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Hamas e l’odore della morte. Perché stanno vincendo

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Sottovalutare Hamas e la sua capacità di sfruttare le nostre debolezze e la nostra voglia di vita tranquilla è una follia. Non siamo attrezzati davvero per una battaglia come questa, ci fa schifo l’odore della morte. Per loro non è così. L’analisi di Roberto Arditti

Già, l’odore della morte. Non ci piace e non lo vogliamo sentire. Infatti riempiamo di fiori e profumi la sale in cui diamo l’ultimo saluto a chi ci lascia e cerchiamo di chiudere tutto al più presto in una fortezza di zinco e legno che chiamiamo bara: serve per non vedere e, soprattutto, per non sentire.

A Gaza però non funziona così: i medici dell’ospedale colpito da un razzo di Hamas (non c’è un dubbio al mondo su questo) hanno fatto una conferenza stampa (quanto spontanea non sappiamo, penso molto poco) in mezzo ai cadaveri, perché da quelle parti la morte è ancora di casa.
Dobbiamo guardarci dentro a questa storia maledetta e dobbiamo capire cosa sta accadendo.

Ma per farlo non possiamo ragionare in astratto: dobbiamo stare con i piedi per terra, quella terra, quella terribile e meravigliosa terra d’Israele e Palestina. E se stiamo lì vediamo benissimo come stanno le cose: Hamas sta vincendo. Non nettamente, ma sta vincendo. Provo a spiegare perché in cinque punti.

Primo: sta vincendo sul campo di battaglia, perché può permettersi migliaia di morti (anzi li cerca e li provoca), saranno il serbatoio della rabbia futura capace di esplodere con ancora maggior forza tra qualche tempo.

Secondo: sta vincendo sul piano militare perché l’invasione via terra della striscia di Gaza è una follia operativa e se verrà messa in campo si rivelerà un autogol (infatti il ripensamento è in corso, meno male), perché gli eserciti servono per combattere altri eserciti ma non funzionano più di tanto contro le popolazioni e perché Israele non può tenere 300.000 riservisti mobilitati all’infinito: hanno famiglie, lavori, vita privata.

Terzo: sta vincendo sul piano politico perché l’arrivo di Joe Biden è importante per Israele (e per la comunità ebraica americana) ma evidenzia un punto a mio avviso pericolosissimo: così passa il messaggio che il problema palestinese è “roba nostra” di europei e americani, il tutto mentre Vladimir Putin e Xi Jinping si fanno i fatti loro e i Paesi islamici si girano dall’altra parte (perché questo è esattamente quello che stanno facendo). Per non parlare poi del terremoto che avrà la politica interna israeliana: basta aspettare qualche mese.

Quarto: sta vincendo sul piano diplomatico, perché il processo di avvicinamento tra Arabia Saudita e Israele (la più grande novità degli ultimi trent’anni) è fortemente a rischio, tanto è vero che proprio in queste ore (ieri) è stato a Jeddah il ministro degli Esteri dell’Iran Hossein Amir-Abdollahian. È chiaro cosa vuol dire?

Quinto: sta vincendo sul piano dell’intelligence, perché ha dimostrato che può colpire in modo devastante Israele (nessuno l’avrebbe immaginato). E se è vero che la reazione israeliana sta assestando duri colpi all’organizzazione a Gaza è altrettanto vero che tutte le figure di vertice di Hamas vivono ben protette all’estero, ospitate con tutti gli onori in diversi Paesi (Qatar in testa). Quindi perfettamente in grado di agire, oggi come domani.

Potremmo continuare, guardando per quello che sono le manifestazioni pro-Palestina nelle nostre città (con parole inaccettabili pronunciate nella libera piazza) o la ripresa degli attentati di cosiddetti “lupi solitari”, che tali non sono (e chi ci crede è scemo o pazzo). Sottovalutare Hamas e la sua capacità di sfruttare le nostre debolezze e la nostra voglia di vita tranquilla è una follia.

Non siamo attrezzati davvero per una battaglia come questa, ci fa schifo l’odore della morte. Per loro non è così.

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