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Tutti i margini del Summit Apec di San Francisco. L’analisi di D’Anna

L’attenzione diplomatica internazionale, degli esperti di strategie politico militari e dei media è concentrata sul complesso contesto del colloquio a San Francisco fra Biden e XI Jinping. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Giocheranno a carte scoperte. O quasi. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping si conoscono a fondo da decenni e dai rapporti aggiornati fino a mercoledì mattina delle rispettive intelligence sapranno pressappoco tutto l’uno dell’altro. Punti deboli e punti di forza.

Dalle promesse non mantenute d’appeasement economico militare fatte da Xi a Obama e Trump, all’accentuazione esponenziale dei controlli sulle aziende americane, europee ed occidentali che operano in Cina, alla ossessionante e spietata repressione di ogni pur infinitesimale forma di dissidenza interna, ai tentativi di Washington di arginare la pervasiva attività di sistematico rastrellamento di brevetti, segreti industriali, scientifici e soprattutto militari che Pechino conduce in tutto il mondo.

Apparentemente Biden parte in difficoltà. Istituzionalmente e sul piano dei rapporti internazionali gli Stati Uniti attraversano un momento delicato. L’imprevedibilità del caso Trump, con lo spettro di un suo ritorno alla Casa Bianca, la sempre più traballante candidatura di Biden alle presidenziali e la sovraesposizione delle guerre in Ucraina e Medio Oriente, lasciano trasparire le molte discrepanze di un’amministrazione che in realtà si avvale delle forti personalità del Segretario di Stato Antony Blinken, del Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, del segretario alla difesa Lloyd Austin, della Segretaria al Tesoro Janet Yellen e dei vertici della agenzie di intelligence.

XI Jinping, che nel 1985 da studente visse un’esperienza di soggiorno presso una famiglia americana nell’Iowa, torna per la terza volta negli Stati Uniti da leader assoluto della Cina. Un leader quasi imperiale, istituzionale, politico e militare praticamente a vita, ben oltre lo stesso Mao Tse-tung. Subito dopo essere stato rieletto, all’unanimità ca va sans dire, dal Congresso del Popolo Presidente della Repubblica, Segretario del Partito comunista cinese e presidente della Commissione militare centrale, XI ha cambiato dall’oggi al domani quattro ministri: Li Shangfu (Difesa), Qin Gang (Esteri), Liu Kun (Finanze) e Wang Zhigang. In particolare, secondo gli esperti di strategie politico militari, l’allontamamento del Generalissimo Li Shangfu dal vertice militare, e dei titolari degli esteri e delle finanze, potrebbe essere funzionale ad un ammorbidimento della posizione di Pechino verso gli Stati Uniti e l’Europa.

Dietro l’imperscrutabile monoliticità cinese, alla Casa Bianca conoscono nei dettagli le difficoltà del rallentamento della crescita del Pil, del calo delle esportazioni, del default della bolla immobiliare e, soprattutto, del grave problema della disoccupazione giovanile che ha raggiunto il 20%, il livello più alto dal 2018.

Anche se nelle relazioni tra Cina e Stati Uniti continuano a pesare le tensioni sulle questioni di Taiwan e del Mare Cinese Meridionale, a cui si aggiungono le divergenti visioni sullo conflitto tra Israele e Hamas, vi sono la pace e la stabilità globale sullo sfondo di San Francisco al summit dell’Apec, l’Asia-Pacific Economic Cooperation, che raggruppa le ventuno economie che si affacciano sul Pacifico.

Secondo la Fox News, il presidente americano sottolineerà l’importanza di mantenere “aperte le linee di comunicazione”, e l’incontro potrebbe determinare un allentamento delle tensioni bilaterali in un momento in cui è necessaria “un’intensa diplomazia”. L’obiettivo – aggiunge Fox News- é quello di “gestire la competizione in modo responsabile”.

Per il Washington Post, Biden e Xi parleranno di collaborazione in ambiti di reciproca preoccupazione, come i cambiamenti climatici, e dovrebbero anche affrontare i punti di disaccordo, dal conflitto in Ucraina ai diritti umani, passando per le dispute nel Mar cinese meridionale e Taiwan, dove a gennaio sono previste le elezioni presidenziali.

L’agenzia ufficiale cinese Xinhua sottolinea che la Repubblica Popolare “considererà e gestirà le sue relazioni con gli Usa in linea con i tre principi di rispetto reciproco, coesistenza pacifica e cooperazione reciprocamente vantaggiosa”. XI, scrive la Xinhua, “torna negli Usa alla ricerca della strada da seguire per i legami tesi tra le due principali economie del mondo”. Ed infatti il New York Times rivela che il presidente cinese dopo il bilaterale con Biden avrebbe in programma anche una cena privata con imprenditori americani.

La valutazione preventiva complessiva del faccia a faccia la sintetizza la Bbc: “Nessuna delle due parti si attende una qualsiasi svolta che possa costituire un reset per le relazioni, si tratterà di gestire e stabilizzare i rapporti”.

Ma non é detto che dietro le quinte del perimetro del summit, in maniera non ufficiale, non si avvii una trattativa su come conseguire interessi reciproci. Per esempio: una pace accettabile dall’Ucraina, con o senza Putin, in cambio di una inconfessabile apertura su Taiwan, a condizione di garantire all’isola cinese la stessa autonomia di cui godeva Hong Kong.

Sarebbe la conferma che la California è davvero lo Stato dove si ricomincia, come sostiene la scrittrice anglo americana di romanzi storici Tracy Chevalier.



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