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Nella sfida dell’IA, gli Usa sono in vantaggio, ma solo per ora. Il punto di Flournoy

Per l’esperta l’apparato statunitense non è nelle condizioni giuste per gestire al meglio la sfida dell’Intelligenza Artificiale. Tanto il Dipartimento della Difesa quanto gli organi politici devono infatti entrare in un nuovo ordine di idee per vincere questa sfida, sia contro gli avversari che contro sé stessi

Nella corsa per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, gli Stati Uniti sono ancora in vantaggio. Tuttavia, il governo non riesce a portare avanti il processo di adozione con dei giusti ritmi e sulla giusta scala. Ed è necessario che agisca al più presto per superare questi ostacoli, assumendo un ruolo chiave nell’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nella società contemporanea, statunitense e non. Specialmente nell’ambito militare. A evidenziare questa realtà dei fatti è Michèle Flournoy: cofondatrice e socia amministratrice di WestExec Advisors, presidente del Center for a New American Security (che lei ha contribuito a fondare nel 2007), Flournoy è stata vice segretaria alla Difesa per la strategia durante l’amministrazione Clinton e sottosegretaria alla Difesa con delega alle politiche in quella Obama. In un articolo pubblicato su Foreign Affairs, l’esperta di sicurezza individua le criticità di un settore di primaria importanza per il futuro dell’umanità. Criticità che l’apparato amministrativo statunitense deve curarsi di gestire con estrema urgenza, dentro e fuori la dimensione militare.

L’apparato della Difesa di Washington già sfrutta le potenzialità offerte dall’IA per ottimizzare la logistica e i processi decisionali legati al mantenimento della capacità operativa delle forze armate statunitensi. E anche nel settore dell’intelligence, l’Intelligenza Artificiale viene impiegata con successo, tracciando pattern comportamentali che facilitino processi di predizione (come avvenuto effettivamente nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022) o seguendo lo spostamento di asset strategici. E già si pensa a come impiegare questo prezioso strumento per decifrare il comportamento strategico di Pechino, così da fornire informazioni fondamentali ad analisti e policy-makers. Ma anche sul piano operativo i possibili impieghi dell’IA sono molteplici, dalla conduzione di operazioni cibernetico-elettroniche al controllo simultaneo di molteplici sistemi uncrewed, fino al miglioramento della situational awareness.

Vantaggi simili rendono l’IA una tecnologia di estremo interesse per una molteplicità di attori. In primis per la Repubblica Popolare, che in virtù del suo sistema autoritario “può dettare le priorità economiche del proprio paese e stanziare le risorse che ritiene necessarie per raggiungere gli obiettivi di AI”, in contrapposizione “con l’economia di mercato e il sistema politico più aperto” degli Usa che fornisce più spazio all’innovazione e agli innovatori, e al vivace ecosistema di venture capital e private equity che attira incomparabili investimenti nazionali ed internazionali. Pochi mesi fa, l’impatto dell’Intelligenza Artificiale su un eventuale conflitto tra Usa e Cina è stato oggetto di un report del Center for a New American Security, che ha fotografato i vantaggi di cui i sistemi democratici godono rispetto ai regimi autocratici. “Anche tra coloro che lamentano il rapido progresso dell’intelligenza artificiale cinese, pochi, se non nessuno, scambierebbero la mano degli Stati Uniti con quella della Cina. Ma quasi tutti concordano sul fatto che gli Stati Uniti devono giocare meglio la loro mano per vincere” rimarca Flournoy.

E le opzioni per fare ciò, ed accelerare l’adozione delle tecnologie AI-based, sono differenti. Ad esempio costruendo sistemi di infrastrutture digitali comuni che condividano gli stessi standard, così da garantire l’interoperabilità e fornire agli sviluppatori i dati, gli algoritmi, gli strumenti e la potenza di calcolo – o la potenza di calcolo ad alta velocità – di cui hanno bisogno per creare, testare, validare e utilizzare nuovi strumenti di IA.  Per utilizzare correttamente questi strumenti serve però personale adeguato, di cui al momento il Dipartimento della Difesa non dispone. Poche persone all’interno del personale ne capiscono abbastanza di IA per governarne correttamente l’uso, per testare e valutare gli strumenti di IA per assicurarsi che soddisfino gli standard o per valutare quali modelli soddisfino meglio le esigenze delle forze armate o del Dipartimento.

E come dotarsi rapidamente dle personale con le capacità richieste? Flournoy suggerisce di stabilire un digital corps (ispirato al medical corps) per organizzare, formare ed equipaggiare il personale. E ancora, tutte le accademie militari esistenti dovrebbero iniziare a insegnare rudimenti sull’IA, mentre il Pentagono dovrebbe istituire un’accademia per i servizi digitali degli Stati Uniti che istruisca e formi gli aspiranti tecnici civili, offrendo loro un’istruzione universitaria gratuita in cambio dell’impegno a servire il governo per almeno cinque anni dopo la laurea. Infine, il Dipartimento della Difesa dovrebbe creare un corpo di riserva digitale in cui i lavoratori tecnologici di tutti gli Stati Uniti potrebbero offrirsi come volontari, a tempo parziale, per servire il proprio Paese. Ma l’attrattività del settore privato rispetto a quella del Pentagono sarà sempre superiore. Per questo il Dipartimento della Difesa deve rafforzare le possibilità di cooperazione tra industria privata e il sistema della Difesa, adottando un approccio diverso e molto più risk-taker di quelli seguiti nel processo di acquisizione di equipaggiamento militare “standard”, addirittura assumendo appositamente esperti di acquisizioni. Mentre il Congresso deve farsi carico di rendere più flessibile il sistema di funding dell’apparato militare per quello che concerni progetti legati all’Intelligenza Artificiale, rendendolo più agile e più reattivo; e deve anche agire sull’aspetto dell’immigrazione, continuando ad attirare brillanti menti estere e permettendo loro di studiare e vivere in territorio statunitense.

Ma il processo d’adozione dell’Intelligenza Artificiale, per quanto veloce, dev’essere accompagnato da uno sforzo di limitazione e prevenzione dei rischi ad essa connessi. Flournoy è molto chiara su questo: un uso improprio delle tecnologie IA potrebbe avere conseguenze impreviste e deleterie, in grado di mettere a rischio sia la vita della popolazione civile che la sicurezza nazionale del paese. Oltre a guidare uno sviluppo dell’IA a livello interno, Washington deve anche interfacciarsi con avversari e competitor presenti sulla scena internazionale, mantenendo una comunicazione costante atta a prevenire il verificarsi di incidenti di qualsivoglia sorta, esattamente come nel caso degli armamenti nucleari. Non a caso, proprio rifacendosi al nucleare anche Henry Kissinger ha aperto il suo articolo, scritto a quattro mani con Graham Allison, sul controllo degli armamenti AI-based, pubblicata sulla stessa rivista poche settimane prima dell’intervento di Flournoy.

“La forza armata che per prima riuscirà a organizzare, incorporare e istituzionalizzare l’uso dei dati e dell’IA nelle proprie operazioni nei prossimi anni, otterrà progressi esponenziali, con notevoli vantaggi rispetto ai propri avversari. […] Gli Stati Uniti non possono permettersi di rimanere indietro. Ma allo stesso tempo, l’apparato di sicurezza nazionale non può permettersi di essere imprudente” Così Flournoy chiude il suo monito, auspicando una capacità di regolamentazione ad-hoc per l’Intelligenza Artificiale, non così stringente da sopprimere il naturale impulso allo sviluppo né così libera da portare al verificarsi di eventi disastrosi.

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