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Eni regge il colpo tra Ucraina e Medio Oriente. E la Borsa applaude

Nel giorno in cui ricorre l’anniversario della scomparsa di Enrico Mattei, il ceo Claudio Descalzi alza il velo sui conti del trimestre e dei nove mesi. L’utile cade, condizionato dai prezzi degli idrocarburi, ma le attività di esplorazione e produzione con baricentro Africa si confermano l’asso del Cane a sei zampe. E Piazza Affari, comunque, gradisce

La ricerca e la produzione di idrocarburi si conferma il cuore pulsante di Eni, nonostante due conflitti bellici in atto, Ucraina e Medio Oriente, che stanno mettendo a dura prova il mercato degli idrocarburi e i prezzi dell’energia. Nel giorno in cui ricorre il 61esimo anniversario della scomparsa di Enrico Mattei, il visionario fondatore del Cane a sei zampe e il cui nome è associato alla strategia italiana per l’Africa, il gruppo guidato da Claudio Descalzi ha alzato il velo sui conti relativi ai primi nove mesi dell’anno e al terzo trimestre.

Partendo dall’ultima frazione dell’anno, Eni ha chiuso il terzo trimestre del 2023 con un utile netto adjusted dimezzato, ma oltre le attese degli analisti proprio grazie alla performance della divisione esplorazione e produzione. Il colosso ha dunque registrato nel terzo trimestre un utile netto adjusted di 1,818 miliardi, in calo del 51% anno su anno (6,66 miliardi nei primi nove mesi dell’esercizio, -38%), “condizionato dall’indebolimento dei prezzi degli idrocarburi (Brent -14% anno su anno, gas hub -83%anno su anno), ma attenuato in modo significativo dal miglioramento delle prestazioni industriali”, recita il comunicato del gruppo. Anche l’ebit adjusted trimestrale ha superato le attese, attestandosi a 3,01 miliardi.

Il calo lo si è sentito anche sul fronte del risultato netto, sia per quanto riguarda il trimestre, sia nei nove mesi. Nel primo caso l’utile netto è sceso del 67% a 1,916 miliardi, nel secondo a 4,598 miliardi nei primi nove mesi, -65%. Quanto alla produzione del trimestre è aumentata del 4% rispetto al terzo trimestre 2022 a 1,64 milioni di barili al giorno. Non è finita. Sempre nel terzo trimestre, il free cash flow organico (il flusso di cassa) è risultato pari a 1,5 miliardi dopo aver finanziato investimenti per 1,9 miliardi.

Descalzi, che insieme al premier Giorgia Meloni è in prima linea per l’attuazione del Piano Mattei per l’Africa, non ha potuto certo dirsi insoddisfatto, anche perché la Borsa sembra aver tutto sommato reagito bene ai conti del Cane a sei zampe (il titolo ha allungato a 1,1% in mattinata). “Nel terzo trimestre 2023 abbiamo compiuto importanti progressi nella attuazione della nostra strategia di trasformazione e, ancora una volta, abbiamo conseguito eccellenti risultati operativi e finanziari. Nella E&P stiamo accelerando i piani di sviluppo del gas equity e della produzione di gnl, leva fondamentale per assicurare forniture energetiche affidabili e al tempo stesso per conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione”.

Proprio pochi giorni fa il manager che guida Eni da quasi dieci anni, aveva escluso problemi per le forniture di gas italiane, con l’avvicinarsi dell’inverno, quando ormai lo sganciamento dalla Russia è pressoché completato. Perché è un fatto che ormai il portafoglio gas del gruppo sia ormai focalizzato in uno scacchiere comprendente Egitto, Algeria, Congo, Mozambico, Angola, Nigeria, Indonesia, Libia, Mare del Nord, Italia, piuttosto che su quello acquistato e rivenduto, come quello russo.

Inoltre, il gruppo ha avviato in meno di due anni dalla scoperta, la produzione del super giacimento Baleine nell’offshore della Costa d’Avorio; un progetto in grado di coniugare gli obiettivi di sicurezza energetica, garantendo le necessarie fonti tradizionali, con la decarbonizzazione delle operazioni rappresentando il primo progetto a zero emissioni nette dell’Africa. Senza dimenticare i nuovi accordi di lungo termine in Congo, Qatar e Indonesia per un volume totale a regime di 6,5 miliardi di mc l’anno.

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