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Tajani a Pechino, così l’Italia recederà “tacitamente” dalla Via della Seta. Il corsivo di Cangini

Inizierà con la visita del ministro degli Esteri l’uscita dell’Italia dal memorandum d’intesa. Ma in un mondo globalizzato e alla ricerca di un nuovo ordine la Cina è un interlocutore imprescindibile, per quanto poco possa piacere

Comincerà ufficialmente domani, con la missione del vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani a Pechino, il processo di rapida uscita dell’Italia dal memorandum d’intesa sulla Via della Seta sconsideratamente sottoscritto dal primo governo Conte. Non ci saranno traumi, Tajani al suo omologo Wang Yi prospetterà la strada di un tacito recesso conseguente all’eliminazione della clausola di denuncia espressa alla scadenza prevista nel marzo del 2024.

Le note diplomatiche sono già scritte, il percorso attende solo di essere avviato ed è probabile che quando, a metà novembre, Giorgia Meloni dovrebbe incontrare a Pechino il presidente cinese Xi Jinping il Parlamento italiano avrà già approvato una mozione di implicito recesso. Non sarebbe necessario, ma a oggi è questa la strategia scelta dal presidente del Consiglio italiano per, nella sua logica, rendere meno traumatico e più impersonale lo strappo.

Meloni ha deciso di giungere alla disdetta degli accordi con la Cina dopo aver consolidato il rapporto del proprio governo con gli Stati Uniti, oltre che con l’Unione europea. L’obiettivo, infatti, è duplice: assecondare Washington, ponendo fine alla stravaganza che faceva di noi l’unico Paese del G7 ad aver sottoscritto il famigerato memorandum, ma al tempo stesso rafforzare il rapporti economici, commerciali e diplomatici con Pechino. Tajani, infatti, incontrerà anche il ministro del Commercio, Wang Wentao, con l’obiettivo di riequilibrare la bilancia commerciale incrementando le opportunità di accesso al mercato cinese per le imprese italiane. Per capirci, nel 2022 l’export italiano verso la Cina è stato pari a 16,4 miliardi di euro, contro i 27 miliardi della Francia e i 107 della Germania. Paesi che mai si sono sognati di firmare il memorandum d’intesa sulla Via della Seta.

Per quanto poco possa piacere a Washington e a ciascuno di noi, in un mondo globalizzato e alla ricerca di un nuovo ordine la Cina è un interlocutore imprescindibile. E non si tratta solo di affari. Dal Niger al Sahel, dai Balcani all’Ucraina passando per la Russia, Pechino esercita ormai un’influenza geopolitica con cui le democrazie occidentali sono costrette a fare i conti. A oggi, Francia e Germania li hanno fatti meglio di noi. La missione di Tajani punta a pareggiarli.


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