New Delhi deve bilanciare la linea pubblica. L’India vuole evitare di essere troppo esposta sui palestinesi, ma senza inimicarsi i nuovi partner arabi. Contemporaneamente, vuole fornire sostegno a Israele, anche usando la leva della lotta al terrorismo
La risposta dell’India all’attacco di Hamas e alla reazione di Israele è emblematica dell’intricata danza diplomatica che deve compiere a causa dei suoi legami amichevoli sia con Israele che con la parte araba e palestinese, e alla necessità di essere equilibrata sia agli occhi dell’Occidente pro-israeliano, sia a quelli del Global South – composto di nazioni a cui New Delhi intende parlare come punto di riferimento, che hanno reagito in modo distaccato se non pro-arabo. Questa posizione è guidata da una combinazione di contesto storico e dinamiche geopolitiche contemporanee. L‘India è garbatamente pro-Israele, apertamente solidale per il massacro di civili.
Nei primi anni di indipendenza, l’India ha mantenuto strette relazioni con la causa palestinese, riflettendo la sua solidarietà con i movimenti anticoloniali globali. I rapporti tra Israele e l’India risalgono a 54 anni fa, con l’apertura di un consolato israeliano a Bombay. Inizialmente, Jawaharlal Nehru evitò l’apertura di un’ambasciata per non contrariare i palestinesi. Il Congresso vedeva lo stato ebraico di Israele con un’equivalenza alla logica di Jinnah, un concetto di uno stato basato sulla religione. Tuttavia, Israele ha fornito assistenza all’India in termini di intelligence e armi durante le sue guerre, inizialmente in forma informale e poi formalmente a partire dal 1992.
Un momento cruciale nelle relazioni India-Israele è stato nel 1999, quando Israele ha fornito armi all’India durante un conflitto di breve durata con il Pakistan. Tuttavia, l’impennata più significativa di questi legami si è avuta durante l’era di Narendra Modi – l’attuale premier che cerca il prossimo anno un nuovo mandato, e molte delle dinamiche indiane sono da inserire nel contesto pre-elettorale.
Il commercio e gli scambi tra i due paesi sono cresciuti nel tempo. Il rapporto India-Israele ha guadagnato solidità, specialmente quando l’India ha subito attacchi terroristici, come nel caso degli attacchi del 26 novembre 2008. Quando l’edificio Chabad House a Mumbai fu preso in ostaggio da terroristi, i servizi israeliani svolsero un ruolo chiave nell’aiutare il governo indiano a riprendere il controllo della situazione, fornendo know-how sulla gestione degli ostaggi. È importante notare che il Mossad è stato il primo e rimane l’unico servizio segreto straniero ad avere un ufficio in India, sottolineando l’importanza di questa partnership tra i due paesi.
Nel 2017, il primo ministro è diventato il primo leader indiano a visitare Israele, segnando una tappa significativa nelle relazioni bilaterali. Da allora, gli scambi commerciali (e le vendite di armi) tra i due Paesi hanno registrato un’impennata, a testimonianza dell’interesse condiviso per la cooperazione – anche in materia di difesa e sicurezza. Inoltre, la collaborazione tecnologica in settori come l’agricoltura e le telecomunicazioni si è ampliata, sottolineando la natura multiforme della loro partnership.
Un fattore critico che rafforza le relazioni tra India e Israele è l’approccio comune all’antiterrorismo di Modi e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Fattore che con l’efferato attacco di Hamas fa da driver tattico nel posizionamento strategico indiano. Entrambi i leader hanno adottato solide misure antiterrorismo e la loro intesa personale – anche sull’onda di internazionalismo che lega le destra alternativa globali – ha contribuito al rafforzamento dei legami diplomatici.
Anche i cambiamenti geopolitici in Medio Oriente hanno giocato un ruolo nel plasmare l’evoluzione delle relazioni indiane. Il sostegno dell’India agli Accordi di Abramo del 2020, che hanno normalizzato le relazioni di Israele con alcune nazioni arabe, è uno degli sviluppi significativi. Questi accordi hanno portato a nuove iniziative come il quadrilatero I2U2 – che racchiude Israele, India, Usa e Uae – e alla progettazione dell’Imec, un corridoio di connettività che collegherà l’India all’Europa attraverso il Medio Oriente. Molto di questo ultimo progetto, che ha valore globale perché diventa strumento geopolitico e infrastrutturale anche per contrastare la Belt & Road Initiative cinese, si lega alla stabilità mediorientale, alle normalizzazioni arabo-israeliane (su tutte a quella con Riad) e anche all’assenza di fenomeno di disturbo legati ai gruppi armati locali (da Hamas a Hezbollah).
Inoltre, le relazioni dell’India in Medio Oriente si allineano sempre più agli interessi di Israele, mettendo una certa distanza tra l’India e i palestinesi. Partner regionali chiave per l’India, come l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti, mantengono relazioni formali con Israele e l’Arabia Saudita si sta muovendo verso un accordo di normalizzazione – almeno prima dell’inizio del conflitto tra Israele e Hamas. In più, l’Iran, alleato di Hamas per via del nemico comune israeliano, ha sperimentato alcuni attriti diplomatici con l’India a causa della riduzione dei legami commerciali di Nuova Delhi con Teheran in conformità con le sanzioni statunitensi.
Nonostante il crescente allineamento con Israele, l’India è comunque attenta a non assumere una posizione apertamente unilaterale. New Delhi continua a sostenere la soluzione dei due Stati e ha occasionalmente votato contro Israele nelle risoluzioni delle Nazioni Unite. Ha anche fornito aiuti umanitari ai rifugiati palestinesi. L’equilibrismo indiano mira a non inimicarsi i principali partner mediorientali che potrebbero criticare le azioni di Israele durante il conflitto.
Se la guerra tra Israele e Hamas dovesse approfondirsi dopo l’inizio delle operazioni di terra, è probabile che l’India mantenga un basso profilo pubblico, segnalando privatamente il suo sostegno a Israele e sottolineando che le sue espressioni di solidarietà sono una risposta al terrorismo di Hamas, non un rifiuto della causa palestinese. Tuttavia, viste le preoccupazioni riferite dai partner arabi dell’India circa la riluttanza di Nuova Delhi a menzionare le azioni di rappresaglia di Israele a Gaza, e nell’eventualità dell’acuirsi della crisi (e l’aumento delle vittime civili, già alte) è possibile che l’India si ponga su una posizione da cui inviti alla de-escalation e al dialogo per mitigare le tensioni.