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Come cambia la guerra del ventunesimo secolo secondo il Cepa

Il conflitto ucraino rappresenta una preziosa finestra per dare uno sguardo al futuro dei conflitti. E in questo futuro, dominano droni e sistemi autonomi. Ecco come la Nato deve prepararsi

Il conflitto in Ucraina ha svolto un ruolo da acceleratore nel processo di sviluppo di nuove tecnologie e nuove metodologie per la conduzione della guerra. A essere protagonista dell’attuale processo di innovazione nel warfare sono senza dubbio gli uncrewed system, sempre più diffusi nei domini di terra, mare e aria. E le attenzioni della comunità strategica si concentrano soprattutto sulle potenzialità di autonomia di tali sistemi. L’implementazione della tecnologia dell’Intelligenza artificiale in queste armi rappresenterebbe una svolta altrettanto epocale di questo lo sia stata l’introduzione di elementi bellici pilotati da remoto: l’applicazione dell’autonomia (comunicare, reindirizzare e prendere decisioni in base ai dati raccolti sull’ambiente circostante, eliminando la necessità di un continuo intervento umano) a una rete di droni rappresenta il passo fondamentale per realizzare il fenomeno noto come drone swarming, in cui una rete di droni esegue le missioni come un’unica entità concentrata.

Il tema viene affrontato dal Center for European Policy Analysis in un report, dove vengono evidenziate alcune questioni centrali al riguardo. L’impiego massiccio di questi sistemi da parte di ambo le fazioni all’interno del teatro ucraino ha portato a svelare sfide e opportunità per contrastare e utilizzare efficacemente i sistemi senza equipaggio autonomi o meno. Grazie alle nuove reti di comunicazione satellitare, i droni possono diventare nodi intelligenti di un articolato sistema autonomo in grado di risolvere collettivamente e in modo collaborativo compiti come la ricognizione in tempo reale di un’intera sezione del fronte, anche se le singole unità si guastano o sono disabilitate.

La Nato si sta muovendo in questa direzione, portando avanti sforzi sia a livello di organizzazione che attraverso i singoli Stati membri. Il “2022 Autonomy Implementation Plan” e la “2021 AI Strategy” rappresentano la spina dorsale del coordinamento di questi sforzi, atti sia ad acquisire nuove tecnologie che a proteggere quelle già disponibili da competitor e avversari. Ma la coesione di oggi non è sufficiente: è necessario un riallineamento più celere da parte di tutti gli Stati membri per affrontare al meglio le sfide in questione.

In particolare, il report del Cepa individua alcune questioni su cui l’Alleanza atlantica deve concentrare la propria attenzione all’interno del macro-tema: il bilanciamento tra sofisticazione tecnica e la facilità d’uso e di implementazione; la cooperazione tra dimensione commerciale e dimensione militare, che si sostanzia al meglio nelle tecnologie dual-use; l’incorporazione dei sistemi autonomi all’interno dei piani di difesa integrata dell’Alleanza; lo sfruttamento multi-dominio dei sistemi autonomi e uncrewed; l’accellerazione dei progressi d’acquisizione degli asset a livello nazionale.

Per approcciare al meglio tali questioni, gli analisti del think thank americano presentano alcune raccomandazioni a chiusura del documento. La prima riguarda la superiorità di dominio, fondamentale con l’accentuarsi della minaccia militare russa e di quella cinese. Attualmente, con la piena autonomia, pochi soldati potrebbero lanciare decine o centinaia di droni aerei in breve tempo, saturando le difese aeree. La Nato deve quindi sviluppare un nuovo modello di superiorità aerea in cui i mezzi tradizionali anti-aerea siano integrati da nuovi sistemi anti-drone potenzialmente autonomi. Considerazioni simili devono essere fatte per affrontare la minaccia di sistemi massicci senza equipaggio anche nel dominio terrestre e in quello marittimo.

La seconda concerne l’uniformità dei software negli strumenti di cui dispone l’apparato militare dell’Alleanza. La capacità di formare e dispiegare formazioni in rete di sistemi autonomi dipende infatti dall’utilizzo di sistemi operativi compatibili, in modo che la stessa applicazione di coordinamento possa essere distribuita su tutti i sistemi contemporaneamente. Mentre le caratteristiche dell’hardware rimangono fondamentali e aiutano a differenziare i fornitori, l’esecuzione di software proprietario e personalizzato compromette le capacità di rete.

Infine, l’ultima raccomandazione presentata dal Cepa riguarda l’adattamento del processo di acquisizione da parte dei governi. Nel caso dei sistemi autonomi, questo approccio è infatti orientato al software, il che significa che il sistema operativo e il software sono più importanti del sistema del drone su cui vengono eseguiti. Il software è fondamentale non solo per le prestazioni dei singoli sistemi, determinando la loro capacità di rilevare le minacce e prendere decisioni, ma anche per la loro capacità di integrarsi in una rete più ampia di sistemi attraverso il coordinamento e lo scambio di dati. I sistemi autonomi richiederanno aggiornamenti continui dei loro sistemi operativi, dei modelli di intelligenza artificiale e dei protocolli di dati per garantire la sicurezza, la capacità e l’interoperabilità, con un impegno costante dei fornitori. In futuro, l’acquisto di sistemi autonomi sarà più simile a quello di attrezzature informatiche che a quello di beni di difesa tradizionali. Il processo di approvvigionamento per gli alleati deve riflettere questa evoluzione nell’uso e nell’implementazione della tecnologia.



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