Il viaggio di Biden in Israele è stato offuscato dalla tragedia all’ospedale al Ahli, che ha innescato proteste pregiudiziali contro Israele e impedito parte degli incontri del presidente americano
Doveva essere la giornata della diplomazia, con l’arrivo in Israele e Giordania del presidente statunitense Joe Biden. E invece, l’esplosione all’ospedale Al Ahli Arab di Gaza ha alterato i piani.
Innanzitutto, ha scatenato l’indignazione delle collettività arabe e islamiche contro Israele, con proteste esplose in Cisgiordania, Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran e Turchia. Manifestazioni anti-israeliane accese su un pregiudizio di base, ancora prima un’analisi dei fatti, perché quel pregiudizio ancora cova tra i cittadini di quei Paesi. Ancora più adesso che lo stato ebraico cerca vendetta per l’attacco mastodontico subito da Hamas e sta colpendo la Striscia di Gaza (non senza vittime civili).
“Sono indignato e profondamente rattristato”, ha commentato Biden in uno statement diffuso appena dopo i fatti, mentre si stava imbarcando sull’Air Force One verso il Medio Oriente. La tempistica tradisce l’imbarazzo: Biden ha telefonato immediatamente al re giordano Abdallah II e all’israeliano Benjamin Netanyahu annunciando di aver incaricato il Consiglio sicurezza nazionale di continuare a raccogliere informazioni su ciò che è accaduto.
Israele ha fatto sapere di aver condiviso informazioni con gli americani che dimostrano come non sia stato un attacco aereo (israeliano) ad aver causato dozzine di morti civili, bensì una responsabilità palestinese; probabilmente l’esplosione sopra all’edificio di un razzo sparato dal Jihad palestinese, un gruppo radicale che combatte Israele in modo vicini ma spesso indipendente da Hamas — alcuni osservatori Osint confermano già questa ricostruzione, ma non ci sarebbe da stupirsi per altro.
Il risultato, oltre alle vittime civili (in molti si erano rifugiati nell’ospedale, molti erano stati feriti durante le operazioni militari di questi giorni), è che l’incontro tra Biden e i leader di Giordania, Egitto e Autorità palestinese programmato per questa sera ad Amman è saltato. Il vertice a quattro doveva servire per avviare un dialogo laterale e costruire parte dei presupposti per scongiurare un’escalation regionale se Israele invaderà la Striscia.
Tuttavia, la diplomazia continua a lavorare freneticamente, perché l’operazione di terra israeliana potrebbe provocare il coinvolgimento degli attori che odiano lo stato ebraico — come la milizia sciita Hezbollah — i quali potrebbero approfittare per assestare un colpo ancora più profondo al nemico.
Non è chiaro quando scatterà l’assalto, e se scatterà. Da Israele arrivano informazioni sulla possibilità di un’operazione differente, “questa sarà una guerra di tipo diverso perché Hamas è un tipo di nemico diverso”, ha detto Netanyahu a Biden prima di ospitarlo alla riunione del “gabinetto di guerra”.
Il premier israeliano certamente indicava la crescita della minaccia e della violenza da parte di Hamas, che ha sterminato centinaia di israeliani appena due settime fa, ma lascia spazio per interpretazioni. Israele sta progettando qualcosa di simile a una campagna di eliminazione in stile “Operazione Ira di Dio”, ma on steroids?
Ieri, il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan parlando da Beirut, ha descritto la crisi con una dicotomia: potrebbe esplodere in una guerra regionale, ma anche produrre una pace storica. La Turchia — la cui diplomazia in questi giorni è passata da Egitto, Arabia Saudita e Libano, e il presidente Recep Tayyp Erdogan ha avuto un contatto telefonico con l’omologo iraniano Ebrhaim Raisi — parteciperà alla conferenza di sabato al Cairo, alla quale saranno probabilmente presenti giordani, palestinesi, qatarini e kuwaitiani (forse sauditi ed emiratini, probabile il presidente del Consiglio europeo Charles Michel).
Obiettivo dichiarato: unire gli sforzi per la liberazione degli ostaggi, circa 200, che Hamas ha catturato durante l’attacco del 7 ottobre. Trovare il modo di liberare almeno donne e minorenni sarebbe già un passo in avanti per evitare un’invasione? C’è anche il rischio che l’uso dei civili in video e immagini propagandistiche non solo aumenti il risentimento, ma faciliti il proselitismo e l’’emulazione anche tra chi non è direttamente coinvolto con la causa palestinese, ma è un fanatico auto-radicalizzato.
L’Egitto intende essere della partita, sia perché condivide una presenza storica nella questione palestinese, sia perché ha al suo interno criticità legate al terrorismo, sia perché (condividendo il confine con la Striscia) sa che qualsiasi genere di passaggio (profughi o aiuti umanitari) deve viaggiare lungo il punto di contatto di Rafah — visto che gli altri lati sono assediati dagli israeliani.
Netanyahu ha detto che “alla luce delle richieste del presidente Biden, Israele non ostacolerà l’ingresso [nella Striscia di Gaza] di forniture umanitarie dall’Egitto finché si tratta solo di cibo, acqua e medicine per i civili che si trovano nel sud della Striscia di Gaza o che si stanno spostando lì, e a patto che questi non raggiungano Hamas”.
Prima di partire alla fine degli incontri pianificati durante la sua visita in Israele, Biden ha tenuto una breve conferenza stampa in cui ha riaffermato il suo sostegno a Israele. Ha anche paragonato gli attacchi di Hamas a quelli accaduti negli Stati Uniti l’11 settembre 2001. Inoltre, ha annunciato l’intenzione di chiedere al Congresso statunitense di approvare un nuovo pacchetto di aiuti economici “senza precedenti” per la difesa di Israele, senza specificarne l’importo (verosimilmente l’approvazione non sarà immediata, visto che la Camera non sta decidendo sul nuovo Speaker).
Biden ha anche dichiarato che gli Stati Uniti forniranno 100 milioni di dollari in aiuti umanitari alla popolazione palestinese sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania. Il dipartimento del Tesoro ha dichiarato di aver imposto sanzioni su diverse persone che operavano segretamente per conto di Hamas, investendo centinaia di milioni di dollari attraverso società fittizie in Turchia, Algeria, Sudan, Emirati Arabi Uniti e altri Paesi. I proventi di tali investimenti sarebbero stati utilizzati per finanziare le attività di Hamas. Inoltre, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni su due leader di Hamas e su un centro di cambio valuta virtuale con sede a Gaza. Washington sta guidando la partita per bloccare il finanziamento di Hamas, che sta toccando anche altri Paesi, tra cui l’Italia.