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Mentre l’attenzione è sul Medio Oriente, la Russia spinge in Ucraina

Il copione del Cremlino. StratComm spiega le tattiche russe di infowar

Dopo un’estate sulla difensiva, Mosca riprende fiato e lancia una serie di attacchi in piccoli ma importanti settori del fronte. E fuori dal fronte, la guerra prosegue con mezzi più o meno convenzionali

Nonostante una minore attenzione dovuta all’evolversi degli eventi nella regione mediorientale, in Ucraina i combattimenti proseguono a ritmi serrati. Lo sforzo della controffensiva ucraina, non ancora esaurito, prosegue però a ritmi molto lenti. Le forze di Kyiv guadagnano piccoli lembi di terreno nell’area di Robotyne e a sud-ovest di Bakhmut, e lanciano delle sortite oltre il fiume Dnipro probabilmente finalizzate a ottenere delle teste di ponte da sfruttare in seguito, senza però riuscire a infliggere un colpo decisivo alle postazioni difensive di Mosca. Che nel frattempo sta tornando alla carica.

Le forze armate russe stanno infatti mettendo in atto azioni di carattere offensivo che, seppur di respiro limitato, sono finalizzate a sopprimere una volta per tutte la controffensiva ucraina. Gli assalti russi si concentrano in due principali settori: quello di Kupyansk e quello di Avdiivka.

Kupyansk è una piccola cittadina sita lungo il fiume Oskil, a circa 25 chilometri dal confine con la Federazione Russa. Dopo essere stata occupata quasi immediatamente in seguito all’apertura delle ostilità nel febbraio del 2022, Kupyansk è stata liberata dalle truppe ucraine nel settembre dello stesso anno, all’interno della prima grande controffensiva portata avanti da Kyiv nel conflitto. Adesso però i russi stanno ammassando forze intorno al centro abitato, con l’intenzione di riprenderne il controllo. Non soltanto truppe regolari, ma anche unità d’elite (i paracadutisti della Vdv) e i cosiddetti battaglioni “Storm Z”, composti da carcerati richiamati al fronte. Accompagnati da carri armati, artiglieria ed elicotteri. L’obiettivo di Mosca sarebbe quello di avanzare fino al fiume Oskil e di creare una zona cuscinetto intorno alla regione ucraina di Luhansk, in gran parte occupata. Ma, nonostante l’alto numero di risorse concentrate, secondo il ministero della Difesa inglese “le forze ucraine mantengono una significativa presenza difensiva su questo asse ed è altamente improbabile che le forze di terra russe riescano a compiere un importante passo avanti operativo”.

L’altro obiettivo delle forze armate di Mosca è il centro di Avdiivka, poco più a nord della città di Donetsk, oggetto di scontri sin dalla fase del conflitto precedente l’invasione su larga scala dello scorso anno. Per espugnare la città fortificata, le truppe russe stanno concentrando nel settore un ingente numero di uomini e mezzi, mentre i bombardamenti di artiglieria e aviazione proseguono praticamente senza sosta dal 10 ottobre. Rendendo l’offensiva su Avdiivka un caso unico sin dall’inizio della guerra.

Secondo Vitalii Barabash, capo dell’amministrazione militare della città, la caduta di Avdiivka potrebbe causare un collasso di una porzione di fronte ucraino lunga quasi 50 chilometri a causa della sua importanza strategica. Avvicinando le truppe russe al controllo sull’intero oblast di Donetsk, che secondo l’intelligence di Kyiv è l’ambizioso (quanto irrealizzabile) obiettivo imposto dai vertici politici moscoviti alle forze armate.

Mentre il fronte rimane più o meno stabile, continuano le operazioni meno “convenzionali”. L’Ucraina aumenta i raid terrestri, aerei e navali contro la Crimea, e spinge la flotta russa lontana dalla penisola (e dalle sue coste, rendendo più facile così il transito delle navi cariche di grano). Mentre la Russia prosegue con i bombardamenti sulle infrastrutture ucraine (introducendo accanto ai Shahed 136 i più leggeri e meno potenti Italmas).

E probabilmente non si limita a danneggiare solo quelle ucraine: nel recente caso del danneggiamento di gasdotti e di cavi di comunicazione tra Estonia e Svezia o Finlandia Mosca sembra essere con tutta probabilità il mandante. Anche se l’esecutore non parla russo, ma mandarino. Ad aver reciso fisicamente i cavi sarebbe stata infatti una nave battente bandiera cinese, al momento geolocalizzata in un porto russo da dove non risponde ai tentativi di comunicazione, calando l’ancora alla profondità sufficiente e trascinandola dietro di sé per vari chilometri. Secondo il tipico copione utilizzato nel Mar Cinese Meridionale.


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