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Il conflitto in Medio Oriente può affossare la crescita globale. Barba Navaretti spiega perché

​La crisi divampata la scorsa settimana rischia di riportare le lancette della crescita indietro di due anni e di portare a un terzo shock globale in tre anni, dopo pandemia e Ucraina. Ma ci sono due variabili che potrebbero fare la differenza, anche e soprattutto per l’Italia di Giorgia Meloni. L’economista e docente Giorgio Barba Navaretti spiega quali 

C’è un’ombra che si allunga sulla crescita di tutto il mondo. Quella del Medio Oriente e della crisi scoppiata sabato scorso. Tra meno di 72 ore Giorgia Meloni porterà sul tavolo del Consiglio dei ministri la sua seconda manovra, decisamente basica, poco fantasiosa e per questo attrezzata per resistere all’urto dei mercati e degli shock globali, dall’Ucraina a Israele. Nonostante tutto, però, i due conflitti in atto, rischiano di ipotecare quanto fin qui di buono fatto dai governi del Vecchio continente. Non ci saranno prigionieri, tutti pagheranno il loro obolo. Anche se, spiega a Formiche.net, l’economista e docente Giorgio Barba Navaretti, ci sono due variabili a fare la differenza: la durata delle ostilità e la possibilità di circoscrivere la guerra.

“La preoccupazione per quanto sta accadendo non è solo del governo italiano, ma globale, collettiva. La situazione è piuttosto critica, mi pare abbastanza evidente ormai. Gli effetti sull’economia dipenderanno dal protrarsi o meno del conflitto e da quanto esso potrà essere contenuto”, premette Barba Navaretti. “Sarà difficile contenere e delimitare queste tensioni, certamente l’impatto c’è e ci sarà. Rendiamoci conto che veniamo da due shock, la pandemia e l’Ucraina, con tutti gli effetti devastanti che abbiamo visto sulle materie prime e dunque sui prezzi. Ora si aggiunge il Medio Oriente, ma come ho detto dipende dal contenimento dello scontro. Se entrassero in gioco Stati Uniti e Iran, per esempio, allora le conseguenze sarebbero molto più gravi. Per il momento dobbiamo fare i conti con una grande instabilità, ma mi creda, questo è un campanello di allarme, che riguarda la tenuta delle alleanze che tengono in piedi gli attuali equilibri geopolitici. Alleanze che se non lo stanno già facendo, si stanno sfaldando”.

Verticalizzando, il primo effetto collaterale rischia di essere un risveglio dell’inflazione, proprio nel momento in cui le banche centrali sembrano aver raggiunto l’apice dei tassi. Ma l’economista resta cauto. “L’inflazione è certamente un problema, ma detto questo non possiamo pensare che si possa combattere un aumento dei prezzi da shock energetico con i tassi. Anche perché le banche centrali hanno raggiunto ormai il picco, al massimo ci potrebbe essere un nuovo aumento di un quarto di punto, ma insomma il più è fatto”. Non è finita, resta da capire il ruolo dell’Europa. Perché, se è vero che il conflitto in Medio Oriente impatterà sulla crescita, Bruxelles non potrà certo concedersi il lusso di regole troppo stringenti sui conti pubblici. Il riferimento è alla stesura del nuovo Patto di stabilità, che dovrebbe vedere la luce entro la fine dell’anno.

“Le regole servono, per far funzionare il meccanismo dei conti. Tutti siamo d’accordo che i vincoli non possano essere quelli tipici di una fase economica che non esiste più, veniamo da un momento di grande espansione fiscale, ora è tempo di ridefinire queste regole, cominciando anche con il capire se inserirvi anche gli investimenti strategici, quelli finalizzati alla crescita. Però deve essere chiaro che la definizione delle regole è una operazione strutturale che esula da quello che sono gli eventi esterni. Voglio dire, i vincoli vanno posti in modo intelligente per garantire la stabilità dei conti, semmai si può ragionare sulla loro intensità, calibrandole anche in ottica di grandi sconvolgimenti globali”.

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