Quanto è possibile l’apertura di un fronte libanese contro Israele? I leader di Beirut e Teheran valutano la convenienza politica dell’alzare l’intensità dello scontro, perché le condizioni sono diverse da quelle del 2006
Joe Biden ha sconsigliato Israele dall’occupare militarmente Gaza. Lo ha fatto dopo aver detto di temere un intervento delle milizie filo-iraniane guidate da Hezbollah nel conflitto. Poche ora prima, secondo informazioni pubblicate in Libano e non smentite, la sua ambasciatrice nel Paese dei cedri, Dorothy Shea, avrebbe incontrato, nel suo ufficio, il vero ambasciatore di Hezbollah, l’uomo che su designazione del partito-milizia guidato da Hasan Nasrallah, Habbas Ibrahim, fino a pochissimo tempo fa è stato il potentissimo capo della Sicurezza Generale libanese. Potrebbe essere che la linea rossa indicata da Habbas Ibrahim sia proprio questa, l’occupazione militare di Gaza.
Questo colloquio ha seguito di poche ore la visita in Libano del ministro degli Esteri iraniano, che in conferenza stampa a Beirut ha parlato di Hezbollah, partito che esprime un gran numero di ministri libanesi, come di una propria propaggine libanese. Ha detto lui, un ministro straniero, che Hezbollah ha già pronte tutte le sue risposte davanti ai vari possibili scenari bellici. Dunque ha detto che Nasrallah è il vice-re khomeinista di Beirut, il re è a Teheran. Tutti lo dicono, da molto tempo, che per l’Iran le cose stanno così, ma che un ministro degli Esteri in visita ufficiale parlasse così, come a dire che il Libano è cosa sua, è un evento che alla luce del sole, non nelle ombre della realtà, non ha precedenti.
Il possibile intervento di Hezbollah nel conflitto, Biden lo sa bene, non va immaginato solo per la potenza devastante che questa milizia khomeinista e teocratica ha dal fianco nord di Israele. Controllando Siria, Iraq, gran parte dello Yemen e altro, Hezbollah, volendo, potrebbe colpire anche le basi militari statunitensi in tutto il Medio Oriente. C’è già stato nei giorni trascorsi un attentato contro l’ambasciata statunitense a Beirut, attribuito al solito “squilibrato”. Resta il fatto però che lui è riuscito a raggiungere la sede diplomatica, ad aprire il fuoco e a fuggire.
Hezbollah è una potenza regionale con gangli diffusi in tutto il mondo, compresa l’America Latina e l’Africa, soprattutto occidentale. Ha rapporti definiti eccellenti con cartelli del narcotraffico centroamericano, soprattutto del Messico, mondo nel quale Hezbollah è entrato con la produzione — in combutta con Bashar al Assad — della droga sintetica captagon, e quindi è evidente la sua triangolazione con soggetti globali nel commercio e scambio armi-droga.
Oggi Hezbollah vede nella presidenza del Libano, vacante da ottobre, una pedina essenziale per rafforzare la sua base libanese. Il Libano è piombato nella più grave crisi economica mondiale secondo i rapporti ufficiali dell’Onu, ma da un anno non elegge il suo presidente, perché Hezbollah vuole che sia un suo uomo, e per impedire che passasse il candidato avversato ha fatto palesemente violare 14 volte il regolamento costituzionale per la sua elezione da parte del Parlamento.
Intervenire nel conflitto le costerebbe moltissimo, c’è prima da confermare la sua occupazione del Libano, poi quelle della Siria e dell’Iraq. Queste appaiono le priorità dei khomeinisti, ma la loro credibilità come guida del fronte antagonista contro l’Occidente e degli arabi inetti e corrotti nella guerra a Israele, non va messa in crisi. Ciò non avverrebbe se fosse vero che gli Stati Uniti intendono proporre un governo Onu-Lega Araba di Gaza. Nessuno può governare con costrutto Gaza. L’operazione “diluvio al-Aqsa” invece per loro ha portato all’accantonamento dell’accordo di pace tra Arabia Saudita e Israele, quello sì che era (ed è) un problema per l’Iran e Hezbollah.
Basta poco a far deragliare ed estendere il conflitto. Ma l’intenzione di Hezbollah e della Guida suprema iraniana, Ali Khamanei, visto che ovviamente è lui a decidere, non sembra questa. Attriti sul confine possono esserci, quello serve a dimostrare che Hezbollah c’è. Ma la guerra aperta, come nel 2006, è un’altra cosa. Quella Hezbollah la fece perché l’anno prima aveva assassinato l’ex premier libanese Rafiq Hariri nel cuore di Beirut e quel crimine aveva fatto insorgere il Libano contro Hezbollah e il suo socio siriano. Quell’insurrezione andava cancellata, rimossa da qualcosa di più grande. Ora Khamenei e Nasrallah devono valutare le loro priorità.