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La minaccia jihadista, invisibile ma attiva. Il report di Med-Or

La presentazione del report della Fondazione alla Luiss è occasione di confronto su un tema fondamentale per la sicurezza nazionale. Guardando all’Asia e, soprattutto, all’Africa

I tempi passano e le forme mutano, ma la minaccia rimane la stessa. È questo il tema affrontato dal report speciale della Fondazione Med-Or “Il nemico silente: presenza ed evoluzione della minaccia jihadista nel Mediterraneo allargato”. Curato dal direttore delle Relazioni Istituzionali della Fondazione Andrea Manciulli, il report analizza lo stato attuale delle minacce legate al terrorismo e al radicalismo di matrice jihadista nello spazio geopolitico e geografico del Mediterraneo allargato. È stato un presentato giovedì 5 ottobre presso la sede Luiss di viale Romania.

Il documento descrive in maniera molto dettagliata le evoluzioni presenti del fenomeno jihadista, sia sul piano ideologico che delle organizzazioni terroristiche attualmente operanti in molte aree della regione del Mediterraneo allargato, con una particolare attenzione all’Africa, principale area di incubazione del fenomeno in questa fase storica insieme all’Afghanistan. Negli ultimi anni è stato evidente a molti analisti ed esperti del tema come vi sia stato un sostanziale mutamento del fenomeno terroristico, che ha visto una sua sempre maggiore diffusione spesso in parallelo a fenomeni di natura diversa dai cambiamenti climatici ai conflitti interni ai singoli paesi, a forme di criminalità locali. “Il nemico silente” chiarisce come in futuro sarà ancora più importante elaborare delle strategie di prevenzione e di contrasto adeguate ai mutamenti in corso, sia a livello nazionale ed europeo che in ambito regionale, attraverso il coinvolgimento e la cooperazione con i paesi direttamente coinvolti e le principali organizzazioni internazionali.

All’evento di presentazione hanno preso parte il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e Autorità Delegata per la Sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, il Presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, il Presidente della Fondazione Med-Or, Marco Minniti, e il noto arabista ed esperto di terrorismo, Gilles Kepel. I saluti portati dal Rettore della Luiss Andrea Prencipe e dallo stesso Manciulli hanno introdotto la discussione degli altri ospiti, moderata da Alessandro De Angelis.

“Le organizzazioni terroristiche, sia Al Qaida sia Isis, non hanno più un capo carismatico ma il fenomeno non è morto” ha spiegato Minniti, indicando poi i due grandi luoghi di incubazione della minaccia jihadista nel continente asiatico (specialmente in Afghanistan) e in quello africano, dove sta avvenendo “una tempesta perfetta”. Il combinato disposto della guerra in Ucraina, dei colpi di stato registrati e nel Sahel, dei disastri naturali avvenuti in Marocco e in Libia hanno causato “una destabilizzazione in cui, soprattutto dell’Africa centro-settentrionale, il terrorismo trova nuova linfa”.

Una minaccia che deve essere affrontata, ma anche un’opportunità. “Non posso pensare a un luogo diverso dall’Africa dove l’Europa possa misurare la propria ambizione. È l’Europa che deve porre in cima alla propria agenda la situazione dell’Africa, dal supporto alle realtà locali per costruire maggiori condizioni di sicurezza e contrastare il terrorismo, ad un piano reale, vero, concreto, ambizioso per il suo sviluppo”, ha aggiunto Guerini, affermando al contempo che il Copasir stia attualmente dedicando una parte importante dei suoi sforzi al continente africano, e che questo lavoro si tradurrà con molta probabilità in una relazione al Parlamento.

Mantovano ha affrontato la questione da un’altra prospettiva, concatenata. “Dall’1 gennaio 2023 sono arrivati in Italia in maniera irregolare 135mila migranti. In un confronto con l’analogo periodo del 2022, dal Mali nel 2022 sono arrivate 606 persone e nel 2023 5017 (+725%), dal Camerun 900 persone nel 2022 e 4700 nel 2023 (+422%), dal Burkina Faso 146 nel 2022 e 7585 nel 2023 (più del 5mila%). Ma non è così dappertutto perché dalla Tunisia e dall’Egitto ne sono arrivati di meno” riporta il sottosegretario, indicando nelle attività jihadiste una delle cause dell’aumento e “Chi ha responsabilità di governo si deve chiedere cosa può fare. La prima cosa è imparare dagli errori compiuti”, come quelli fatti in Medio Oriente. Uno tra tutti è stato “Il pensare che la disarticolazione per via militare dello Stato islamico, in Siria e Iraq, avrebbe fatto cessare la minaccia islamista; al contrario la frantumazione dello Stato islamico si è tradotta in un imponente esodo di miliziani jihadisti che privi di riferimenti istituzionali, politici, territoriali e militari forti, ma non di una ideologia, si sono riversati dal Medio Oriente all’Africa”.

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