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A cosa serve la nuova portaerei indiana da 5 miliardi di dollari

Una nuova portaerei servirà all’India per contenere l’espansione cinese. L’Indo Pacifico è un ambiente geopolitico talassocratico, e New Delhi è circondata dal mare

Con una mossa strategica per rafforzare le proprie capacità navali e contrastare la crescente influenza della Cina, l’India sarebbe pronta ad aggiungere una portaerei da 5 miliardi di dollari alla propria flotta. Il Consiglio per le acquisizioni della Difesa, guidato dal ministro della Difesa Rajnath Singh, dovrebbe approvare l’acquisto della seconda portaerei nazionale del Paese, e ratificare così nei prossimi giorni una decisione — finora annunciata da Bloomberg e non ufficializzata — che sarà tra quelle che marchiano la percezione e il comportamento da potenza che New Delhi ha e dà di sé.

Questa nuova portaerei, che secondo le informazioni sarà in grado di ospitare almeno 28 jet da combattimento ed elicotteri, dovrebbe avere un dislocamento di 45.000 tonnellate e sarà la casa galleggiante dei jet francesi Rafale indiani. Da notare che la prima portaerei del Subcontinente, la INS Vikramaditya, è stata commissionata appena l’anno scorso ai cantieri Cochin Shipyard Ltd. Nel giro di dodici mesi arriverebbe già la seconda commessa?

La decisione di espandere la flotta è vista come una dimostrazione di volontà dell’India di essere coinvolta nelle dinamiche dell’Indo Pacifico, regione in cui la geopolitica marittima guida i rapporti di forza secondo modernizzati principi di talassocrazia. Nel momento in cui la componente navale dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese, la più grande marina del mondo con 370 navi e sottomarini, prepara una crescente presenza nella regione, è del tutto logico che New Delhi non stia a guardare.

Lo sviluppo di un nuovo gruppo da battaglia non solo rafforzerebbe le capacità marittime dell’India, ma fornirebbe anche alla nazione la capacità di esercitare un’influenza continua su un’area estesa dove Pechino accresce le proprie ambizioni (vedere per esempio ciò che accade nel Golfo del Bengala).

La marina del Subcontinente

Con il progetto di mettere in servizio 160 navi da guerra entro il 2030 e 175 entro il 2035, per un costo stimato di 2.000 miliardi di rupie, l’India sta rispondendo attivamente alle preoccupazioni per l’espansione della potenza navale cinese. E soprattutto sta portando avanti il desiderio strategico di essere autonoma e sovrana.

Nonostante Stati Uniti, Giappone e Australia — le altre componenti del dialogo di sicurezza a quattro noto come “Quad” — siano presenti nella regione, New Delhi vuole uno spazio più proattivo in modo da poter gestire indipendentemente la propria sicurezza. Oltre 60 navi della Marina indiana attualmente in varie fasi di costruzione sono testimonianza di questa sostanziale espansione e volontà strategica. D’altronde, il Subcontinente è circondato dal mare e nel mare torna proiezione strategica diretta.

Non a caso, oltre a questi sforzi, l’India ha potenziato le piste di atterraggio delle isole Andamane e Nicobare, consentendo agli aerei di operare durante le ore notturne. Questa decisione mira a migliorare la sorveglianza degli stretti d’acqua critici di Malacca, Sunda e Lombok nell’Oceano Indiano meridionale. Regione vitale per la sicurezza marittima globale e storicamente parte dell’impegno talassocratico indiano.

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