Secondo il generale americano, l’operazione militare israeliana contro Gaza rischia di trasformarsi in un incubo se non gestita a dovere. E ricorda cosa è successo negli anni ‘90
Dopo il sanguinoso attacco a sorpresa di Hamas lanciato lo scorso 7 ottobre, è ovvio aspettarsi una reazione da parte delle forze armate israeliane. Questa reazione ha alla base sia motivi politici che militari. Ma si deve stare attenti a come strutturarla, o si rischia di commettere errori clamorosi.
A lanciare l’allarme è David Petraeus, ex direttore della Central Intelligence Agency nonché ex comandante dell’esercito statunitense in teatri come l’Iraq e l’Afghanistan, oltre che autore del “Field Manual 3-24: The US Army/Marine Corps Counterinsurgency Field Manual”, durante un’intervista rilasciata a Politico.
Il militare americano sottolinea i fattori che rendono difficile l’operazione militare su larga scala contro Hamas, operazione che nonostante i dubbi espressi dalle stesse Israeli Defense Forces viene considerata come inevitabile da altri due ex-direttori della Cia, Michael Morell e John Brennan. Il gruppo terroristico palestinese non impiega uniformi, e può mescolarsi facilmente trai civili, che nonostante i tentativi di evacuazione rimarranno comunque a centinaia di migliaia; ci sono ancora quasi 200 ostaggi israeliani, di cui il governo di Tel Aviv è decisamente intenzionato a tutelare l’indennità; le strutture nevralgiche di Hamas come Quartieri Generali e centri logistici sono nascosti sotto bersagli di carattere umanitario, come ad esempio gli ospedali.
Inoltre, gli scontri avverranno in un teatro urbano, dove le forze palestinesi potranno mettere a frutto la creatività (e il supporto di Teheran, che indirettamente c’è sicuramente stato) che hanno dimostrato di avere nella realizzazione dell’attacco, ricorrendo ad espedienti tattici come attentatori kamikaze, imboscate, trappole esplosive e dispositivi esplosivi improvvisati. Petraeus non esita a dire che, se non approcciata nel modo giusto, l’operazione su Gaza potrebbe facilmente trasformarsi in una “Mogadiscio con gli steroidi”.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato di voler “distruggere Hamas”, prosegue il generale a quattro stellette, un intento che sul piano militare si traduce nell’incapacitare il gruppo avversario a portare avanti i suoi obiettivi senza prima perfezionare un processo di ricostituzione, ovvero eliminando le sue gerarchie e distruggendo fisicamente centri di comando e riserve logistiche.
E per fare ciò in un ambiente urbano è necessario prepararsi a duri scontri casa per casa, piano per piano, stanza per stanza. Ma anche cantine e tunnel. E dopo aver occupato queste posizioni, dispiegare lì delle truppe per evitare che esse vengano rioccupate dal nemico. È necessario un approccio sistemico e capillare. E c’è comunque la concreta possibilità, ammonisce Petraeus, che Hamas riesca comunque a riorganizzarsi comunque, esattamente come già fatto in passato.
Per il militare statunitense la soluzione “Two States” rimane comunque la migliore, perché è l’unica che nel medio-lungo periodo permetterebbe di raggiungere una stabilizzazione altrimenti inarrivabile.
Infine, alla domanda sul possibile prolungarsi del conflitto in Ucraina, Petraeus continua ammette che è una possibilità, ma che è difficile prevederlo adesso. Quello ucraino è un conflitto motlo particolare, afferma il generale, perché “a caratteri tipici del passato come le trinceee si mischiano elementi contemporanei come i droni e l’utilizzo dei social media. È Niente di nuovo sul fronte occidentale che incontra Blade Runner”.