ministra Eugenia Roccella.

In terza istanza, l’implementazione della misura dell’Assegno Unico anche mirata ad incentivare comunità familiari che possano essere incoraggiate a un numero di figli superiore a unità, accanto ad una profonda riforma dell’Isee (che, per il vero, andrebbe tout court abolita) almeno nel senso di ridurre le ingiuste conseguenze dello stesso per molte famiglie, ad esempio eliminando qualsiasi incidenza pregiudizievole della prima casa.

Circa le famiglie numerose “Sui tetti” propone di favorirle come atto di giustizia e un importante cambio di passo culturale, facendo proprio il pacchetto di misure elaborato dall’Associazione Famiglie Numerose.

Il Pnnr per la natalità, inoltre, darebbe un senso di visione e profondità alle misure immaginate nel piano, introducendo la sussidiarietà come leva fondamentale di efficienza e di partecipazione, dinamica troppo trascurata nelle fasi originanti il piano stesso. In tale contesto, è stata proposta anche una azione specifica per un sostanziale sostegno alla natalità, con le Case di comunità elevate a cellula essenziale nel territorio della nuova architettura della sanità italiana, ove troveranno allocazione anche i servizi consultoriali con particolare riferimento alla tutela del bambino, della donna e dei nuclei familiari secondo un approccio di medicina di genere.

Al sesto punto la tutela per i caregiver e per la funzione familiare di cura dei più fragili, riconoscendo la solidarietà naturale esistente e ponendo al centro della disciplina una relazione di prossimità, contro la solitudine. Nello specifico “Sui tetti” propone che gli oneri contributivi e retributivi per spese caregiver e assistenza domiciliare di soggetti in situazioni patologiche invalidanti dovrebbero divenire almeno deducibili dall’imponibile.

Inoltre le cure palliative e un’assistenza h 24 per i più deboli sarebbe vista come un antidoto alla “cultura dello scarto” dopo che in molte regioni sono state depositate proposte di legge regionali per introdurre prestazioni sanitarie che attuino richieste di suicidio assistito. Si tratta di un modo che renderebbe obbligatorio un “facere” dei Servizi Sanitari Regionali, non previsto dalla disciplina nazionale di settore e di esclusivo appannaggio dello Stato, nonché persino escluso dalla stessa sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019.

Sulla scuola l’obiettivo è liberare il diritto all’educazione: dal momento che la libertà di scelta educativa della famiglia è elemento cardine di una società pluralista, occorre attivare interventi di sistema come quelli sulla parità nella carriera scolastica dei docenti, che hanno nettamente invertito la rotta circa l’ingiusta discriminazione che permaneva da molti anni verso un troppo grave precariato degli insegnanti della scuola paritaria (cfr. DL Pa bis). Per superare, ora, la grave discriminazione economica si dovrebbe riconoscere alle famiglie che scelgono per i figli scuole pubbliche non statali un credito/contributo di istruzione per ciascun figlio (“dote scuola”), da riversare alle scuole prescelte, pari ad almeno il 70% di quanto lo Stato stesso spende per ciascun studente italiano, in base al costo standard di sostenibilità.

Il fisco per il no profit, inoltre, è segnale verso la valorizzazione della capacità delle persone di condividere creatività e solidarietà, di cui tutto l’ambito del Terzo Settore è esempio spesso mirabile. La proposta è di escludere la disciplina IVA per gli enti del Terzo Settore, eliminare le incombenze da sostituti di imposta per compensi sotto una ragionevole soglia e di ridurre le incombenze fiscali per soggetti del terzo settore all’inizio della propria esperienza, sul modello delle start up.

Infine la cooperazione, intesa come orizzonte del futuro. Proponiamo di aumentare la percentuale di aiuto pubblico allo sviluppo almeno allo 0,35% del PIL, dimostrando così un impegno concreto verso gli obiettivi internazionali e affermando il nostro ruolo – anche in riferimento al lungimirante “Piano Mattei” cui ha messo mano il Governo- a livello europeo e internazionale; sostenere maggiormente le organizzazioni che operano in favore di comunità locali e rurali, attraverso il finanziamento di microprogetti (anche valorizzando le “reti”), che sono più capaci di consolidamento nel tessuto sociale delle terre in cui operano, ma che spesso di fatto trascurati dagli attuali meccanismi di finanziamento.

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