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Vi spiego perché l’alleanza Ecr-Ppe farà bene all’Ue. Parla Fiocchi (FdI)

Conversazione con l’europarlamentare conservatore lecchese: “La Commissione procede in ordine sparso e impone una serie di regole e poi dopo si contraddice su altri regolamenti. Ciò va a scapito degli allevatori, degli agricoltori, degli imprenditori ma soprattutto genera una serie di confusione di costi burocratici che poi si scaricano sull’utente finale in termini di costi aggiuntivi”

Ci sono regole e impianti normativi che, se cambiati spesso, confondono cittadini e imprese, spiega a Formiche.net l’europarlamentare di FdI-Ecr Pietro Fiocchi, componente della commissione Envi, manager lecchese, secondo cui l’occasione della svolta è rappresentata dalle prossime elezioni europee. Una eventuale alleanza Ppe-Ecr farebbe bene a procedimenti che invece oggi necessitano di un accoro preventivo tra 3 o 4 gruppi. E su Giorgia Meloni possibile capolista osserva che sarebbe “molto trainante sui voti”.

A favore dell’ambiente ma non a discapito dell’agricoltura: come trovare la quadra?

Offro una risposta filosofica, citando Roger Scruton, secondo cui il conservatore è colui che vuole preservare le cose buone nella vita, perché se le distruggiamo è difficilissimo poi rimetterle a posto. Osservo un approccio da parte della Commissione in alcuni casi contraddittorio, nel senso che impone una serie di regole salvo indicare una direzione opposta su altri regolamenti. In questo modo si crea una gran confusione: agricoltori, imprenditori e cittadini comuni non sanno più su cosa devono fare e come devono farlo. Ma non è tutto.

Ovvero?

Porto l’esempio del regolamento imballaggi, con il quale vogliono ridurre la quantità di materiale usato e poi nel dossier sull’etichettatura vogliono imporre caratteri più grandi e tutta una serie di informazioni aggiuntive tra cui il benessere animale, il rilascio della CO2 durante la produzione, la classificazione di tutti gli eventi chimici nel prodotto venduto, il tutto nella lingua del Paese dove si esporta. Altri invece vorrebbero un’etichetta grande come l’enciclopedia Treccani. Occorre fare maggiore chiarezza avendo ben presenti quali siano le finalità in particolare sull’agricoltura, per non generare confusione e maggiori costi burocratici che vanno a discapito degli utenti finali.

Buttare via gli imballaggi riciclati e sostituirli col vuoto a rendere, lei l’ha definito il delirio verde europeo: perché?

È l’ultima follia green dell’Europa che così si allontana sempre di più dai cittadini e dalle imprese. Dopo aver investito molti anni nell’educare il cittadino nell’utilizzo della differenziata, improvvisamente si cambiano le regole e questo è veramente problematico da spiegare. Un’altra osservazione che muovo alla Commissione è che se da un lato ci sono esempi virtuosi come Italia e Belgio nel riciclo, dall’altro ci sono paesi che non hanno fatto nulla, quindi non capisco perché le istituzioni europee facciano finta di niente. In Italia abbiamo perfezionato un sistema virtuoso per il riciclo, con una filiera incredibile da 5000 posti di lavoro, fatturati di parecchi miliardi e adesso improvvisamente non va più bene.

Un altro versante strategico per l’Italia è quello del dissesto idrogeologico: perché ha detto che molti Stati europei ignorano questo fenomeno?

Sono stato relatore ombra proprio sul meccanismo di protezione civile e c’è stata una discussione accesa tra i vari paesi, più che tra forze politiche, perché io insistevo nel prevedere al suo interno il concetto di rischio idrogeologico. Ma numerosi stati nordici, in primis la Germania, asserivano che fosse solo un problema italiano. Poco dopo si è purtroppo verificato un disastro nel nord della Germania con l’esondazione di un fiume che ha causato parecchi morti e distruzioni importanti. Indovini quale è stato il primo gruppo di protezione civile estero a portare soccorso? Quello italiano.

Cosa è accaduto in seguito?

A quel punto i tedeschi mi hanno detto che avevo avuto ragione a voler inserire il rischio idrogeologico nel meccanismo di protezione civile unionale. Dopo quel tragico evento siamo allineati su questo fronte, perchè a seguito del cambiamento climatico e con piogge torrenziali improvvise, è necessario rivedere tutto il territorio e metterlo in sicurezza in maniera diversa rispetto al passato.

Da uomo delle imprese e da manager, quale è stato il suo approccio al Parlamento europeo? Dove non funziona questa Europa e come migliorarla dall’interno?

Il Parlamento europeo ha un peso crescente in queste decisioni, ma spesso non basta. Anche per quanto riguarda il lavoro parlamentare il mio è un approccio manageriale anche un po’ stakanovista, perché lavoriamo su moltissimi dossier ed è un lavoro estremamente tecnico, in cui si cerca di raggiungere la soluzione dopo aver parlato con tutti gli stakeholders, produttori, utenti e decisori.

Quali gli obiettivi di FdI alle prossime europee? Giorgia Meloni sarà capolista?

La possibile candidatura di Giorgia Meloni come capolista è una decisione non ancora presa. Non vi è dubbio che sicuramente Giorgia Meloni è molto trainante sui voti. Parlando però più specificatamente dell’Europa sono molto interessato alle strategie complessive post voto, ovvero alla possibilità per il centrodestra di realizzare un’alleanza tra Ecr e Ppe. Non nascondo che in quella circostanza sarebbe molto più facile gestire una serie di questioni rispetto a quanto accade oggi. Le indicazioni sono positive, ma i numeri li vedremo evidentemente il nove di giugno.



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