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Tra Quint e Egitto. La diplomazia italiana al lavoro sulla crisi in Medio Oriente

Dopo l’attacco di Hamas “i timori di un’escalation” del conflitto “ci sono” ma “stiamo lavorando per impedire che ciò avvenga”, ha spiegato il ministro Tajani che nei prossimi giorni sarà in Egitto. L’auspicio di Roma è che Il Cairo possa istituire corridoi umanitari per la liberazione dei prigionieri detenuti a Gaza, in particolare bambini, donne e anziani

Dopo l’attacco di Hamas contro Israele “i timori di un’escalation” del conflitto in altre zone del Medio Oriente “ci sono” ma “stiamo lavorando per impedire che ciò avvenga”. Così Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, è intervenuto a “24 Mattino” su Radio 24. “Stiamo sostenendo le iniziative di Egitto, Giordania e Arabia Saudita per evitare un allargamento al di la dei confini di Israele e Palestina. Stiamo guardando con preoccupazione a ciò che succede in Libano ma non ci sono segnali di attacco da lì”, ah spiegato ancora Tajani, a cui i partiti di maggioranza e opposizione hanno chiesto un’informativa urgente al Parlamento. L’Italia, ha aggiunto, “sta lavorando con Francia, Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna, fermo restando il diritto di Israele a difendersi visto che ha subito un attacco disumano contro la popolazione e non solo contro i militari”.

IL RIENTRO DEGLI ITALIANI

“Seguiamo minuto per minuto la situazione dei nostri connazionali, con l’ambasciata italiana a Tel Aviv, con la nostra unità di crisi al ministero degli Esteri, alcuni stanno già rientrando. Stiamo facendo tutto il possibile per metterli in sicurezza”, ha spiegato Tajani alla radio RTL 102.5. “Stanno già rientrando da Israele i primi italiani con voli della compagnia aerea El Al e stiamo facendo comunque di tutto per metterli in sicurezza”, ha dichiarato ancora. Inoltre, ha ribadito che “non ci sono notizie negative” sugli italiani in Israele.

LA SITUAZIONE NELLA REGIONE

“Hamas non vuole nessun tipo di dialogo e vuole allontanare il mondo arabo da Israele”, ha detto poi Tajani rispondendo a una domanda sul fatto se l’attacco di Hamas punti a raffreddare la ripresa delle relazioni tra Israele e mondo arabo, in particolare l’Arabia Saudita. “Gli accordi di Abramo”, ha osservato, “puntano alla pace. Sono Stato in Arabia [Saudita] pochi giorni fa e Riad non vuole certamente la guerra, dialoga con Israele”. Hamas, secondo Tajani, “vuole dividere Israele da questi Paesi arabi con cui c’è dialogo e vuole accendere lo scontro pensando di avere il sostegno dell’Iran”. Al momento “non ci sono prove di un’organizzazione dell’attacco da parte iraniana ma certamente non piacciono i festeggiamenti in parlamento a Teheran dopo l’aggressione da parte di Hamas. Dobbiamo lavorare per la pace ma nessuno po’ pensare di cancellare Israele dalla carta geografica”.

LE TELEFONATE

Tajani ha parlato in questi giorni con il segretario di Stato americano Antony Blinken e gli altri membri del Quintetto (Francia, Germania, Regno Unito e Unione europea), sottolineando la necessità di lavorare in stretto coordinamento per favorire una de-escalation e impedire che il conflitto si estenda nella regione, aggiungendo che “in ogni caso Israele ha diritto a difendersi. Un concetto , si legge in una nota della Farnesina, ribadito nel contatto telefonico con il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen cui è stata espressa la piena solidarietà del governo italiano e la più ferma condanna dell’aggressione. Tajani ha poi condiviso con l’omologo egiziano Sameh Shoukry il sostegno a tutte le iniziative diplomatiche di mediazione, riconoscendo un ruolo primario del Cairo in tal senso, auspicando la possibile istituzione di corridoi umanitari per la liberazione dei prigionieri detenuti a Gaza, in particolare bambini, donne e anziani. Proprio per proseguire l’azione diplomatica di dialogo con tutti i partner della Regione mediterranea e medio-orientale, il ministro si recherà in Egitto mercoledì e giovedì per incontrare le massime autorità del Paese. Sulla stessa linea la conversazione avuta con Ayman Safadi, vice primo ministro e ministro degli Esteri della Giordania, un Paese che può svolgere un ruolo fondamentale nell’opera di contenimento del conflitto.

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