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Nvidia blocca gli ordini alla Cina. L’altro lato della medaglia delle restrizioni di Biden

L’azienda americana ha 5 miliardi di prodotti bloccati. Vista la sua centralità nel mercato, non avrà grandi problemi nel trovare nuovi clienti. Ma per le altre realtà più piccole, le restrizioni all’export tecnologico potrebbero diventarlo. La Cina intanto soffre, ma non crolla

Nei magazzini di Nvidia ci sono una serie di scatoloni pieni di chip di alta fascia. Ci rimarranno per un po’, in attesa di capire dove spedirli. La loro destinazione principale era la Cina, dove il gigante tecnologico statunitense ha un mercato importante. Anzi aveva, perché poi è arrivata l’amministrazione di Joe Biden a bloccare tutto. La scorsa settimana, l’azienda ha ricevuto una lettera del governo con cui veniva annunciato lo stop immediato alle spedizioni di chip verso Pechino, con effetto immediato e non da metà novembre come si pensava. Prima di poterle mandare, alla Cina come in altri Paesi ritenuti a rischio, servirà un’autorizzazione del Dipartimento del Commercio. Come raccontato dal Wall Street Journal nella sua esclusiva, Nvidia aveva già chiuso gli ordini per il 2023, ma voleva portarsi avanti con il lavoro iniziando a far fronte a quelle per il prossimo anno dal valore complessivo di 5 miliardi di dollari. Ma non può.

“Questi nuovi controlli sulle esportazioni non avranno un impatto significativo nel breve termine”, ha provato a rassicurare un portavoce dell’azienda. Anche perché, come scritto, fino alla fine dell’anno è coperta. Il problema è piuttosto di carattere generale. La politica del governo americano è chiarissima: non contribuire allo sviluppo oscuro della Cina e di tutti quei Paesi che con la tecnologia statunitense potrebbero raggiungere fini poco nobili. Un segnale forte, ma al momento molto più politico che commerciale. Per essere precisi, l’impatto economico c’è e ci sarà, ma il senso di questa legge è un monito nei confronti dei rivali. Che, comunque, riescono a reggere botta e sembrerebbero capaci di camminare con le proprie gambe (lo avevamo scritto diverse volte, l’ultima qui).

C’è poi un altro problema derivante dalle restrizioni che riguarda il fronte interno. E qui si arriva al caso Nvidia. Le aziende americane hanno clienti in tutto il mondo, specie quella di Santa Clara che produce microchip per strumenti altamente popolari come ChatGPT, e adesso devono reinventarsene di nuovi. Per Nvidia non sarà un grosso patema d’animo, ma per realtà più piccole potrebbe diventarlo.

Quando ha letto degli ultimi limiti all’export imposti da Washington, oltre a rispondere con altrettante restrizioni sulle sue terre rare, la Cina si è sbrigata nel comprare semiconduttori A800 e H800, che tuttavia non potranno arrivare. L’alternativa a questi due era rappresentata dal chip L40S, ma anche questo è finito nella black list.

Lato americano, dunque, il cruccio sarà di svuotare i magazzini smaltendo altrove gli ordini destinati alle aziende del Dragone. Lato cinese, invece, la questione riguarda il suo futuro tecnologico. In ballo c’è lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, che rischia di diventare più lento e più costoso. Pechino dovrà trovare nuovi chip, sicuramente meno potenti e più costosi di quelli che le arrivavano dall’America. Anche utilizzando quelli che gli Usa ancora disponibili, come il V100 di Nvidia, il costo sarebbe del 30% superiore poiché richiedono più energia.

Tuttavia, la Cina sta ripiegando sulla produzione interna e sulla capacità di reperire gli strumenti che le servono da terzi, aggirando così le sanzioni. I vari Intel, Qualcomm e Xilinx hanno ad esempio continuato a vendere i loro prodotti al mercato cinese, senza violare la legge. Così che i grandi attori come Huawei perdessero terreno, ma non fossero squalificati dalla corsa tecnologica. In una guerra commerciale di questo tipo, dove a scontrarsi sono due superpotenze rivali ma allo stesso l’una subordinata all’altra in termini di export, il vincitore dovrà inevitabilmente pagare un prezzo. Gli scatoloni nei magazzini di Nvidia potrebbero rappresentare quello americano.



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