Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, all’Onu per chiedere una riflessione sul futuro della missione Unifil, al confine tra Libano e Israele. Le attuali condizioni di sicurezza richiedono l’aggiornamento delle regole di ingaggio e della postura dei Caschi blu presenti. Senza, il senso stesso della missione è a rischio
Qualunque escalation nel sud del Libano potrebbe avere conseguenze devastanti. A lanciare l’allarme era stato, pochi giorni fa, il comandante degli oltre diecimila casci blu impegnati nella missione Onu in Libano, Unifil, il generale spagnolo Aroldo Lázaro, che aveva registrato come fosse preoccupato dell’intensificarsi degli scambi di colpi lungo la Blue line. Ed è proprio per affrontare questo tema che il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, si è recato a New York per affrontare il tema del mantenimento e delle modifiche necessarie alla missione Unifil. Il ministro aveva annunciato il suo viaggio nel corso della recente visita in Israele, durante il primo giorno di tregua tra il governo di Tel Aviv e Hamas. La visita del ministro negli States vedrà, oltre all’incontro alle Nazioni Unite, anche una serie di altri impegni istituzionali.
L’agenda nella Grande Mela
Il primo appuntamento in agenda è l’incontro con Jean-Pierre Lacroix, diplomatico francese che dal 2017 è sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le operazioni di pace. Subito dopo, a seguire, il ministro Crosetto, accompagnato dall’ambasciatore Maurizio Massari, incontrerà Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. I colloqui, ha comunicato la Difesa in una nota, offriranno un’importante opportunità per consolidare i rapporti con i vertici delle Nazioni Unite e condividere la posizione dell’Italia sui principali temi dell’agenda internazionale: dal conflitto russo-ucraino alla crisi in Medio-Oriente, da un focus sulla situazione di sicurezza di Unifil/Libano a un giro d’orizzonte sulla situazione di instabilità nel Sahel, sino al supporto alla missione Unsmil in Libia. Il ministro esprimerà inoltre il forte sostegno dell’Italia alla Ministeriale di Accra, finalizzata a rafforzare e modernizzare il Peacekeeping delle Nazioni Unite, prevista per il 5 e 6 dicembre prossimi.
Crosetto all’Onu
Gli obiettivi della visita di Crosetto al Palazzo di vetro, infatti, sono quelli di ingaggiare una serie di colloqui a livello Nazioni Unite che affrontino temi centrali per il mantenimento della missione. La postura dello schieramento presente, le regole di ingaggio, e il futuro stesso della missione. L’Italia, del resto, è il primo Paese contributore di truppe, con circa 1200 militari presenti. “Occorre che le Nazioni Unite decidano: o la missione Unifil ha ancora un senso, oppure bisogna chiedersi se ha senso mantenerla”, aveva detto il ministro nella sua visita in Israele. Anche in quell’occasione il ministro aveva espresso la richiesta che l’Onu rivedesse le regole di ingaggio, perché “le attuali non danno sicurezze ai contingenti, basta guardare la situazione e gli attacchi di ogni giorno”. “La risoluzione Onu – ha aggiunto Crosetto in Israele – prevede che nella striscia di confine tra Libano e Israele non ci siano nemici, né da una parte né dall’altra; quindi, che non ci sia una presenza israeliana che può minacciare il Libano, ma dall’altra parte ci sono presenze di Hezbollah”. Riflettendo su questo punto, in particolare, il ministro si è domandato “che senso ha mantenere una missione Onu, se non fa nulla per raggiungere l’obiettivo di quella missione?”.
Il ruolo di Unifil
La preoccupazione è che terminato il periodo di tregua il conflitto possa riprendere, e con esso il timore di spillover regionali. In questa prospettiva, naturalmente il confine con il Libano, dov’è presente il contingente di Caschi blu, è quello per il quale si teme maggiormente. Per la sicurezza dei militari, allora, è forse arrivato il tempo di rivedere il modo con cui i soldati internazionali agiscono nella regione, prevedendo un rafforzamento delle misure di sicurezza e auto-protezione. A fine ottobre, tra l’altro, Crosetto aveva visitato il contingente italiano dell’operazione Leonte XXXIV, poco dopo che un missile, deviato, aveva colpito senza nessuna conseguenza il quartier generale della missione Unifil a Naqoura, undici chilometri più a sud rispetto alla base italiana. Attualmente, i militari italiani, strutturati sulla base della brigata meccanizzata Granatieri di Sardegna, sono presenti nella base militare di Shama, nel sud del Libano, parte dello sforzo Onu per assicurare la stabilità del volatile confine con Israele.
Il contesto
La zona dove si muove Unifil è delicatissima. La fascia meridionale del Libano è controllata da Hezbollah, gruppo sciita libanese collegato a doppio filo ai Pasdaran. Sin dai primi giorni dopo il sanguinoso attentato di Hamas, Hezbollah ha preso parte agli scontri con Israele. Seppure mantenendo un livello di ingaggio a bassa intensità, il gruppo libanese ha lanciato missili contro il territorio dello stato ebraico, che ha risposto alle provocazioni. Unifil deve gestire anche certi delicati equilibri, in un contesto socio-culturale ed economico dove Hezbollah ha ancora presa sulla popolazione libanese, vessata da difficoltà di ogni genere.
Sforzo internazionale
Tra le prospettive più volte sottolineate dal ministro italiano c’è quella di una concertazione internazionale che spinga per una soluzione pacifica della crisi e che possa avviare i colloqui di pace. Argomento che tocca tanto la guerra a Gaza che la crisi regionale in corso, dice il sud del Libano è uno degli ambienti più delicati. Questo sforzo, secondo Crosetto, deve vedere il protagonismo in particolare dei Paesi arabi della regione, a partire dall’Egitto, fino al Qatar, gli Emirati e l’Arabia Saudita. In questo senso, tra l’altro, l’Italia può fare la sua parte in qualità di mediatore, grazie ai rapporti instaurati (e in alcuni casi, recentemente recuperati) con tutte queste nazioni e con gli storici rapporti di amicizia tenuti con Israele.
Gli aiuti italiani
L’Italia si sta prodigando attivamente attraverso l’invio di aiuti umanitari, in particolare attraverso la presenza di nave Vulcano, della Marina militare, con a bordo personale 170 militari, e trenta membri del personale sanitario della Marina. A questi si aggiungerà una ulteriore trentina tra medici e infermieri delle altre Forze armate. La nave è attrezzata per svolgere ogni tipo di attività medica, dalle operazioni alla diagnostica. A bordo, inoltre, saranno trasportati medicinai e aiuti destinati alla popolazione civile. L’intenzione italiana è quella di far seguire alla nave anche un ospedale da campo a terra. Come riportato dal ministero della Difesa, lo Stato maggiore sta attrezzando e coordinando l’invio di una struttura ospedaliera a terra, in accordo con i palestinesi, da impiantare sul terreno di Gaza,” vicino a dove c’è la necessità” aveva spiegato Crosetto.