Dalle vicende personali di Giorgia Meloni alle difficoltà di Matteo Salvini, dalla congiuntura economica che condiziona la legge di bilancio, ai venti di guerra, governo e leader politici attraversano momenti cruciali. L’analisi di Gianfranco D’Anna
“Gli sfratti sono solo all’inizio” commentano gli ambienti parlamentari. Il lapidario addio di Giorgia Meloni al compagno Andrea Giambruno, protagonista di indecenti comportamenti “immortalati” da Striscia la notizia, evidenzia l’accumulo di stress della politica. Gli sfratti ai quali, dietro le quinte, si fa riferimento nei palazzi delle istituzioni sono quelli che riguardano Governo, leader e partiti di maggioranza e opposizione. Gli scenari sono in continua evoluzione, ma il quadro degli stress test dei protagonisti è già delineato.
Giorgia Meloni
Involontariamente il “caso Giambruno” , pur con tutti i distinguo umani e politici riguardanti la linearità della Premier, rappresenta un esempio emblematico del travaglio che le vicende familiari hanno sempre assunto per i leader storici delle destre europee. Dalle lontane vicissitudini di Ramón Serrano Súñer, il cognato del Caudillo spagnolo Francisco Franco, e di Galeazzo Ciano, il genero di Benito Mussolini, alla più recente saga di Jean Marie Le Pen e della figlia Marine, spesso le difficoltà più insidiose sono quelle provocate dalla parentela: fratelli, sorelle, cognati e dintorni.
Un destino che rischia di incombere anche per la prima donna Presidente del Consiglio, proprio nel momento della svolta decisiva della sua leadership: quella della transizione da Fratelli d’Italia, nato sulle ceneri del berlusconismo e le macerie finiane, ad un partito più di centro che di destra. Un partito europeista e atlantista. Una sorta di nuova democrazia cristiana senza i democristiani.
Svolta che presuppone l’inglobamento di quel che resta di Forza Italia, il recupero al centro di tutti i voti in libera uscita dal Pd e dall’area liberal democratica, dei cattolici e dei laici moderati. Assieme al travaso dei consensi leghisti nelle regioni meridionali. Consensi perduti dalla Lega a causa delle pesanti penalizzazioni che provocherebbe al sud l’autonomia regionale che Calderoli tenta di far approvare.
Uno scenario che prevede l’incognita di Matteo Salvini e della Lega. La sostanziale bocciatura del ponte sullo stretto di Messina, dell’ autonomia regionale e di tutte le richieste sulle pensioni, la defiscalizzazione e la manovra di bilancio, mettono Salvini con le spalle al muro nel Governo e all’interno della stessa Lega e lo costringeranno, dopo l’approvazione della finanziaria, a uscire dalla maggioranze e ad aprire la crisi politica. In pratica ad auto-sfrattarsi dal Governo. Urgente però per Giorgia Meloni l’aggregazione di una classe dirigente esperta e competente che possa affiancare i ministri ed i sottosegretari più efficienti come Guido Crosetto ed Alfredo Mantovano e possa rimediare al disastro che starebbe per travolgere la Rai.
Monopolizzata dal centrodestra e in parte dai 5 Stelle e dal Pd, l’azienda radiotelevisiva di Stato subisce un quotidiano tracolo di audience che preannuncia la caduta verticale della pubblicità e delle risorse finanziarie autonome e rischia di incidere pesantemente sul bilancio pubblico.
Matteo Salvini
Il destino politico di Salvini sembra essere ormai affidato all’esito della crescente autoanalisi della Lega che dai presidenti di Regione, Zaia e Fedriga all’elettorato del nord si stanno interrogando su come voltare pagina.
Collezionista di insuccessi elettorali e di magre figure politiche, dal crollo dei voti dal 34,33% delle europee del 2019 a poco più del 9% delle politiche del 2022, dai comizi con Marine Le Pen alle accuse contro magistrati, fino ai tentativi di strumentalizzare guerre e attentati terroristici, il leader della Lega potrebbe in particolare sbattere letteralmente la testa contro due ostacoli in grado di determinarne il definitivo fallimento politico: il ponte sullo Stretto e l’autonomia regionale.
Palesemente incostituzionale e avversata da tutti gli altri i partiti, compresi Fratelli d’Italia e Forza Italia, nonché dai vertici istituzionali, l’autonomia é destinata nel migliore dei casi a galleggiare fra un rinvio e l’altro e ad infrangersi sulla fine della legislatura o, peggio, sugli scogli di una crisi di governo.
Più complessa e grave la problematica riguardante il progetto di realizzazione del ponte dello Stetto, una sorta di miraggio politico che si trascina dal 1968, attira consensi e muove finanziamenti e stanziamenti per miliardi di euro. Non tralasciando l’esistenza nell’area di 4 vulcani attivi da milioni di anni (Etna, Marsili, Vulcano e Stromboli) ed altri vulcani quiescenti a 4.000 metri di profondità tra Messina e Villa San Giovanni, un recente studio firmato da una decina di scienziati, ricercatori ed ingegneri delle Università di Berkeley, Oxford, Ginevra, Sorbona, La Sapienza, Politecnico di Milano, ecc.. evidenzia in sintesi che “…il Ponte si potrà realizzare ma non ora, in questi anni, per il semplice motivo che a livello cementizio e a livello di acciaio i materiali attuali non sono ancora idonei…”. Il progetto prevede inoltre un’unica campata di circa 3.500 metri, con piloni in grado di sostenere al massimo 900 tonnellate, mentre i treni merci che vi dovrebbero passare sopra pesane anche 1500 tonnellate….
