Il ministro dell’Economia Giorgetti, nel giorno in cui anche il Fmi certifica il rallentamento della crescita italiana, chiarisce davanti a Camera e Senato le ragioni di una finanziaria poco fantasiosa e molto realista. L’incendio scoppiato in Medio Oriente rischia di aggravare un contesto internazionale già difficile di suo. L’imperativo è il costo del lavoro, ma il Patto di stabilità potrebbe imbrigliare di nuovo la spesa e gli investimenti
Ora che i mercati si sono un poco tranquillizzati, dopo i giorni caldi della scorsa settimana (qui il colloquio con l’economista Angelo De Mattia) è tempo di mettere finalmente a terra la manovra. Da portare in Parlamento entro il 15 ottobre e collateralmente spedire all’Europa, per una prima valutazione. Certo, a tenere in apprensione gli investitori c’è la crisi in Medio Oriente e forse questo è un motivo in più per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, per rassicurare un po’ tutti sui conti pubblici italiani. I quali sono e rimangono pienamente sostenibili, nonostante la consapevolezza da parte dell’esecutivo che i soldi da mettere nella finanziaria sono davvero pochi.
La gittata della manovra dovrebbe aggirarsi sui 20 miliardi di euro, con un baricentro (10-15 miliardi) funzionale al taglio del cuneo fiscale, anche per il 2024. Giorgetti, ascoltato al Senato dalle commissioni Bilancio riunite, ha di nuovo rimesso la prudenza e la cautela al centro del villaggio. E non poteva essere altrimenti nel giorno in cui il Fondo monetario internazionale ha rivisto le stime di crescita dell’Italia, inchiodando il Pil allo 0,7% sia per quest’anno, sia per il prossimo.
NUBI SUI MERCATI
Impossibile non cominciare il confronto con senatori e deputati senza un riferimento a quanto sta accadendo dentro e fuori Israele. Per il ministro, arrivato nell’aula convegni senza rilasciare dichiarazioni, non ci sono dubbi, l’attuale crisi ha e avrà un impatto negativo sull’economia, soprattutto a livello di quotazioni sui mercati. “Il quadro di incertezza economica del contesto internazionale aumenta e si aggrava nell’attuale contesto di conflitti geopolitici”, ha esordito il responsabile di Via XX Settembre. Discorso legato a doppio filo ai mercati che prestano liquidità all’Italia.
Perché, se sale il costo del debito (lo spread è costantemente intorno ai 200 punti base, non certo in zona rossa), è evidente che lo Stato deve spendere di più per pagare le cedole e questo sottrae risorse preziose alla manovra. “L’elevato ammontare della spesa per interessi sottrae importanti risorse che potrebbero essere dedicate a specifiche politiche di redistribuzione e di sviluppo”, ha spiegato Giorgetti.
IL FATTORE EUROPA
Chiarita la questione mercati, l’altro passaggio caldo è stato dedicato all’Europa. La quale, è bene ricordarlo, sta cercando di trovare la quadra sul Patto di stabilità, dopo due anni di stand by causa pandemia. Non si tornerà alle vecchie regole, quelle di chiara ispirazione tedesca e intrise di austerity, ma di sicuro non sarà più possibile fare deficit a volontà. “Alla luce delle le regole del Patto di stabilità europeo “il ferreo controllo della spesa è un imperativo non più eludibile”. Più volte il ministro e numero due della Lega ha chiesto all’Europa, provando a compattare i Paesi più indebitati, come Spagna e Francia, per un ulteriore ammorbidimento dei vincoli di bilancio. Un traguardo che, se mancato, potrebbe costare all’Italia ulteriori sacrifici in termini di spesa e investimenti e dunque, in ultima istanza, crescita.
POCO MA BUONO
Giorgetti è poi entrato nel merito della manovra, ma sempre partendo da una premessa. E cioè “che oggi la prudenza è d’obbligo, lo dobbiamo ai cittadini e agli stessi mercati”. Insomma, meglio poche misure ma sostenibili. “Il quadro macroeconomico e di finanza pubblica della Nota di aggiornamento che vi ho esposto oggi continua a essere improntato alla responsabilità di una prudenza realista che ha contraddistinto gli interventi adottati nel corso del primo anno di mandato del governo. Le esigenze e gli scenari che abbiamo dovuto fronteggiare finora hanno richiesto di compiere scelte molto difficili sempre finalizzate ad assicurare condizioni adeguate a promuovere una crescita sostenibile e duratura della nostra economia”.
E dunque, “la proroga per il 2024 della riduzione del cuneo fiscale, che assorbirà di fatto le risorse rese disponibili dallo scostamento di bilancio per interventi discrezionali, è un intervento che riteniamo doveroso, anche alla luce dei recenti dati Istat, che mostrano il peggioramento delle condizioni economiche di alcune fasce della popolazione. La proroga rappresenta quindi un valido sostegno ai redditi e ai consumi delle famiglie con redditi più bassi, che potrà anche contribuire al contenimento delle aspettative di inflazione”.
Ancora, la finanziaria “consentirà l’attuazione della prima fase della riforma fiscale delineata nella legge delega approvata nel corso dell’estate, che il governo intende mettere in atto nel corso della legislatura. La riduzione a tre aliquote dell’imposta sulle persone fisiche determinerà un alleggerimento della pressione fiscale in favore delle famiglie, che potranno beneficiare di un maggior reddito disponibile. Nell’ambito della riforma saranno inoltre previste misure che, al fine di affrontare il problema della denatalità, forniscano un sostegno in favore delle famiglie, con redditi medi e bassi, che abbiano più di due figli”.
MISSIONE PRIVATIZZAZIONI
Non è tutto. Sul campo rimane la questione della vendita degli asset di Stato. Quello delle privatizzazioni “é un progetto ambizioso, ma penso che potrà essere realizzato. Un percorso a ostacoli che intendiamo perseguire”. Giorgetti ha spiegato che oltre alle cessioni di partecipazioni, per le quali farà svolta una valutazione sulla strategicità, “ci sono concessioni che stanno giungendo a scadenza e che potranno essere messe sul mercato”. La politica di bilancio prudente, unita ad un’attenta gestione delle scadenze e delle emissioni nonché a una gestione più dinamica delle partecipazioni, consentirà di attuare il necessario consolidamento della finanza pubblica”.
“In particolare il piano di entrate destinate alla riduzione del debito pubblico, attraverso operazioni su asset detenuti direttamente o indirettamente dallo Stato, prevede una serie di modalità da attuare singolarmente o congiuntamente. Le operazioni saranno coerenti con i profili di strategicità in materia di interesse nazionale degli asset, efficientamento della struttura finanziaria e patrimoniale, ottimizzazione del profilo di mercato e razionalizzazione delle strutture di partecipazione e controllo”.