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Indo Mediterraneo, la chiave italiana è Trieste. Ecco il Piano mare di Meloni

La linea ideale che si apre tra Atlantico e Indo Pacifico è la traccia che il governo segue con attenzione per le sue politiche, in particolar modo per quelle legate all’infrastrutturazione e alle alleanze geopolitiche, così come dimostrato in occasione dell’ultimo G20 dove la comunanza di visioni tra Europa e India rappresenta un elemento decisivo per gli anni futuri

Un hub geo-infrastrutturale sistemico, capace di interconnettersi all’Europa del centro con le ferrovie e, di fatto, prezioso vettore italiano per le nuove traiettorie mondiali legate all’area indopacifica. Il porto di Trieste ha tutte le carte in regola per diventare il punto di arrivo europeo della cosiddetta “Via del Cotone” e la capacità del governo di farne centro nevralgico del nuovo Piano Mare è la dimostrazione plastica di un impegno preciso anche dinanzi agli alleati. Il tema è quantomai attuale e sta assumendo una dimensione sempre più globale, non solo dopo gli impegni assunti in seno al G20, dal momento che le riflessioni e le conseguenti progettazioni vanno avanti ormai da mesi e si intrecciano con il disimpegno italiano dalla Via della Seta.

Qui Trieste

Punto di partenza il Piano Mare, presentato dal ministro per le Politiche del mare, Nello Musumeci, in occasione del Forum risorsa Mare 2023, nato da una considerazione oggettiva: l’economia del mare è composta da 10 economie che spaziano dalla nautica alla croceristica, dalla cantieristica al turismo, dallo sport alla biologia marina, passando per il subacqueo. Si tratta di “un mondo ancora da scoprire, per l’80% ancora ignoto, e che può rappresentare un motore di crescita sopratutto per le terre rare, che consentono i processi di sviluppo in alcuni settori del mare”. Il mare al centro dell’interesse strategico dell’Italia che, secondo Musumeci, non solo può godere dell’approccio geo-economico, ma anche di un approccio geopolitico. La linea del governo è che “la territorializzazione del mare e le ambizioni di alcune potenze che si affacciano sul nostro Mediterraneo inducono l’Italia ad assumere una posizione non da spettatore, ma da protagonista. Naturalmente in un contesto di assoluta armonia e di reciproca responsabilità e dignità”.

Dall’Indo Pacifico al Mediterraneo

La linea ideale che si apre tra Atlantico e Indopacifico è la traccia che il governo segue con attenzione per le sue politiche, in particolar modo per quelle legate all’infrastrutturazione e alle alleanze geopolitiche, così come dimostrato in occasione dell’ultimo G20 dove la comunanza di visioni tra Europa e India rappresenta un elemento decisivo per gli anni futuri. Certamente vi è una concorrenza che cresce tra i Paesi nordafricani, e secondo Musumeci c’è la grande incognita del Mar Nero, accanto all’ambizione della Turchia, ma il Mediterraneo ha ora la possibilità concreta di “aprirsi al confronto tra Indo-pacifico da una parte e Atlantico dall’altra”. In particolare l’Italia in quanto partner Nato, “non può essere estranea a una logica politica che deve lavorare per il mantenimento della pace”.

Ma il ragionamento dell’esecutivo si spinge anche oltre la solida alleanza euro-indiana e tocca il tasto del post guerra in Ucraina, quando si aprirà la stagione della ricostruzione (non solo fisica dell’Ucraina, ma anche delle reti commerciali e trasportistiche connesse) con l’Italia che potrà essere protagonista primario in virtù del suo ruolo di molo naturale posizionato nel mezzo del Mediterraneo, lì dove altri big players come la Cina hanno da tempo investito risorse ed influenze. Tra tutti spicca il ruolo commerciale e politico del porto del Pireo, di proprietà di Cosco Cina.

Interrogato sul passo indietro con la Cina, Musumeci ha ricordato che l’Italia intende continuare a mantenere ottimi rapporti con Pechino, ma la Via della Seta non l’ha voluta questo governo, “quindi bisogna chiederlo a chi l’ha sottoscritta, forse sotto la spinta emotiva della piazza e con troppa fretta, perché non mancano le implicazioni di carattere geopolitico”.

Gas

Anche il gas presenta una connessione interessante con questo ragionamento, dal momento che come spiegato dal ministro dell’energia, Gilberto Pichetto Fratin, fino a tre anni fa il gas arrivava in centro Europa e poi scendeva verso l’Italia, “da questo momento l’Italia può diventare il veicolo e l’area di transizione di passaggio del gas dal sud, noi siamo l’unico Paese d’Europa che ha tre grandi metanodotti marini: quello che arriva dalla Libia, quello che arriva dall’Algeria quello che arriva dal dall’Azerbaijan”. L’obiettivo futuro è valutare anche altri metanodotti “così da diventare automaticamente una grande piattaforma per il transito di questo gas e per fornire i paesi del nord Europa”.

Nel Piano Mare è previsto anche il tema delle risorse minerarie sottomarine: “In questo momento c’è una discussione aperta a livello internazionale proprio per determinarne le modalità, le attenzioni e il metodo di intervento. Il fondo marino è in gran parte inesplorato, quindi è uno spazio di futuro importante, ma anche molto ignoto ancora”.


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