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Come sarà il G7 italiano? Tajani lo spiega in Giappone

La missione del ministro degli Esteri a Tokyo per partecipare alla Ministeriale Esteri G7 è occasione non solo per distendere la strategia italiana legata all’appuntamento in Puglia del prossimo anno, ma anche per mettere a fuoco le risposte alle emergenze attuali: Gaza in testa, con il modello Unifil

Regole chiare. È questa la traccia imboccata dal governo italiano circa la centralità del G7 che il prossimo anno, come è noto, vedrà la presidenza italiana. La missione del ministro degli Esteri Antonio Tajani a Tokyo serve essenzialmente a questo, ovvero utilizzare i lavori della Ministeriale Esteri G7 sia per illustrare i capisaldi della strategia italiana legata all’appuntamento in Puglia del prossimo anno, sia per offrire un ventaglio di risposte alle emergenze attuali, come la crisi a Gaza. L’obiettivo del governo è riaffermare la centralità del G7 “difendendo i valori e i principi dell’ordine internazionale basato su regole chiare”.

Tajani da Tokyo

“L’Italia è tornata ad essere protagonista della politica internazionale, raccogliamo qui a Tokyo il testimone dal Giappone: dal 1 gennaio toccherà all’Italia guidare i Paesi occidentali, il G7. Lo faremo con grande determinazione, affrontando le grandi questioni”, ha spiegato. La situazione in Medio Oriente sarà al centro della Presidenza italiana, come dimostra ampiamente la postura che Palazzo Chigi ha intrapreso sin dal primo giorno di conflitto. Dare un contributo alla costruzione del “giorno dopo” a Gaza e proseguire nell’impegno fattivo per fornire all’Ucraina tutto il sostegno necessario. A margine della riunione ministeriale, Tajani avrà una serie di incontri bilaterali e incontrerà rappresentanti di aziende italiane che si trovano in questi giorni a Tokyo per partecipare alla XXXIII Assemblea Generale dell’Italy-Japan Business Group (IJBG).

Primo step la pace: l’Italia è pronta ad allestire un ospedale da campo e lavorerà per realizzare delle pause militari per consentire alla popolazione civile di uscire dalle aree di conflitto, “una delle ipotesi che ci sembrano ragionevoli”.

Il punto sulla situazione in Medio Oriente

L’impegno italiano, già visto in questo mese di conflitto e che verrà confermato nei prossimi mesi “targati” G7, è rivolto all’evitare un conflitto su scala regionale: per cui la road map su cui Roma lavora è perseguire la pace in Medioriente, condannando gli attacchi terroristici sferrati da Hamas. Secondo Tajani “naturalmente Hamas deve essere fuori dalla Palestina”, per questa ragione un supporto maggiore dovrebbe essere diretto all’Anp, “che può essere un interlocutore per il futuro, come lo è oggi”. In questo senso si inserisce il lavoro italiano, che parte dall’allestimento di un ospedale da campo, grazie allo sforzo del ministro della Difesa Guido Crosetto e del capo di Stato Maggiore della Difesa, per continuare poi con aiuti concreti per la “cura dei feriti, naturalmente non terroristi, nei nostri ospedali”.

Una delle ipotesi sul tavolo è quella di immaginare una fase di transizione, come quella attuata in Libano da parte dell’Unifil: strada che secondo Tajani può essere foriera di risultati, in un’ottica di ricomposizione: “Da questo punto di vista si può trovare un accordo, ne abbiamo parlato e continueremo a parlarne. L’obiettivo è la pace”.

Modello Unifil

La missione Unifil prende le sue movenze dalla Risoluzione 425 adottata del 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a seguito dell’invasione del Libano. Dopo un attacco da parte di Hezbollah alle Israeli Defence Force del 12 luglio 2006, nei pressi del villaggio israeliano di Zar’it, persero la vita otto soldati israeliani, vennero feriti in sei vennero feriti e due catturati dalle milizie. Dopo il no al rilascio da parte di Hezbollah, Tel Aviv avviò un’azione militare nel paese e per tutta risposta Hezbollah replicò attaccando infrastrutture civili israeliane nel nord di Israele. Dall’agosto 2006 un Generale Italiano è alla guida del contingente Unifil.

Dopo la crisi del 2006, ai precedenti compiti (ovvero verificare il ritiro delle truppe israeliane dal confine meridionale del Libano e assistere lo stesso governo a ristabilire la propria autorità nell’area) si sono aggiunti il sostegno alle forze armate libanesi nel dispiegamento nel sud del paese, l’assistenza umanitaria alla popolazione civile e il monitoraggio della cessazione delle ostilità nell’area compresa tra la “Blue Line” ed il fiume Litani. Con lo scoppio della crisi siriana l’azione Unifil è divenuta ancora più strategica.



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