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Il bivio di Meloni in vista delle europee. Scrive Sisci

Sia le elezioni in Spagna, sia quelle in Polonia pongono Meloni di fronte a scelte non facili in vista delle elezioni europee del giugno prossimo. Continuerà nei suoi rapporti più radicali a destra oppure virerà al centro? L’analisi di Francesco Sisci

L’Italia come Paese e governo dopo il risultato del voto polacco, e il successo dei suoi partiti moderati, ha problemi importanti.

L’Unione europea (Ue) è da sempre dominata da un blocco moderato cattolico/socialdemocratico. Dopo la vittoria elettorale l’anno scorso in Italia di Fratelli d’Italia (FdI) di Giorgia Meloni alcuni pensavano che ci sarebbe stata una svolta. Partiti di destra più radicale avrebbero spostato gli equilibri del continente.

Partiti conservatori radicali, da Vox in Spagna al PiS in Polonia, avrebbero dominato il voto. Sarebbe culminato nell’ascesa della destra francese di Marine Le Pen e la radicalizzazione della destra della Cdu tedesca o una piena legittimazione dei neonazisti dello AfD.

Questo avrebbe sostituito gli orizzonti e la stessa politica della Ue con conseguenze per l’unione senza precedenti.
In pochi mesi però queste attese sono state tradite. Vox è stata sconfitta in Spagna e così è stato per il PiS in Polonia. La Polonia era particolarmente importante. Qui il PiS era già al potere e stava trasformando le strutture nazionali contro i desiderata di Bruxelles, segnando una strada di forzature per la Ue che altri avrebbero potuto seguire.

Al contempo la Polonia aveva avuto un ruolo-chiave nel sostegno all’Ucraina contro la Russia. Aveva giocato una funzione di cerniera tra un’Europa esitante nell’appoggio all’Ucraina e l’America più decisa a favore di Kyiv. In questo doppio “incarico” la Polonia e il PiS avevano guadagnato margini di manovra: sostegno da Washington che compensava diffidenza da Bruxelles.

Quindi se Vox avesse vinto in Spagna e PiS si fosse riconfermato in Polonia, poi c’era da sperare solo in un successo futuro della Le Pen in Francia. Gli equilibri europei sarebbero drasticamente mutati. La Ue stessa sarebbe stata ridisegnata. L’Italia di Meloni sarebbe stata centrale in questo progetto.

Le cose non sono andate così però. Meloni aveva investito molto in questa speranza. Una parte di tedeschi, con Manfred Weber della Cdu, saggiamente le ha fatto delle aperture, in ogni evenienza.

Oggi però Spagna e Polonia confermano che il blocco attuale moderato dominerà la politica europea. Anzi, le spinte e forzature polacche delle proprie istituzioni rispetto alle indicazioni di Bruxelles, sono destinate a rientrare. La scommessa di Meloni è per aria.

Inoltre una Polonia moderata, con meno peso alla destra più radicale, è ulteriormente in linea con Germania e Francia, da sempre coppia di testa della Ue. Inoltre, comunque la Polonia conservatrice in questi due anni è stata un motore dell’unione sull’Ucraina.

Tutto ciò spinge oggi la Polonia nel terzetto di guida della Ue e marginalizza l’Italia. Meloni forse avrebbe dovuto essere più saggia, prudente e pensare agli interessi dell’Italia e non confondersi, e confonderli con l’idea di un’alleanza partitica di destra. Avrebbe dovuto consolidare il rapporto con Francia e Germania, qualunque partito fosse al governo lì, e confermarsi comunque alla guida Ue. Non lo ha fatto e oggi lei soffre come partito e l’Italia soffre come Paese.

Il punto di errore è sostanziale. Come abbiamo scritto qui più volte in passato, la sinistra può essere internazionalista, perché difende un’idea che proclama senza confini. La destra non può esserlo, perché è per propria ammissione nazionalista, mette gli interessi del proprio Paese davanti a quelli degli altri.

Ciò era chiaro già nella Seconda guerra mondiale quando il partito di Francisco Franco, portato al potere da Germania e Italia fascisti, rimase neutrale. I fascisti italiani che si schierarono dopo qualche esitazione con i nazisti tedeschi caddero. I franchisti rimasero al potere fino alla morte di Franco.

Ciò pone oggi Meloni di fronte a scelte non facili, in vista delle elezioni europee del giugno prossimo. Continuerà nei suoi rapporti più radicali oppure virerà al centro? Ora le elezioni europee rappresentano una doppia alea per il governo italiano.

FdI può fare un buon risultato di voto e comunque risultare isolata alla Ue, oppure può fare un cattivo risultato di voto ed essere isolata alla Ue. Regole di saggezza e prudenza spingerebbero a un vero ripensamento. Ma il progetto “Europa di destra” era nelle corde culturali e sentimentali di FdI, una svolta al centro lo è meno. Ci sono prezzi da pagare in entrambi i casi. Non è chiaro cosa farà il premier.


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