Il documento informale è stato visionato da Reuters e si basa su un principio diverso rispetto a quello che ha in mente Bruxelles. Niente classificazione in base al rischio, perché saranno gli sviluppatori a fornire schede tecniche sugli strumenti tech. Il principio è di governare l’applicazione e non l’IA in quanto tale
Una spinta affinché l’Europa si doti di una regolamentazione sull’Intelligenza artificiale potrebbe arrivare dall’intesa raggiunta da Francia, Italia e Germania su come questa dovrebbe essere strutturata. “I rischi intrinseci risiedono nell’applicazione dei sistemi di IA piuttosto che nella tecnologia stessa”, si legge nel documento informale visionato da Reuters con cui i tre paesi sono a favore di una “autoregolamentazione obbligatoria attraverso codici di condotta”, senza tuttavia sconfinare in “norme non testate”. Ciò che sostengono sono impegni volontari ma vincolanti per tutti i fornitori, contrariamente all’indicazione partorita dal Parlamento europeo che vorrebbe imporli solo a quelli statunitensi, ma evitando sanzioni – almeno in fase iniziale.
La proposta è quindi di far sì che siano gli sviluppatori dei modelli di fondazione a definire le schede modello, ovvero una documentazione contenente tutte le informazioni sullo strumento così che chi ne entra in possesso sappia cosa ha tra le mani. “La definizione di schede modello e la loro disponibilità per ogni modello di fondazione costituisce l’elemento obbligatorio di questa autoregolamentazione” scrivono i tre partner, mettendo in evidenza come le suddette schede dovranno spiegare le capacità e i limiti del modello, basandosi sulle migliori pratiche.
Il principio alla base dell’intesa non è dunque quello di regolare l’intelligenza artificiale in quanto tale, ma la sua applicazione. Commissione, Parlamento e Consiglio europeo si trovano di fronte a momento decisivo, durante cui bisognerà arrivare a una conclusione sull’IA Act. Il trilogo, come viene chiamato il negoziato tra le tre istituzioni, è cominciato lo scorso 24 ottobre e dalle discussioni dovrebbe emergere una legge complessiva. L’approccio, già pensato per il Digital Markets Act e il Digital Services Act, è quello di suddividere la regolamentazione in base al rischio, prevedendo regole più intransigenti per coloro che hanno un impatto più forte e generale sulla società.
Ciononostante, nel bel mezzo di un vertice tra i vari ministri di un paio di settimane fa, si è consumato uno strappo: alcuni Stati si sono opposti a qualsiasi tipo di regolamentazione dei modelli di formazione, tra cui proprio Francia, Italia e Germania pressate dalle varie aziende tecnologiche nazionali che temono di venire sfavorite rispetto alle concorrenti americane e cinesi. La riunione si è conclusa con due ore di anticipo, dando un segnale poco incoraggiante sul buon esito delle trattative. Il pericolo è che un’eccessiva regolamentazione possa soffocare il settore. Questa è almeno l’idea di diversi membri dell’Unione europea, che potrebbe far naufragare l’intero accordo.
Dall’intesa tre, targata Parigi, Roma e Berlino, potrebbe dunque giungere un impulso a mettersi d’accordo. La sottosegretaria di Stato per il ministero dell’Economia, Franziska Brantner, ha dichiarato alla Reuters che “abbiamo sviluppato una proposta che può garantire un equilibrio tra i due obiettivi in un terreno tecnologico e giuridico che non è stato ancora definito”. Mettendo così in risalto i benefici dell’IA e abbattendo i suoi rischi. Le ha fatto seguito il ministro degli Affari digitali, Volker Wissing, secondo cui “dobbiamo regolamentare le applicazioni e non la tecnologia se vogliamo giocare nella massima lega mondiale dell’intelligenza artificiale”.
Il monito all’Europa arriva dunque in modo netto e chiaro. Mentre a Bruxelles ci si arrovella sulla questione, l’assist su come scioglierla potrebbe essere quello dei tre paesi membri con più peso. Dalla riunione che si terrà oggi e domani in Turingia e dall’incontro previsto per mercoledì tra il governo tedesco e quello italiano – che ha messo l’IA in cima all’agenda del G7 – potrebbero uscire maggiori dettagli dell’accordo che, comunque vada a finire, è un segnale importante che arriva all’Europa e che la presidenza spagnola dovrà raccogliere.