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Attenzione alla polveriera Balcani, l’Ue si faccia sentire. L’allarme di Mauro

“Preoccupanti le parole di Vucic. È sempre più frequente e innescata dalla logica economica propugnata, l’idea che si possa arrivare a una soluzione delle controversie attraverso il conflitto. Serve (anche alla causa israelo-palestinese) uno scatto Ue”. Conversazione con l’ex ministro della Difesa

Potrebbero essere i Balcani il nuovo conflitto pronto ad esplodere dopo l’Ucraina, il Sahel, il Nagorno Karabakh e Israele, ammette a Formiche.net l’ex ministro della Difesa Mario Mauro secondo cui tali conflitti potrebbero rendere ingovernabile per l’Unione europea lo scacchiere euromediterraneo. E lancia un auspicio: “Riproporre il progetto europeo, il solo che nella storia è stato capace di mettere insieme non solo i vincitori ma anche i vinti, per offrirsi come piattaforma ideale per negoziati a tutto campo. Direi che da questo punto di vista il modello europeo potrebbe fare molto, anche per le disastrose condizioni in cui versa la causa israelo-palestinese”.

Quale potrebbe essere, secondo la sua opinione, il prossimo conflitto pronto a esplodere?

In primis quello che mi colpisce è che, sempre più frequentemente e chiaramente innescata dalla logica economica propugnata, l’idea che si possa arrivare ad una soluzione delle controversie attraverso il conflitto. La vicenda Ucraina ha riproposto il dramma della storia con anche il convincimento che le migliori ragioni nella geopolitica giocano un ruolo. Le relazioni sono sempre essenzialmente da intendere come rapporto di forza e non come una comunicazione che si promana dal riconoscimento di basi elementari rispetto alla persona umana, intesi come competizione bellica o come strategia di guerra asimmetrica, attraverso cui ingaggiare situazioni di matrice comune.

Con quali rischi e con quali sottovalutazioni?

Un ruolo profetico lo ha avuto, con una serie di interventi, il Capo dello Stato che nell’arco degli ultimi mesi ha richiamato sui rischi di un conflitto che può avere conseguenze letali per la convivenza civile: purtroppo stiamo andando in quella direzione. Tali conflitti potrebbero rendere ingovernabile per l’Unione europea lo scacchiere euromediterraneo.

Questo modus delle operazioni speciali potrebbe contagiare qualche altro Paese, come la Serbia, vista la problematica che persiste con il Kosovo?

Assolutamente sì e credo che dovremmo essere molto netti: ho ascoltato con preoccupazione anche le recenti parole dal presidente Vucic e credo che l’intransigenza presente da entrambe le parti possa essere un pessimo viatico per lo sviluppo dell’area. L’Ue ha sempre pensato al coinvolgimento di Paesi in via di sviluppo attraverso la strategia del partenariato speciale e addirittura dell’associazione e, quindi, dell’adesione all’Unione come strumento per decongestionare i conflitti e per riproporre gli ideali della convivenza europea. Ora è chiaro che, nel momento in cui l’Unione si è fatta portatrice di una promessa importante nei confronti di Ucraina e Moldavia e ha riecheggiato la possibilità di un percorso che vada oltre l’associazione anche per la stessa Georgia, la pressione che si esercita sull’Unione europea e il metodo con cui tornare a conseguire una primazia nello scenario balcanico, metteranno gli Stati membri di fronte a scelte non facili.

Quai gli errori che l’Ue non dovrà commettere?

Direi che, molto probabilmente, la prima cosa che dovrebbe avere l’Unione europea è la figura di un alto rappresentante per la politica estera europea più consono al ruolo che intende interpretare. Occorre un alto rappresentante che vada oltre i vernissage.

Il fatto che ci sia una concomitanza di appuntamenti elettorali, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, è un freno alle politiche atlantiche e un vantaggio per chi investe sulla destabilizzazione?

Dovremmo, forse, più semplicemente dividere i Paesi nello scacchiere globale tra chi è uscito rafforzato dalle urne, come Erdogan in Turchia e chi deve ancora celebrarle. Evidentemente Erdogan ha il controllo totale di una macchina, quella turca, che rimane complicata da gestire ma che può contare su relazioni più avanzate rispetto all’Unione europea che presenta difficoltà strutturali dal punto di vista della gestione del processo decisionale. Sarebbe molto importante che l’Unione europea contrastasse questa visione che vede Bruxelles come un luogo dei perditempo per lanciare invece una sfida di portata globale.

Ovvero?

Riproporre il progetto europeo, il solo che nella storia è stato capace di mettere insieme non solo i vincitori ma anche i vinti, per offrirsi come piattaforma ideale per negoziati a tutto campo. Direi che da questo punto di vista il modello europeo potrebbe fare molto, anche per le disastrose condizioni in cui versa la causa israelo palestinese.



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