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Costa e i (possibili) contraccolpi sui socialisti. La versione di Pittella

Le dimissioni del premier portoghese Costa, coinvolto in un presunto scandalo legato alla transizione energetica, potranno avere un impatto sul blocco socialista che ne uscirebbe indebolito dalle urne del giugno prossimo. Ma conservatori e popolari non bastano per formare una nuova maggioranza: Meloni può allargare l’assetto Ursula. Conversazione con l’ex vice presidente del Parlamento europeo, Gianni Pittella

Sono dimissioni che pesano come un macigno. Per almeno tre motivi: la credibilità e il carisma di Antonio Costa, la vicinanza temporale alle elezioni europee e perché arrivano in un momento in cui il blocco socialista in Europa non vive il suo momento di massimo splendore. Il presunto scandalo legato alla transizione energetica, nel quale sarebbe coinvolto il premier portoghese, è una manna dal cielo per le opposizioni. Il governo – riconfermato da poco più di un anno e mezzo – è ora senza una guida. “E le dimissioni di Costa potranno avere un impatto su tutto il blocco socialista europeo in vista delle elezioni. Benché, personalmente, ritengo l’ex premier totalmente estraneo ai fatti”. A dirlo a Formiche.net è Gianni Pittella, ex vicepresidente del Parlamento Europeo.

Quale prevede sarà l’impatto di questo presunto scandalo sul blocco socialista in vista delle Europee?

Essendo Costa uno dei leader più apprezzati fra i socialisti europei, ritengo che qualche riverbero questa vicenda lo avrà quasi inevitabilmente. Il Portogallo, numericamente, non elegge un numero particolarmente ampio di deputati. Ma l’impatto sarà tanto forte quanto il “caso” Costa assumerà un rilievo europeo.

Lei, che ha conosciuto l’ormai ex premier portoghese, nutre dubbi sulla fondatezza delle accuse che gli vengono mosse.

La scelta di dimettersi è indice di una grande dignità e correttezza istituzionale. Ho conosciuto Costa in più occasioni e, assicuro, mi è sempre parsa una persona davvero specchiata. Ed è per questo che sono fiducioso sul fatto che lui, prima di giugno 2024, possa dimostrare la sua estraneità ai fatti.

Come vede il gruppo socialista, in questa coda di legislatura e in proiezione verso la sfida elettorale?

Per il momento i sondaggi dicono che lo schieramento socialista – nella sua eterogeneità – dovrebbe mantenere le posizioni e arrivare a eleggere più o meno lo stesso numero di parlamentari che ha eletto nella scorsa tornata elettorale.

Popolari e conservatori stanno lavorando per costruire un’alternativa che cambi gli attuali assetti europei. Ce la faranno?

I gruppi Ecr e Ppe da soli non sono sufficienti per formare una maggioranza. Per cui questo scenario mi pare fuori discussione. A mio modo di vedere dovrebbe tornare a configurarsi una situazione in cui Popolari, Liberali, Socialisti, Verdi e  – se Meloni vorrà – Conservatori si fanno promotori di una nuova maggioranza Ursula allargata. Ma tutto dipenderà da cosa vorrà fare il premier.

In che termini?

Ecr avrà sicuramente un peso importante a seguito delle votazioni del 2024. Per cui, starà a Meloni scegliere da che parte stare: se con gli alleati di estrema destra (la Lega e il gruppo di Identità e Democrazia) oppure se aderire alla maggioranza Ursula. Per dirla con una battuta: non ci può essere una maggioranza Giorgia, ma Meloni può entrare nella maggioranza Ursula. E, soprattutto, non si può pensare di costruire una maggioranza senza i socialisti.

Sulla revisione del Patto di Stabilità sembra muoversi qualcosa. Il punto di mediazione franco-tedesco può essere una buona base per arrivare a ottenere una riforma in linea con gli interessi nazionali e che al contempo sia saldamente ancorata ai binari europei. Che ne pensa?

L’Italia deve lavorare per ottenere una regolamentazione più efficace in tema fiscale. Occorre che, a livello europeo sui progetti strategici – ambiente, difesa, sicurezza e infrastrutture – venga concessa la possibilità di contrarre debito “buono” per sostenere gli investimenti. Questa dovrebbe essere la nostra priorità.

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