I continui rinvii dei finanziamenti del ponte e la bocciatura di fatto dell’autonomia potrebbero determinare un ulteriore corto circuito elettorale alle europee, nonostante la programmata candidatura del generale Roberto Vannacci e i tentativi di cavalcare il populismo anti immigrati e anti islamico.
Causa ed effetti ben presenti a Salvini, che secondo le previsioni di molti politologi, potrebbe giocare d’anticipo, accusare Giorgia Meloni e il governo di volere penalizzare la Lega e, fra gennaio e marzo, provocare la crisi di governo.
In realtà é proprio quello che si auspicherebbe la Premier, che in questo modo rimetterà il mandato al Capo dello Stato e se non riuscirà a formare un nuovo esecutivo con Forza Italia, ma anche col concorso di parte del Pd, dei centristi, dei gruppi di Azione e Italia Viva e, non è da escludere, anche con esponenti dei 5Stelle, sarà costretta a chiedere le elezioni anticipate da abbinare alle europee di giugno. Elezioni con un esito che, anche in relazione alla drammatica situazione internazionale e alla conseguente crisi economica, tutti i sondaggi prevedono nettamente favorevole alla maggioranza e all’aggregazione politica guidata da Giorgia Meloni.
Elly Schlein
I venti di guerra, le problematiche sociali e lavorative e la gigantesca ondata migratoria estiva, hanno messo a dura prova la capacità della segretaria del Pd di scegliere una linea politica immediata, chiara e definitiva e decidere da che parte stare.
Troppo forte la sindrome della perdita del potere e le divisioni interne che scuotono le due anime del partito, cattolica e comunista, mai coagulatesi. Come avvenuto negli ultimi anni tuttavia le difficoltà degli altri partiti e della situazione complessiva potrebbero offrire al Partito Democratico l’opportunità se non addirittura di rientrare nell’area di governo nel nome dell’unità nazionale per salvaguardare il Paese, comunque di presentare esponenti di spicco della società civile alle europee ed ottenere risultati elettoralmente in crescita.
Come accadeva nella Dc Moro e Fanfani, di Cossiga, De Mita e Andreotti l’unione farebbe la forza. Le divisioni e le correnti democristiane, che rappresentavano dei veri e propri partiti in guerra fra di loro, raccoglievano infatti una valanga di consensi e coprivano tutte le aree del Paese di allora: cattocomunisti e anticomunisti, progressisti, conservatori, reazionari e spesso anche i golpisti. Il fallimento del tentativo di fusione degli eredi della Dc e del Pci é attestato dal fatto che invece di sviluppare l’attitudine all’unità si è accentuata l’inclinazione scissionista, caratteristica della sinistra marxista leninista.
Giuseppe Conte
Dopo aver superato l’edipica metamorfosi, attraverso la quale si è affrancato da Beppe Grillo e dai “vaffa” fondativi, l’ex presidente del Consiglio ha riorganizzato il movimento e lo ha riposizionato sulla trincea di un’opposizione frontale, alternata però a disinvolte e spregiudicate trattative sottotraccia con la maggioranza per ottenere nomine Rai e incarichi di sottogoverno.
In evaporazione nei territori, i 5 Stelle contiani corrono il rischio di essere spiazzati dalle eventuali elezioni anticipate abbinate alle europee. Il tira e molla per il cosiddetto campo largo col il Pd durerà fino a quando non si diraderanno le tensioni e le nebbie che avvolgono Palazzo Chigi, la Lega e le scadenze elettorali. Ma a corto di originale capacità propositiva, per Conte la prospettiva delle singole elezioni europee é peggiore dell’abbinamento con le politiche, perché lo costringerà a presentare candidati e liste spesso non all’altezza del livello delle altre forze politiche. Cosa che nel recente passato veniva superata sull’onda della spinta del voto d’opinione catalizzata della leadership di Grillo e Di Maio. Una spinta ormai venuta meno.
Antonio Tajani
La continua evocazione di Silvio Berlusconi sta entrando nella fase critica della valutazione di un elettorato che per i miracoli prega i Santi e per i problemi quotidiani si rivolge ai politici che sono in grado di risolverli, perché hanno un futuro certo. L’insostituibilità del Cavaliere, gli interessi della famiglia Berlusconi, il ruolo delle televisioni, la sostenibilità economica di Forza Italia: troppe le incognite ed i nodi che verranno al pettine delle prossime elezioni. A cominciare dai candidati alle Europee. Basteranno Letizia Moratti, Caterina Chinnici, eventualmente lo stesso Tajani e gli europarlamentari uscenti a superare lo sbarramento del 4 %? O saranno necessari accordi di desistenza con Fratelli d’Italia? Accordi che sono il preludio dell’annessione meloniana.
Matteo Renzi & Carlo Calenda
Impossibile scinderli, invece che simul stabunt vel simul cadent potrebbero ritrovarsi alleati paralleli a sostegno della maggioranza di un eventuale esecutivo di unità nazionale o nel voto favorevole alla finanziaria. Caratteri egocentrici, i due dioscuri della politica italiana sono stati comunque e sono tutt’ora protagonisti, assieme a Giorgia Meloni, delle uniche innovative novità politiche dell’ultimo decennio. E a differenza della Lega e dei 5 Stelle hanno aggregato e non sconvolto le istituzioni parlamentari. Paradossalmente da separati, Renzi che é il più manovriero e veloce ad anticipare la creazione nuove maggioranze, e Calenda più amministrativamente competente e lungimirante, sono in grado di supportare il nuovo orizzonte politico che probabilmente si sta realizzando. Resta da vedere cosa sono in grado di inventarsi e soprattutto di realizzare alle elezioni. La politica si fonda sui voti e non sulle profezie e meno che mai sugli stress personali.