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Gli estremismi in Ue non funzionano, Meloni segua la linea Crosetto. Parla Pomicino

Il risultato elettorale polacco rende evidente il fatto che gli estremismi non siano adatti a governare. Meloni ha la possibilità, seguendo la linea del democristiano Crosetto, di “potabilizzare” i conservatori e renderli credibili per la nuova governance europea. E la Manovra? Manca la visione. Conversazione con l’ex ministro democristiano, Cirino Pomicino

Il Pis (Diritto e Giustizia) primeggia in Polonia, ma la direzione è quella di un governo guidato dal popolare Tusk. Questo risultato consegna un dato inconfutabile: “Gli estremismi sono un’illusione di massa, ma non possono che essere parentesi transitorie. La costruzione dei governi europei non può passare dall’estrema destra e dall’estrema sinistra”. Ne è certo l’ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino che, partendo dall’analisi del risultato elettorale polacco, allarga l’orizzonte mettendo in fila alcune tra le questioni più dirimenti sia in termini nazionali che internazionali.

Pomicino, l’orientamento è quello di formare un governo guidato da Tusk, ma il dato di affermazione del partito di destra – il Pis – non è da sottovalutare.

Il voto polacco riflette in qualche misura sensibilità che si stanno diffondendo su larga scala in Europa, basta prendere ad esempio ciò che sta accadendo in Germania con l’avanzata dell’Afd. Ma, allo stesso modo, questo risultato dimostra che i governi degli estremismi sono transitori facendo perdere tempo e opportunità alle popolazioni governate.

Tra pochi mesi si voterà in Europa. L’Italia che partita deve giocare?

Se Meloni vorrà davvero diventare la guida di un gruppo di conservatori “potabili” per assumere un ruolo di rilievo nella governance europea, dovrà seguire il più possibile la linea di Guido Crosetto, che è un democristiano. Fratelli d’Italia dovrebbe selezionare un gruppo di intellettuali, politici e imprenditori per dare pensiero e prospettiva al partito. Diversamente si rischia di avere una vecchia storia vestita a festa. Ci vogliono i contenuti per fare una politica estera degna di questo nome.

In politica estera però Meloni è stata riconosciuta come leader credibile e affidabile. Anche in virtù del saldo ancoraggio atlantista, ridimensionando i rapporti privilegiati con i Paesi Arabi ai quali la politica della Prima Repubblica si era sempre rivolta.

Il premier ha fatto una scelta che in qualche misura interpreta l’ortodossia della società italiana che in grande maggioranza è europeista e filo atlantica. Però non ci dimentichiamo che la politica della Prima Repubblica seppe da sempre coltivare i rapporti con i Paesi Arabi mantenendo intatta una linea convintamente filo atlantica. Arafat nell’82 fu ospitato da Andreotti a Montecitorio nella seduta dell’interparlamentare, con qualche mugugno degli Stati Uniti. Undici anni dopo Arafat e Rabin firmarono gli accordi di Oslo alla presenza di un raggiante Bill Clinton.

A proposito di Israele. Quale potrebbe essere il ruolo dell’Italia nell’ambito del conflitto innescato dall’attacco di Hamas?

L’Italia deve essere un facilitatore per la pace. In prospettiva il governo dovrebbe pensare a una sorta di “Piano Mattei” per la Terra Santa. Solo attraverso un robusto piano di sviluppo sostenuto dal mondo Occidentale e da quello Arabo si potranno ottenere due popoli e due stati capaci di dialogare.

Sul piano interno l’esecutivo è alle prese con la stesura della Manovra. Che idea si è fatto?

Questa manovra è uguale a tutte quelle che sono state fatte negli ultimi trent’anni. Qualche intervento spot, qua e la, ma nessuno davvero strutturale e orientato alla crescita. Non c’è, insomma, il respiro necessario cui dovrebbe ambire un grande Paese come il nostro.

Bisogna fare i conti, al di là della congiuntura non facile, con un debito pubblico piuttosto pesante.

Il debito di 2850 miliardi toglie al benessere del Paese cento miliardi di interessi all’anno. Ciò che manca è, però, una visione di lungo periodo. Quando si è costretti a fare un debito, bisogna anche avere la capacità di crescere, come avvenne negli anni ’80 quando il Paese cresceva di 2,5 punti reali al netto dell’inflazione. Oggi siamo indebitati e impoveriti.

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