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Come corrono le destre in Europa. Mappa e equilibri

Wilders in Olanda, Le Pen in Francia, AfD in Germania sono più di una spia politica. L’estrema destra cresce in tutta Europa e, di pari passo, cresce anche la responsabilità dei conservatori più moderati a che si trovi un equilibrio europeista e governista. La differenza tra tutti è che solo in Italia c’è stata una Fiuggi e FdI, dopo An, si è evoluta come “destra di governo” e non di protesta. Le europee come laboratorio di compensazione partitica o come momento di rottura?

Non solo le elezioni olandesi, ma anche quelle, rappresentano un dato costante che si è rafforzato e che oggi, alla vigilia di una tornata elettorale europea quantomai significativa, è foriero di analisi per capire chi potrà determinare nuovi scenari e come potranno essere declinati (anche in base ai singoli protagonisti). Due gli elementi su cui riflettere e che, gioco forza, saranno idealmente intrecciati: i numeri di oggi e il ruolo di domani di Giorgia Meloni anche in Ue.

I numeri delle destre

Da un lato il vento di destra, presente in quasi tutti i Paesi europei: Geert Wilders ha ottenuto quasi il 24% alle elezioni di olandesi domenica scorsa, Marine Le Pen secondo l’ultimo sondaggio è accreditata con il suo Rassemblement national al 28%, AfD in Germania è data al 20%, in Polonia il partito più votato alle politiche di un mese fa è stato il Pis con il 35,3%.

E ancora, ad aprile in Bulgaria ha vinto il partito di centro-destra “Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria” (Gerb) dell’ex-primo ministro Bojko Borisov, con il 26,49%, in Austria quando manca un anno alle politiche al primo posto è data la destra del Partito della Libertà austriaco (Fpo), in Irlanda la destra che si presenterà alle urne del 2025 guidata dal movimento Sinn Feiin è data già saldamente in testa, in Spagna Vox a luglio ha raccolto il 12,4 (e i popolari il 33,1%). Numeri che, se rapportati alle urne di giugno 2024, portano a ritenere che ci sarà verosimilmente un forte consenso per le destre nei vari Paesi chiamati al voto.

Cambio in Ue?

In secondo luogo va aperto un ragionamento sull’evoluzione che il quadro europeo sta registrando nell’ultimo triennio. Punto di partenza è l’uscita di scena dell’ex cancelliera Angela Merkel, assieme al suo portato politico. La sua impostazione di “larghe” intese applicata anche alla Commissione Ue, concretizzatasi con la maggioranza Ursula, rappresenta un dato del passato che potrebbe essere sostituito con la possibilità di una governance politica, sempre che i numeri di popolari e conservatori in seno al Parlamento lo consentano. In quel caso come verrà impostata la maggioranza in aula, come verrà decisa la composizione di Commissione e Consiglio e infine in che modo le policies basilari saranno influenzate da scelte politiche e non più di compromesso?

Quale equilibrio?

È chiaro che Wilders in Olanda, come Le Pen in Francia, come AfD in Germania, rappresentano più di una spia politica o di un fatto isolato, ovvero il segno che l’estrema destra cresce in tutta Europa. Ma, di pari passo, cresce anche la responsabilità dei conservatori più moderati a che si trovi un equilibrio europeista/governista. La differenza tra tutti è che solo in Italia c’è stata una Fiuggi e FdI, dopo An, si è evoluta come “destra di governo” e non di protesta. Le europee, quindi, potranno essere un laboratorio di compensazione partitica o un momento di rottura, ma con la possibilità concreta di un punto di equilibrio da trovare attorno al ruolo di Ecr e, quindi, di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni.

Nel 1991 Pinuccio Tatarella, padre della svolta di Fiuggi, già teorizzava “una grande destra, moderna e modernizzatrice, inclusiva e dialogante, una destra capace di porsi interrogativi senza certezze dogmatiche, senza pregiudizi, con l’ansia costruens dell’analisi e del confronto”.

Una destra, insomma, conservatrice, moderna ed europeista, “in grado di esercitare cultura di governo, senza lasciarsi ammaliare dai timori dei complotti da un lato e dalla leggenda dei poteri forti dall’altro”. A giugno 2024 la possibilità di porre in essere il secondo tempo del progetto conservatore meloniano.



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