“Non è un segreto che Pd e Movimento 5 Stelle su alcune questioni abbiano sensibilità diverse. Ma, avendo per un periodo governato anche assieme, ci sono tanti dossier sui quali poter lavorare nel nome dell’interesse degli italiani. E, sicuramente, la sessione di bilancio rappresenta un appuntamento importante”. Conversazione con Federica Onori, parlamentare del Movimento 5 Stelle e segretaria della commissione Affari Esteri alla Camera
I dossier su cui lavorare sono tanti. Pd e Movimento 5 Stelle stanno cercando il più possibile di marciare uniti sui fronti caldi che possono in qualche misura creare delle crepe all’interno dell’esecutivo e, parallelamente, cementare il rapporto fra le forze di opposizione. Per lo meno sul piano parlamentare. Il capogruppo dem al Senato Francesco Boccia nella sua intervista a Formiche.net ha indicato alcuni punti di convergenza. Eppure i due leader, Elly Schlein e Giuseppe Conte, si punzecchiano a distanza. In questo contesto a incidere è senz’altro “il clima della campagna elettorale per le Europee”. Ma, dice la parlamentare del Movimento 5 Stelle e segretaria della commissione Affari Esteri alla Camera, Federica Onori, “se di volta in volta, sul piano concreto, ci sarà genuina volontà di collaborazione, lavoreremo insieme”.
Pd e Movimento 5 Stelle sulla mozione Israele hanno trovato una convergenza. Eppure, i due leader continuano a punzecchiarsi a distanza. L’attacco di Hamas sta diventando un altro terreno di scontro tra i due partiti?
Ci tengo a sottolineare come punto di partenza che la condanna all’orrore di Hamas è stata forte e condivisa da tutti. Credo che quando ci troviamo davanti a tragedie così grandi non ha davvero senso punzecchiarsi, per usare il termine che ha utilizzato. L’efferato attacco terroristico di Hamas e la spirale di sangue innescata creano scenari talmente devastanti, con ricadute geopolitiche così serie, di larga portata e di lungo periodo che tutto il resto quasi scompare sullo sfondo. Non è un segreto che siamo due partiti che hanno visioni diverse su alcuni temi. Quanto detto emerge nella quotidianità delle dinamiche parlamentari e in generale politiche. Tuttavia, almeno a mia percezione, non riscontro nella crisi in atto tra israeliani e palestinesi un elemento di significativa alterazione degli equilibri complessivi dell’interazione tra M5S e Pd.
Quanto incide, sugli equilibri politici interni, il clima da campagna elettorale in vista delle Europee?
Sicuramente l’avvicinarsi delle elezioni europee ha un peso e influenza più o meno sotterraneamente sulle dinamiche di tutte le forze politiche italiane. È un appuntamento importante da cui dipenderanno i futuri equilibri dell’intera regione europea, non ultimo scelte politiche decisive come, ad esempio, la volontà o meno di procedere a un serio e profondo percorso di riforma dei Trattati. In generale, quindi, questa campagna elettorale sarà una sfida per il futuro – un futuro dall’ampio orizzonte – e, nel contesto, ogni forza politica avrà l’onere e l’onore di dimostrare nei fatti la validità delle sue proposte e la serietà del suo progetto politico.
Sono tante, in questo momento, le sfide sia sul piano interno che su quello internazionale. In una recente intervista a Formiche.net, il capogruppo dem al Senato, Boccia, ha indicato alcune convergenze possibili: manovra, Pnrr e Sanità pubblica. Lavorerete assieme su questi fronti?
Se di volta in volta, sul piano concreto, ci sarà genuina volontà di collaborazione sì, lavoreremo insieme: con loro così come con tutte le forze politiche con le quali sarà possibile condividere una visione su temi fondamentali per noi rilevanti e, dunque, portare avanti delle specifiche battaglie a beneficio dei cittadini italiani.
Con il Pd abbiamo anche condiviso una stagione di governo, non è un tabù lavorare insieme quando si trovano convergenze reali su dossier specifici che abbiano per entrambe le parti un valore tale da spingere a unire le forze in nome di un beneficio sostanziale per i cittadini. Nel contesto, certamente la sessione di bilancio rappresenta un appuntamento importante dato il peso di questo appuntamento annuale per tutti gli italiani, soprattutto per le categorie di persone strutturalmente più vulnerabili che hanno sofferto prima a causa della pandemia e ora anche in ragione dei contraccolpi economici che derivano dalle gravi crisi geopolitiche in atto a livello internazionale.
Sul salario minimo dopo la bocciatura del Cnel la strada si fa impervia. Tanto più che, anche il fronte sindacale, è spaccato. Come vi muoverete ora?
La questione è ovviamente delicata. Al momento posso dire che il salario minimo per noi è un dossier fondamentale in termini di equità sociale e dignità della persona. Come ribadito dal M5S la questione resta centrale per il Paese: abbiamo 3,6 milioni di lavoratori sottopagati e inoltre lo scenario attuale non è in linea con l’articolo 36 della nostra Costituzione che consacra il diritto alla giusta retribuzione. Ricordo, poi, brevemente che nella maggior parte dei Paesi economicamente più sviluppati si trova un sistema che garantisce il salario minimo. Mentre nell’Unione Europea, addirittura 21 Paesi su 27 hanno un salario minimo, che viene aggiornato in base all’aumento dell’inflazione. Data la rilevanza del tema la certezza, quindi, è che non ci arrendiamo. Troveremo la strada per continuare a portare avanti questa nostra battaglia storica. Intanto andiamo avanti sia a livello di attività parlamentare sia attraverso la raccolta firme che ha già superato quota 600 mila.
A proposito di guerra, lei è di ritorno da una “missione” in Ucraina durante la quale ha partecipato ad alcune iniziative del Mean. Che cosa è emerso e come è evoluta la situazione in questi mesi?
Sì, in questi giorni sono stata in Ucraina per partecipare a un insieme di iniziative promosse dal Movimento Europeo di Azione non Violenta (Mean), tra cui la giornata internazionale e interreligiosa per l’Ucraina: un’occasione davvero toccante di raccoglimento e “preghiera universale” per la fratellanza e la pace in questa terra martoriata. Il Mean è un progetto che vuole costruire un dialogo concreto tra le società civili europee e la società civile ucraina, nella convinzione che la costruzione di un percorso di pace debba necessariamente vedere il coinvolgimento della società civile e non essere totalmente delegata ai governi. Tra le iniziative del Mean, ad esempio, rientra il rilancio del progetto dei Corpi Civili di Pace europei, ideato originariamente dall’europarlamentare Alexander Langer.
Inoltre, una riflessione importante che vorrei riportare – e su cui ci si è confrontati in questi giorni – è quella per cui, accanto al maggiore coinvolgimento della società civile, non si possono però dimenticare il diritto alla resistenza ed il diritto alla difesa del popolo ucraino. Il Mean afferma da sempre infatti il suo totale rispetto per la scelta di Kyiv di difendersi dall’aggressione. E per quanto concerne me, nello specifico, condivido il principio sancito ai sensi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Uniti, una bussola a cui fare riferimento nel mare di atrocità purtroppo da navigare in questa guerra.