Il recente attentato non è un episodio isolato, ma ricalca altri attacchi già avvenuti in passato. Sia per le dinamiche dell’attentato, che per il background dell’attentatore. Il quale non è minimamente collegato ad Hamas
L’attentato mortale messo in atto a Bruxelles da Abdesalem Lassoued, che ha causato la morte di due turisti svedesi, sposta di nuovo la luce dei riflettori sul fenomeno del terrorismo jihadista in Europa, proprio mentre il Medio Oriente ribolle. Formiche.net ne discute con Matteo Pugliese, PhD candidate presso l’Università di Barcellona ed esperto di terrorismo.
Come possiamo valutare attualmente il rischio terrorismo in Europa?
Sicuramente stiamo vivendo una fase di rischio calante rispetto all’apice raggiunto nel 2015-2017, anni degli attentati più gravi, nonché della massima espansione territoriale dello Stato Islamico in Iraq e in Siria. Questa dinamica è certificata anche dai rapporti di Europol, secondo i quali gli attacchi negli anni più recenti sono caratterizzati da una minore mortalità e da una minore complessità. Sicuramente le misure anti-terrorismo prese dai singoli paesi hanno fatto diminuire il rischio di attacchi organizzati, ma allo stesso tempo abbiamo assistito alla proliferazione degli atti compiuti dai cosiddetti “lupi solitari”.
Come quello avvenuto poche ore fa a Bruxelles?
Esattamente. Questo genere di attacchi non è una novità per il Belgio. L’ultimo episodio risale a novembre dell’anno scorso, quando un poliziotto è stato colpito a morte. In generale, dal 2014 ci sono stati 8 attentati in Belgio, di cui 5 sono risultati mortali per le vittime.
Quello più recente era un atto premeditato o piuttosto uno impulsivo?
Premeditato. Per due motivi: in primis per l’arma utilizzata, un fucile d’assalto militare di produzione occidentale, uno strumento non facile da reperire, che probabilmente l’attentatore ha acquistato in precedenza tramite mercato nero e/o criminalità organizzata. Inoltre, anche il fatto che Lassoued abbia deciso di colpire dei tifosi svedesi per vendicare il rogo del Corano di qualche mese fa (come affermato dallo stesso attentatore nei video diffusi sui social), aspettando che si presentasse l’occasione giusta come quella della partita tra Belgio e Svezia svoltasi a Bruxelles, è un’ulteriore conferma.
Un attacco che segna il ritorno dello Stato Islamico, quasi scomparso mediaticamente. In che situazione versa ad oggi?
Sicuramente ad oggi vive un momento di forte debolezza, per una serie di ragioni. Innanzitutto per uno scarso grado di continuità nella leadership: alla guida dello Stato Islamico oggi c’è il Quinto Califfo, Abu Hafs al-Qurashi, arrivato al potere in seguito all’eliminazione dei suoi successori da parte degli Stati Uniti dopo brevi periodi al comando. Questa successione molto rapida di leader non permette un’efficiente ristrutturazione della struttura dell’organizzazione, necessaria a farle riacquistare la forza che aveva in passato. Tuttavia lo Stato Islamico riesce comunque ad essere un “brand attrattivo” anche oggi per individui radicalizzati isolati, che affiliandosi unilateralmente ad esso e rivendicando in suo nome gli attacchi condotti cercano maggiore visibilità.
Come nel caso dell’attentatore di Bruxelles.
Esattamente. Lassoued ha pubblicato due video su Facebook. Nel primo giura fedeltà allo Stato Islamico prima di passare all’azione, mentre nel secondo rivendica l’attacco appena compiuto. Ancora non c’è stata una rivendicazione ufficiale dell’Isis, ma arriverà sicuramente: per lo Stato Islamico è solo vantaggioso rivendicare un attacco di successo in Europa. Ma in questo caso, come in altri avvenuti in passato, è un approfittare di un episodio imprevisto, senza alcun collegamento pregresso effettivo tra l’organizzazione e l’attentatore.
A quanto pare, l’attentatore di Bruxelles è arrivato in Europa clandestinamente, sbarcando a Lampedusa con un barchino. Dopo essere stato espulso dalla Svezia è tornato in Italia, dove la Digos lo monitorava come individuo radicalizzato. Eppure è riuscito a spostarsi in Belgio e a fare quello che poi ha fatto…
Possiamo vedere una forte analogia con Anis Amri, il tunisino responsabile dell’attacco avvenuto nel 2016 a Berlino. Anche lui era sbarcato in Sicilia come clandestino, e dopo un periodo in un centro del Sud Italia era riuscito a trasferirsi in Germania, dopo aver vissuto in altre zone d’Italia. Esattamente come l’attentatore di ieri. Viene da chiedersi se ci sia stata una comunicazione effettiva tra Italia, Belgio e gli altri paesi coinvolti. Nel caso di Amri è stata insufficiente. In quello di Lassoued è ancora da vedere.
Tra lo Stato Islamico ed Hamas non vigono buoni rapporti. Eppure si potrebbe pensare che anche quest’ultimo attentato, così come gli altri registrati nelle ore precedenti in Francia e in Cina, siano avvenuti sull’onda del proclama di Hamas. Cosa ne pensa?
Non credo che ci sia una forte correlazione tra l’appello di Hamas e il caso di Bruxelles. Gli appelli rivolti da Hamas al mondo arabo e islamico tendono a cercare di coinvolgere nel conflitto contro Israele un fronte internazionale che non combatta solo contro lo stato israeliano, ma contro la comunità ebraica mondiale. Mentre gli attacchi dell’Isis non mirano a una specifica categoria economica, sociale o politica, ma sono rivolti contro tutti gli infedeli. Pur mostrando comunque simpatia verso di loro, non necessariamente i radicalizzati europei si rivedono nell’agenda di Hamas, e potrebbero decidere di passare all’azione per altri motivi. Per l’attentato di Bruxelles, come abbiamo già detto, la motivazione è il rogo del Corano di qualche mese fa. Nulla a che vedere con la lotta di Hamas.
Quali sono le motivazioni dietro al rapporto di inimicizia tra Stato Islamico ed Hamas?
Sin dal 2015, Hamas ha visto con molto sospetto la crescita dello Stato Islamico, che ha anche tentato di stabilire una propria branca all’interno della striscia di Gaza. E non è solo una questione di competizione nella galassia islamista e jihadista: Hamas è un movimento atipico rispetto al jihadismo classico per la sua forte connotazione nazionalista e territoriale, al contrario di Al Qaeda, Isis e altri gruppi, che proprio per questo si trovano in contrasto ideologico con il gruppo palestinese. Motivo per cui Hamas ha tentato di arginare l’infiltrazione dello Stato Islamico a Gaza e tra i palestinesi.