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Gli Usa eleggono lo Speaker. Ordine interno contro il caos globale

La scelta di Mike Johnson segue necessità strategiche per l’America: rispondere alle sfide poste dalle crisi internazionali con un ordine tra le proprie istituzioni democratiche

L’elezione di Mike Johnson, repubblicano della Louisiana e “New Maga’s man” per dirla come Axios, a Speaker della Camera ha rimesso ordine — almeno nella formalità istituzionale — al processo politico americano. Negli ultimi giorni era infatti clamorosa la discrepanza tra l’attività dell’amministrazione sul piano internazionale e quella della politica politicante a Capitol Hill.

In meno di un mese, se non fosse stata presa una decisone dalla maggioranza repubblicana alla camera bassa, il governo degli Stati Uniti sarebbe andato incontro a uno shutdown. E per ironia tragica della sorte, la paralisi istituzionale si sarebbe verificata il 17 novembre, ossia nei giorni in cui il leader cinese Xi Jinping, alla guida di quella che il Pentagono definisce senza mezzi termini “la principale sfida alla Sicurezza” dell’America, era a San Francisco in un occasione dell’Apec e potenzialmente per un incontro con Joe Biden.

La decisione era necessaria, la responsabilità richiesta anche perché in questo stesso tempo, Israele, uno stretto alleato strategico degli Stati Uniti tra i simboli della potenza americana nel mondo, ha subito un attacco terroristico senza precedenti, segnando il giorno più letale per il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto. Nel frattempo, sostenuta da Iran, Cina e Corea del Nord, la Russia persiste nella sua aggressione criminale contro l’Ucraina. E ancora: la minaccia militare della Cina a Taiwan e alla libertà delle nazioni della regione indo-pacifica si sta intensificando, con il presidente statunitense costretto a ricordare il trattato di mutua difesa con le Filippine davanti alle coercizioni cinesi contro Manila.

Mentre l’America e i suoi alleati sono alle prese con queste crisi, il Congresso degli Stati Uniti si era bloccato. Era dunque giunto il momento che i leader del parlamento trovassero una soluzione — accettabile da entrambe le parti e dalle fazioni interne — per ristabilire l’ordine nella Camera dei Rappresentanti.

Erano passate tre settimane da quando Kevin McCarthy aveva lasciato la carica di presidente della Camera. Il Partito Repubblicano si è mostrato diviso, impreparato alla risposta “di governo” (anche solo parlamentare) richiesta. Ma d’altronde, se non fosse il contesto globale che richiede responsabilità oltre al gioco politico, la divisone sarebbe più comprensibile: le diversità tra i repubblicani comprendono anche i posizionamenti per la fase elettorale che si sta aprendo verso Usa2024.

La scelta di un nome che ha superato i veti non è detto che sia stata effettuata perché realmente in grado di obliterare quei veti e quelle differenze. Ma l’America ha risposto al mondo che la osservava. La settimana scorsa il presidente Biden si è rivolto alla nazione dallo Studio Ovale: ha sottolineato la minaccia alla democrazia in Europa e alla stabilità in Medio Oriente (dove sotto attacco è finita una democrazia); ha dichiarato la sua intenzione di presentare al Congresso una richiesta urgente di finanziamenti supplementari per sostenere l’Ucraina nella sua lotta critica contro la Russia, di Israele nella difesa della propria  identità e dinTaiwan di fronte a una Cina assertiva. Il Congresso deve essere pronto ad agire per permettere l’implementazione legislativa di tali iniziative (senza forzature presidenziali, dando quindi simbolo di unità di intenti su certe necessità strategiche della super potenza).

All’interno del gruppo repubblicano al Congresso e tra gli stakeholder esterni al parlamento si è trovato il compromesso (sulla sensazione quanto possibilità che esso sia al ribasso si vedrà nelle prossime settimane o mesi). La Camera aveva bisogno di un presidente, e per questo i più coscienziosi e attenti alla sicurezza nazionale hanno scelto di collaborare con il caucus democratico per identificare un candidato accettabile in grado di condividere certe priorità, scegliendone uno con un track record parlamentare simili al predecessore (elemento che non rassicura in assoluto).

L’obiettivo, raggiunto, era quello di facilitare l’azione su un’agenda legislativa cruciale per il funzionamento del governo degli Stati Uniti, chiamati a votare leggi vitali per la stabilità e la difesa nazionale, ma anche per la sicurezza globale. Un Congresso funzionale è essenziale per la presidenza e per affermare il ruolo di leadership globale dell’America. Considerazioni a cui comunque va sempre aggiunto il contesto, con una campagna elettorale che si preannuncia dura e complessa.

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