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Huawei vuole un centro cloud in Nord Africa

Nuovi investimenti in Nord Africa per Huawei, che pensa a un cloud center regionale simile a quello saudita. Per l’azienda cinese è in corso l’espansione nell’area Mena, tra le preoccupazioni americane e le esigenze dei leader locali

Huawei ha annunciato piani per investire $430 milioni in Nord Africa. Parlando a una conferenza a Shanghai, Terry He, il presidente per la branca nordafricana del gigante cinese delle telecomunicazioni, ha detto che il piano di espansione comprende la costruzione del primo centro cloud dell’azienda nella regione, con una destinazione di $200 milioni per questo progetto denominato “Intelligence Future”. Il cloud center supporterà applicazioni guidate dall’intelligenza artificiale (AI) e modelli di linguaggio in arabo. Un’evoluzione tecnica per l’azienda.

Inoltre, Huawei ha dichiarato che il programma prevede di destinare altri 200 milioni di dollari per sostenere 200 dei suoi partner tecnologici locali e 1.300 distributori nella regione. Questi partner saranno coinvolti in progetti legati all’AI e ad altre tecnologie avanzate. L’investimento di Huawei in Nord Africa include anche 30 milioni destinati a un programma di formazione. Questo programma ha l’obiettivo di addestrare 10.000 sviluppatori locali e 100 specialisti tecnologici nell’ambito dell’AI e delle tecnologie connesse.

Il piano è evidente: Huawei non vuole solo essere presente commercialmente, ma punta a diventare standard di riferimento nella regione, sia in termini di diffusione sia formando i futuri operatori del settore (che a loro volta nel tempo formeranno altri operatori secondo l’imprinting ricevuto dalla società di Shenzen).

Huawei sta in generale espandendo i suoi investimenti in Medio Oriente e Nord Africa. Ha recentemente aperto un centro dati cloud a Riad, che supporterà i servizi governativi e le applicazioni di intelligenza artificiale (anche questi in lingua araba, con l’obiettivo di diventare anche in questo caso standard/modello di riferimento). Huawei ha anche impegnato $400 milioni nei prossimi quattro anni per i servizi cloud in Arabia Saudita.

Sarà l’Egitto la chiave dello sviluppo nordafricano di Huawei?

Secondo fonti nordafricane, è possibile che il luogo di costruzione del centro regionale possa essere l’Egitto. L’informazione non è verificabile e l’aspetto interessante è come certi rumors si inseriscano quasi automaticamente all’interno di un contesto di vivacità nelle relazioni Cairo-Pechino. Per comprendere il clima, basta leggere il Global Times, dove campeggia in home page la storia di una guida turistica egiziana che parla il cinese — la storia fa da esempio su come siano interessanti gli scambi people-to-people lungo la Belt & Road. Ancora: nei giorni scorsi, Li Xi, membro del Comitato permanente dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito Comunista Cinese, ha viaggiato in Egitto per un “incontro amichevole”, dicono i cinesi, con il presidente Abdel-Fattah al-Sisi.

Li ha osservato che i due capi di Stato negli ultimi anni hanno condotto scambi approfonditi sui legami bilaterali, la cooperazione multilaterale e la governance internazionale, fornendo una guida fondamentale per lo sviluppo delle relazioni bilaterali sullo sfondo dei cambiamenti globali in corso. Il messaggio centrale è che la Cina continuerà a “estendere il sostegno reciproco” con l’Egitto su questioni riguardanti gli interessi fondamentali l’uno dell’altro”. Pechino intende “promuovere la sinergia tra la Belt and Road Initiative e Egypt Vision 2030”. Dopo un reciproco ringraziamento per l’inclusione dell’Egitto nell’espansione dei Brics, Sisi ha detto che è disposto a rafforzare la cooperazione con la Cina in settori come le infrastrutture, l’agricoltura, il turismo e la finanza, e invitato più aziende cinesi a investire in Egitto.

Il Paese, che in questi stessi giorni ha ospitato a Sharm El-Sheikh anche il vertice della sinocentrica Asian Infrastructure Investment Bank, si muove secondo l’ottica del multi-allineamento. Una linea per affrontare la politica internazionale comune a molti Paesi nordafricani, mediorientali e africani.

Per esempio Stati Uniti molte volte in passato hanno sollevato preoccupazioni sulla sicurezza legate a Huawei e hanno messo in guardia i partner della regione dal fare affari con l’azienda. Come noto, Washington considera la società in connessione con il Partito/Stato — e dunque con intelligence e militari cinesi, a cui fornirebbe accessi e soprattutto dati (avere una grande quantità di dati in più da quella regione chiave definita MENA, sarebbe importante per la Cina perché potrebbero essere utili per strutturare linee politiche e campagne di influenza).

Molto spesso queste considerazioni americane vengono ascoltate, ma in modo relativo, dai vari partner (a volte vengono contingentate, per quanto utile, magari escludendo da fornitore di servizi in zone sensibili come quelle delle aree militari extraterritoriali statunitensi). Huawei d’altronde offre tecnologia di alto livello a prezzi molto vantaggiosi, e ha da tempo iniziato la propria espansione globale. Ha pochi competitor reali (per esempio in settori come la connettività 5G) e incontra le esigenze di sviluppo anche tramite là digitalizzazione di quei Paesi. Tra le varie cose inoltre, non ha scrupoli etici nel fornire tecnologie potenzialmente utilizzabili per il controllo delle collettività a Paesi in cui le circostanze istituzionali pongono il rispetto di valori e diritti democratici e civili in secondo piano.

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