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Dall’immigrazione all’economia. Diagnosi e prognosi per l’Italia

Se il governo non affronta questi problemi certo avrà difficoltà che potranno scuotere e farlo cadere. Il problema allora non sarà una maggioranza alternativa o meno, ma la crisi profonda della preparazione intellettuale della rappresentanza democratica. Il commento di Francesco Sisci

In tutte le questioni ci sono i problemi e poi, separatamente, le loro soluzioni. Occorre sempre separare i due momenti perché altrimenti non si arriverà mai a una soluzione duratura. È come quando vai da un medico, c’è la diagnosi e la prognosi. Ma se la diagnosi è sbagliata, la prognosi lo sarà necessariamente. Se la diagnosi è giusta la cura può essere sbagliata, ma almeno poi se ne prova un’altra fino a imbroccare quella giusta. Quindi prima la diagnosi e poi, solo dopo, la prognosi.

Diagnosi sull’emigrazione

Il punto di arrivo della migrazione, il tratto tra la costa tunisina e l’isola di Lampedusa, è di appena 110 km. Con il mare calmo e un motoscafo potente la distanza si copre in un paio d’ore. Se la nave è vecchia e ci sono le onde, ci vorrà qualche ora in più, ma non è un percorso impossibile. Il tempo è molto di meno se c’è una nave di soccorso che raccoglie i disgraziati in mezzo all’acqua. Impossibile invece, proprio per la vicinanza, fermare navi o canotti in mezzo allo stretto senza rischiare il massacro.

Una cosa molto diversa è la situazione dal punto di partenza. L’autostrada che va dalla Nigeria all’Algeria è lunga 4500 km, solo in parte è asfaltata. In più periodi dell’anno è sepolta dalla sabbia. È la strada più nota, dove è più facile essere fermati. Se la si vuole evitare ci sono antichi sentieri e piste che tagliano il deserto. Da qui passano i camion che portano i migranti verso la Tunisia o la Libia.

È un viaggio che dura molti giorni e a volte mesi. Ci sono le soste nelle oasi, nei villaggi ai bordi della savana. Bisogna prepararsi bene, conoscere i punti di rifornimento, prendere acqua, raccogliere il cibo, fare i propri bisogni. È una zona immensa, più grande di tutta l’Europa dove non si sa nemmeno quante persone abitano.

I governi hanno poteri spesso solo nominali. Qui per decenni dominava la legione straniera. Garantiva la sicurezza in sostanza all’Europa e a quei deboli stati africani coi confini disegnati con la squadra su un pezzo di carta. Da qualche anno però, per vari motivi, la legione non riesce a controllare la zona. Al suo posto sono arrivate le milizie che si dicono estremiste islamiche, e che in realtà hanno ripreso una tradizione secolare di banditismo. Ora usano camionette al posto di cammelli e mitragliatori al posto di scimitarre.

Più recentemente nella zona sono arrivati anche i mercenari russi della Wagner che hanno aiutato, assoldato, addestrato i nuovi predoni. Oggi sono anche loro a regolare il flusso di migranti che arriva alle sponde del Mediterraneo. Se c’è un complotto per sopraffare l’Italia con i migranti sono loro, i sedicenti radicali islamici predoni e i loro alleati russi che regolano i flussi.

Questo è un problema annoso, che si risolverebbe con lo sviluppo del continente e una ripresa del controllo delle rotte sahariane. Ciò si può avere con una grande e generosa politica comune europea e l’invio di un solido contingente militare nella zona.

A fronte della complessità della cosa, e della sospetta manina russa nella vicenda, diventa singolare che molti dei partiti europei che mettono il megafono sull’immigrazione sono anche filo russi. Inoltre la Ue vuole l’esercito europeo ma nessun Paese, tranne la Francia, parla di mandare in Africa 50 mila uomini a normalizzare la situazione.
Quindi c’è un’ombra russa nell’arrivo dei migranti, un’ombra russa nel megafono europeo sull’immigrazione, e poi nessuno vuole spedizioni Ue in Africa. Così la Ue rischia di spaccarsi e quello che al presidente russo Vladimir Putin non è riuscito con l’Ucraina, disintegrare l’Europa, sembra riuscire usando gli immigrati.

Prognosi

Cercare di gestire al meglio l’emergenza, preparare un piano a lungo termine (non solo italiano) per l’Africa; mettere la sordina al fenomeno perché a gridare si fa solo un favore a Putin che soffia sul fuoco dei problemi europei e interni di ciascun Paese Ue.

Diagnosi dell’economia

L’inflazione, facendo aumentare gli interessi sul debito, sta peggiorando i conti dell’Italia. La recessione incalza, il Pnrr fa fatica ad essere applicato sia nella parte dei finanziamenti che nella parte più importante di liberalizzazioni. Aumenta l’incredulità interna e internazionale che i 50 miliardi all’anno del Pnrr per quattro anni arriveranno mai, mentre quest’anno l’Italia potrebbe pagare decine di miliardi in più di interessi.

Si allarga quindi il timore che le agenzie abbassino il rating dell’Italia, cosa che farebbe aumentare ancora gli interessi e spingerebbe sullo spread. Se la spirale si innesca diventa una profezia che si autoavvera: diventa sicuro scommettere contro l’Italia e quindi tutti lo fanno. Qui lanciare privatizzazioni per fare cassa che porterebbero a casa 20 miliardi, un decimo del Pnrr e una frazione degli interessi sul debito, sarebbe estremamente controverso. Le privatizzazioni vanno fatte per portare efficienza all’economia. Se si vende per ritardare il fallimento non funziona.

Prognosi

Spingere sul Pnrr e sulle liberalizzazioni in ogni modo per dare un segnale positivo ai mercati. Approvare procedure d’urgenza, concordate con la Ue, per l’apertura dei cantieri creerebbe un’onda positiva nel Paese. La battaglia durissima contro il sindacato di 180mila di minatori nel Regno Unito tra il 1984-85 creò la Thatcher. I tassisti e gli spiaggisti, che si oppongono alle liberalizzazioni in Italia oggi, sono molto meno. Nel lungo termine occorre liberalizzare e sburocratizzare il paese. L’Italia è piena di forze economiche vitali che non possono esprimersi per l’eccesso di burocrazia.

Conclusioni

Il governo forse non riuscirà ad applicare le prognosi perché intrappolato e condizionato al suo interno. La Lega di Matteo Salvini ha interesse suo a gonfiare la questione dei migranti; tassisti e spiaggisti hanno lobby forti dentro il governo.

Se il governo però non affronta questi problemi certo avrà difficoltà che potranno scuotere e farlo cadere. Il problema allora non sarà una maggioranza alternativa o meno, ma la crisi profonda della preparazione intellettuale della rappresentanza democratica. Il governo eletto a larga maggioranza aveva ben chiaro un anno fa la diagnosi dei problemi e le prognosi ma ha deciso, per sue logiche, di ignorarle. Né l’opposizione di Giuseppe Conte o Elly Schlein ha posto con drammaticità il problema. Questa la crisi più profonda della politica italiana che dovrebbe essere affrontata con urgenza dal Paese.

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