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Tra Meloni e Schlein c’è lo spazio per il centro. Parla Gargani

Dagli anni ’90 la politica è cambiata: partiti personali e fine delle ideologie hanno impoverito il dibattito anche all’interno degli stessi partiti. Dallo scorso settembre, però, secondo Giuseppe Gargani, qualcosa è cambiato: la vittoria di Meloni, e il suo governo, hanno un posizionamento politico definito. Questo può provocare una reazione che comprende anche la rinascita del centro

Una campagna elettorale che inizia un anno e mezzo prima delle elezioni significa litigi continui fino al voto, come dimostrano le cronache delle ultime settimane. Nello scorto politico permanente, emerge il dibattito tutto italiano sul centro, chi si intesta il suo ritorno e chi invece ancora si guarda attorno. E di centro Formiche.net ha parlato con Giuseppe Gargani, storico democristiano già deputato ed europarlamentare sottosegretario alla Giustizia, da anni promotore dei Popolari uniti per cercare di superare la diaspora delle forze centriste.

Professore, il centro tutti lo cercano e nessuno lo trova o nessuno ha capito davvero dove sta?

È da oltre 30 anni, dagli anni ’90, che ciascuno di noi va con la lanterna di Diogene alla ricerca del centro, e naturalmente è sparito soprattutto per una ragione fondamentale: la crescita dei partiti personali. Il personalismo ha affogato le ideologie e siamo andati avanti con partiti che non hanno identità, che non hanno avuto riferimenti culturali, la possibilità di realizzare quello che la costituzione ritiene all’articolo 49, cioè partiti democratici. E la responsabilità di questa situazione si può individuare, io credo, negli anni ’90.

Cosa intende?

Quello degli anni ’90 è stato un periodo di transizione perché i movimenti e i partiti non sono stati democratici, e quindi non ci sono stati né il centro, né la destra, né la sinistra essenziali per la dialettica democratica. Nelle elezioni del 25 settembre è venuta fuori una identità e se non teniamo conto di questo non facciamo una valutazione politica adeguata: la destra di Meloni. Quindi è finito il periodo di transizione anodina dell’indistinto ed è venuta fuori una identità, la destra, che naturalmente ha compresso il centro, per cui non c’è più il centrodestra.

Vale lo stesso con la sinistra?

Certo. Dopo le elezioni, con l’elezione di Schlein, è emersa una sinistra sia pure radicale, sia pure forse un po’ velleitaria, ma pur sempre sinistra. E allora io sono fiducioso che dopo 30 anni, sempre andando alla ricerca della lanterna di Diogene che cercava una cosa che non poteva trovare, io credo che questa identità a destra e questa pseudo sinistra possano determinare quello che è la dialettica normale che c’è anche negli altri Paesi: destra, sinistra, centro.

Come legge i tentativi di un centro unitario delle varie forze politiche italiane, da Italia Viva a Azione?

Avevo apprezzato il tentativo che Renzi e Calenda avevano fatto prima delle elezioni, con tutte le riserve sui due personaggi che immaginavo, avendo avuto un buon consenso elettorale, fossero proiettati rispetto a una posizione centrale alternativa alla destra e alla sinistra. Questo hanno capito gli elettori quando li hanno votati, con una percentuale significativa dell’8,3%. Ecco, un tale risultato doveva portare ad un processo politico che aggregava le varie opposizioni, vecchi democristiani, democratici, liberali, riformisti, se non che la diaspora pesa anche su di loro e si sono divisi. Ora Renzi pare convertito verso il centro mentre Calenda sembra un azionista anticattolico, privo di ispirazioni religiose, giobertiano, mazziniano, non so bene, anche se invoca i popolari forse in modo un po’ strumentale.

Quindi Italia Viva ha forse trovato il centro?

Renzi sembra faccia sul serio, e la sua tradizione democratico cristiana mi auguro si ponga, seppure senza Calenda, in una posizione centrale alternativa alla destra e alla sinistra. Insieme ai popolari uniti si può creare una forza determinante, che pure esiste nel Paese, e vorrebbe vedere un riferimento forte e credibile sul piano centrale. Gli italiani per decenni hanno votato per il centro, per i partiti di governo, e non per gli estremi. Vuol dire quindi che c’è un popolo che crede in una politica illuminata e nella cultura di governo.

In questo quadro, come si sta muovendo, secondo lei, il Partito democratico di Schelin?

Schlein è nata sul movimentismo, perché è stata eletta fuori dal partito, e si muove, ma in tanti si domandano questo movimento a cosa è finalizzato. Io come vecchio politico non so capire, ma posso fare una valutazione.

Quale?

Io mi affanno, lo dico anche ai giornalisti, ma quando parlate di centrodestra e di centrosinistra a cosa alludete? Qual è il centrosinistra? Mi spiego meglio: dov’è il centro nella sinistra attuale? Così nel centrodestra: dov’è il centro? Come dicevo prima, in passato c’era un centro seppure un po’ evanescente, quello di Berlusconi, che ora è in netta minoranza. Ora vediamo chiaramente una destra esercitata da Meloni, manca il centrodestra. Allora il movimentismo di Schlein, che si posiziona sinistra, porta bene a chi vuole costituire il centro, perché in quell’area il centro non esiste più. E qui faccio una valutazione oggettiva, una radiografia, non una scelta. Le posso dire un pensiero da vecchio politico?

Certo.

Prima il centrodestra e il centrosinistra esisteva all’interno di tutti i partiti. Perché erano partiti ideologici e pluralisti, e al loro interno convivevano correnti che avevano funzioni con riferimenti ai valori. Nella Dc, ad esempio, c’era il centro, c’era la destra e pure la sinistra. Era una ricchezza culturale che faceva parte dei partiti, mentre ora resta solo una giaculatoria di centrodestra e centrosinistra un po’ vuota.

Il Movimento 5 Stelle dove lo mettiamo?

I 5 Stelle erano un movimento protestatario, contro il sistema. Avendo fallito totalmente questo intento iniziale, a tenerlo in piedi è il prestigio di Conte non si capisce ancora bene su quale crinale e con tutti gli equivoci possibili. Conte vuole dimostrare che il partito non è più antisistema ma nel sistema, però avrebbe dovuto cambiar nome, perché 5 Stelle significava quello. Pensavano di bruciare le istituzioni e si sono bruciati loro.

C’è competizione con il Pd, a sinistra?

Qui c’è un equivoco, ed è quello di ritenere il Movimento 5 Stelle di sinistra, così come pensa lo stesso Partito democratico. I 5 Stelle hanno rovinato la legislazione giudiziaria, con il Pd che ha votato a favore, hanno rovinato il Parlamento con il taglio dei parlamentari, con il Pd che ha votato a favore ma oggi si pente perché si rende conto che non funzionano le camere… Conte tenta di ricostruire, ma non c’è molta speranza.

Come vede le forze di governo alla prova delle elezioni europee?

Non so se sia un primato, ma vedere la campagna elettorale iniziare un anno e mezzo prima delle elezioni è quasi da record. E su questo, la lotta all’interno della coalizione, o meglio l’aggregato elettorale per il potere, durerà fino a giugno perché appunto non essendo una vera e propria coalizione, una parte vuole prevalere sull’altra. Meloni naturalmente proverà a non farsi scalzare, fin’ora sembra esserci riuscita.


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