Il suolo e la sua corretta gestione costituiscono la base dell’economia, della società e dell’ambiente. Peccato che la sua occupazione, secondo l’ultimo rapporto dell’Ispra, prosegua senza sosta. Tanto che oggi il degrado della superficie terrestre costa all’Europa oltre 50 miliardi di euro l’anno. Ecco perché le azioni relative alla tutela del suolo e del territorio sono prioritarie a livello globale
“Terreni e suoli sono risorse fragili e militate, soggette alla pressione di una sempre crescente ricerca di spazio: l’espansione urbana e l’impermeabilizzazione del suolo consumano la natura e trasformano preziosi ecosistemi in deserti di cemento”. Così la Commissione Europea nel 2021 quando è stata adottata la Strategia del suolo per il 2030, parte integrante del Geen deal europeo. Il consumo di suolo è un fenomeno legato alla crescita degli insediamenti e delle infrastrutture, alla costruzione di nuovi edifici e fabbricati, all’espansione delle città, alla desertificazione e alla conversione dei terreni.
Quando parliamo di suolo, parliamo dello “strato superiore della crosta terrestre, costituito da componenti minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi e rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua, ospitando gran parte della biosfera. Ed è una risorsa naturale vitale, limitata, non rinnovabile e insostituibile”. Costituisce la base dell’economia, della società e dell’ambiente, in quanto produce alimenti, accresce la resilienza ai cambiamenti climatici e agli eventi estremi, come le inondazioni e la siccità, e favorisce il nostro benessere. Il degrado del suolo, secondo stime del Parlamento europeo, costa alla comunità oltre 50 miliardi di euro l’anno.
Le azioni relative alla tutela del suolo e del territorio sono prioritarie a livello globale. Le troviamo nella Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, su quella contro la desertificazione, nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, Obiettivo 15: “preservare foreste, suolo e biodiversità”. Anche la già citata strategia europea definisce misure per proteggere e ripristinare i suoli e garantire che siano utilizzati in modo sostenibile. L’obiettivo principale è far si che entro il 2050 tutti gli Stati membri evitino di consumare suolo (zero net land take) e facciano in modo di avere i propri suoli “sani” attraverso azioni concrete.
Partendo dalla constatazione che il 70% dei suoli europei sono degradati, con rischi per la salute umana e dell’ambiente, il 5 luglio scorso la Commissione europea ha pubblicato una proposta di direttiva per il monitoraggio e la resilienza del suolo (Soil monitoring low) con l’obiettivo di avere suoli in salute in tutto i territori dell’Unione entro il 2050. La proposta non proibisce il consumo di suolo, ma definisce “principi di mitigazione per rispettare gli impegni internazionali relativi all’azzeramento del consumo di suolo e alla neutralità al degrado del suolo e del territorio”.
La speranza è che si arrivi alla sua approvazione entro la scadenza della legislatura europea il prossimo anno. Anche in Italia il consumo di suolo continua a trasformare il territorio nazionale. Secondo il Rapporto Il consumo di suolo in Italia 2023, pubblicato da Ispra ogni anno, nel 2022 la copertura artificiale si estende per oltre 21 mila 500 chilometri quadrati, oltre il 7% del suolo italiano. I cambiamenti registrati nell’ultimo anno si concentrano soprattutto nella Pianura padana, nella parte lombarda e veneta, lungo la Via Emilia e tutta la costa adriatica, in particolare nel litorale romagnolo, marchigiano e pugliese. Tra le arre metropolitane più colpite troviamo Roma e Napoli. Le regioni con percentuali più elevate sono la Lombardia (12,16%), il Veneto (11,88%) e la Campania (10,52%).
“La perdita di suolo e di tutti i servizi ecosistemici che fornisce, compresa la capacità di assorbire l’acqua, non conosce battute d’arresto: il 13% del consumo di suolo totale (circa 900 ettari) ricade nelle aree a pericolosità idraulica media, dove il 9,3% del territorio è ormai impermeabilizzato. Considerando il consumo di suolo totale dell’ultimo anno, più del 35% (oltre 2 mila 500 ettari) si trova poi in aree a pericolosità sismica alta o medio alta. Infine il 7% (quasi 530 ettari) è nelle aree a pericolosità da frana”.
La logistica e la grande distribuzione organizzata, che sono tra le principali cause di consumo di suolo nel nostro Paese, hanno avuto una crescita superiore ai 500 ettari. Un fenomeno concentrato soprattutto nel Nord-Est con oltre mille 670 ettari negli ultimi sedici anni, seguito dal Nord-Ovest con mille 540 ettari e il Centro (940 ettari). Le grandi infrastrutture rappresentano l’8,4% del consumo totale, mentre gli edifici realizzati nell’ultimo anno sfiorano i mille ettari. Piazzali, parcheggi e altre aree pavimentate hanno aumentato la superficie occupata di 948 ettari, mentre quelle estrattive consumano 385 ettari di suolo in un anno.
Nella densità di ombre si intravede anche qualche spiraglio di luce. Risparmiano suolo le città metropolitane di Genova, Reggio Calabria e Firenze. Tra i comuni virtuosi con più di 50 mila abitanti troviamo Ercolano in Campania, Montale in Toscana e San Martino Siccomario in Lombardia. Un po’ poco se vogliamo allinearci alle disposizioni internazionali e alle strategie europee. Il 15 giugno 2022 è stata pubblicata la delibera del Comitato interministeriale per la transizione ecologica (Cite) con l’approvazione del Piano per la transizione ecologica. Il contrasto al consumo del suolo è tra gli ambiti prioritari individuati dal Piano e posto alla base del processo di transizione della nostra economia.
L’obiettivo, infatti, è di arrivare a un consumo del suolo pari a zero entro il 2030, anticipando di ben vent’anni quello europeo, in linea con quanto fissato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. “L’azzeramento del consumo di suolo, secondo il Piano, dovrà avvenire sia minimizzando gli interventi di artificializzazione sia aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse, quali gli ambiti urbani e le coste” ed è considerato una misura chiave anche per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Viene, comunque, confermata da più parti la necessità di approvare una specifica legge sul consumo di suolo, prevista anche tra le riforme del Pnrr. In questa legislatura sono stati presentati alcuni disegni di legge che giacciono in Parlamento che, se approvati, potrebbero dare concreta attuazione ai 160 milioni di euro stanziati dalla Legge di Bilancio 2023 per interventi per la rinaturalizzazione di suoli degradati o in via di degrado in ambito urbano e perturbano. Un Fondo a disposizione del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica con 10 milioni quest’anno, 20 milioni per il 2024, 30 per il 2025 e 50 milioni di euro per gli anni 2026 e 2027.