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Robot, droni e guerra asimmetrica. L’impatto tecnologico nel conflitto israelo-palestinese

Hamas ha dimostrato di saper fare un uso sapiente dei versatili sistemi unmanned, che sono stati fondamentali nella realizzazione della sua operazione contro Israele. Probabilmente grazie anche grazie ad un aiuto esterno. E probabilmente anche le Idf faranno lo stesso

L’evolversi della situazione all’interno del conflitto israelo-palestinese lascia presumere che una delle componenti principali dell’offensiva israeliana su Gaza sarà quella unmanned. Le rinomate capacità high-tech di cui dispongono le Israeli Defence Forces (Idf) lasciano pensare a un utilizzo combinato di operazione di guerra cibernetica e di droni ad alta tecnologia per realizzare attacchi chirurgici ai danni di bersagli di Hamas, cercando in questo modo di limitare i danni collaterali.

Durante un’esercitazione svoltasi l’anno scorso, all’interno della Conferenza internazionale sull’innovazione militare promossa proprio dalle Idf, gli apparecchi in forza ad Israele sono stati attrezzati per catturare anche i dati personali dai telefoni cellulari nelle vicinanze, consentendo agli ufficiali dell’intelligence israeliana di determinare rapidamente al tracciamento dei target. Per poi inviare robot da combattimento a terra e altri droni da ricognizione, tutto prima di mandare una squadra in carne e ossa sul campo di combattimento. D’altronde, già dal 2021 le Idf avevano impiegato in modo strutturato i propri droni per realizzare operazioni di carattere militare su Gaza.

Gli Unmanned Aerial Systems, nome tecnico dei droni, sono destinati a giocare un ruolo principe negli scontri iniziati lo scorso sabato 7 ottobre. E in parte l’hanno già fatto. Gli esperti sottolineano infatti come Hamas abbia utilizzato le capacità unmanned a sua disposizione in modo estremamente sofisticato. Secondo il gruppo di analisi Dronesec, sin dall’inizio dell’attacco, il gruppo armato palestinese ha usato piccoli droni commerciali per lanciare granate su carri armati, ambulanze, posti di confine e, soprattutto, torri di comunicazione, al fine di facilitare le loro operazioni cinetiche. Inoltre, Hamas avrebbe dimostrato di sapere come configurare le impostazioni dei droni commerciali Dji Phantom al fine di neutralizzare l’eventuale impiego di contromisure elettroniche.

Anche in questo, si impara dalle lezioni della guerra in Ucraina. Sia le forze ucraine che quelle russe hanno infatti utilizzato tattiche simili nel contesto dei combattimenti nell’Europa Orientale. Ma gli osservatori sono comunque rimasti colpiti dalla capacità di Hamas di realizzare un’azione così efficace sia dal punto di vista dell’elusione delle difese nemiche che da quello dell’ingaggio dei bersagli prescelti.

Secondo Dmitri Alperovitch, fondatore del Silverado Policy Accelerator, “l’intelligence era così buona da indicare un’inaspettata capacità di cyberspionaggio”, rimarcando anche come gli eventi a cui abbiamo assistito indichino che Hamas abbia avuto accesso ad informazioni eccezionalmente precise sull’ubicazione delle basi segrete israeliane e sulle loro capacità di comunicazione.

“Sapevano esattamente dove andare […] Sapevano dove si trovavano i nodi di comunicazione critici che sono stati in grado di distruggere con droni e altri attacchi cinetici per cercare di ostacolare la risposta. Quindi non sappiamo quanto possa aver influito la cibernetica. Ma sappiamo che Hamas e altre organizzazioni terroristiche come Hezbollah hanno avuto capacità significative. È abbastanza probabile, credo, che il cyber abbia giocato almeno un ruolo nel lavoro di preparazione per un’operazione che probabilmente ha richiesto anni di pianificazione”, spiega Alperovitch.

Inoltre, Hamas si è dimostrata abile nello sfruttare le limitazioni di carattere fisico legate alla sorveglianza satellitare di Washington, che non è riuscita a cogliere i segnali dell’offensiva imminente.

Fattori che rafforzano il sospetto di un coinvolgimento di Teheran nella preparazione dell’attacco. Hamas non è mai stato noto per disporre di capacità militari molto sviluppate, né sul piano dottrinario né su quello tecnologico. Mentre l’alta sofisticazione delle operazioni messe in atto nelle scorse settimane dimostra che il gruppo terroristico abbia avuto in qualche modo accesso a simili capacità.

Capacità impiegate anche nei recenti attacchi unmanned portati avanti contro tre basi americane al confine siro-iracheno, probabilmente dalle milizie anti-occidentali presenti sul territorio e notoriamente sostenute dall’Iran. Anche in questo caso i droni sono riusciti ad eludere i complessi sistemi di rilevamento statunitensi e a colpire il bersaglio, seppur infliggendo danni marginali.

Piccoli ma rilevanti esempi che suggeriscono come anche nel teatro mediorientale l’utilizzo dei droni nelle loro varie funzioni sarà fondamentale nella prosecuzione del conflitto asimmetrico attualmente in corso.


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