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Il discorso di Nasrallah tra toni globali e gli interessi di Teheran

Con questo discorso Nasrallah ha cercato di evitare coinvolgimenti diretti nella guerra in atto, puntando su un’azione di interesse iraniano, con una retorica infiammatoria globale. La ricaduta “terzomondista” del suo discorso non può essere trascurata. La riflessione di Riccardo Cristiano

Da una parte noi, il Bene, dall’altra  il Male, indicato da Khomeini già tanti anni fa con il nome definitivo di “Grande Satana”. Il discorso del potente capo della milizia filiraniana e di strettissima osservanza khomeinista, Hezbollah, Sayyed Hasan Nasrallah, atteso come il discorso della decisione sulla regionalizzazione del conflitto, contiene evidenti implicazioni per l’oggi, ma anche scelte politiche profonde. Posizioni da capire meglio. Per l’oggi, il leader di Hezbollah ha detto chiaramente che il fronte libanese resterà al livello di “calore” odierno. La guerra di Gaza è stata una decisione di Hamas al 100%, non fa parte di un strategia iraniana. Certo, ha aggiunto, l’Iran applaude la resistenza islamica, sempre. Ma come noi, ha proseguito, non è coinvolto nella decisione di Hamas e nella preparazione dell’operazione (lodata) del 7 ottobre. Questo è il primo punto messo in chiaro da subito. Di più, i massacri di civili israeliani nella sua ricostruzione non sono stati opera di Hamas (poiché in aperta violazione della legge islamica su come ci si comporta in tempo di guerra, sebbene non lo abbia detto espressamente) ma del fuoco di reazione israeliano.

Il secondo punto è che un’escalation ci sarà. Non a Gaza, non dal sud del Libano (dove lo scontro c’è ma lui ha fatto capire che Hezbollah non mirerà ad aggravarlo) ma contro le basi americane in Iraq e Siria, ad opera delle milizie locali. Interessante notare a questo riguardo che gli unici citati come partecipi della reazione per Gaza sono stati i miliziani del lontano e disperato Yemen, dove la guerra con l’Arabia Saudita non si arresta, perché non decolla la pace con loro. E questo perché il Male, il vero Male, la causa di tutti i massacri in corso nel mondo, sono gli Stati Uniti.

In senso tattico si potrebbe dire che Nasrallah indica una conseguenza militare e operativa che concentrandosi sull’Iraq e la Siria serve gli interessi iraniani, il più importante di essi, la costruzione del corridoio sciita che salda sotto il controllo iraniano Iraq e Siria; ma dà anche una importante indicazione ideologica. Nasrallah con questa indicazione del Male assoluto negli Stati Uniti, causa di tutti i mali del mondo da un secolo a questa parte, ha citato espressamente Hiroshima, proprio come fece Osama Bin Laden, ricollegandosi così alla retorica e all’ideologia del leader qaedista. Il significato profondo di questo punto lo colse anni fa il grande antropologo francese René Girard: “Quando ho letto i primi documenti di Bin Laden e ho riscontrato i suoi accenni alle bombe americane cadute in Giappone, ho capito ad un tratto che il livello di riferimento è il pianeta intero, ben al di là dell’Islam. Sotto l’etichetta dell’Islam c’è una volontà di collegare e mobilitare tutto un terzo mondo di frustrati e di vittime nei loro rapporti di rivalità mimetica con l’Occidente. Ma nelle Torri distrutte lavoravano sia stranieri che americani. E per l’efficienza, la sofisticazione dei mezzi impiegati, la conoscenza che essi avevano degli Stati Uniti, gli autori degli attentati non erano anch’essi un po’ americani? Siamo in pieno mimetismo”.

Per Girard, l’uomo si regola sulla base dell’imitazione, di qui la sua teoria della violenza mimetica. È questo il cuore del ragionamento del potente capo miliziano, che non lancerà la sua milizia in una guerra troppo pericolosa, ma tessendo le lodi di Hamas tenta di recuperare i cuori di milioni di arabi sconvolti dagli avvenimenti di Gaza nella sua polemica con i leader arabi ai quali oppone non i giovani della Primavera, ma i gruppi islamisti come il suo, Hezbollah, che ha perso le menti e i cuori di tantissimi arabi dopo aver partecipato allo sterminio di migliaia e migliaia di arabi, siriani e yemeniti in particolare. La sua scelta dunque è di puntare a recuperare cuori e menti raccogliendo il malcontento contro i governanti arabi, ma non nel nome dei diritti umani come aveva fatto la Primavera, ma nel nome di una violenza speculare alla violenza del demone americano, delle sue guerre afghana e irachena innanzitutto.

A differenza di Bin Laden, però Nasrallah non parla di “colpire il nemico dov’è”, cioè in America, ma nel Medio Oriente, non citando altri importanti luoghi dove è nota e imponente la presenza militare americana, come il Qatar, bensì concentrandosi, come detto, su Iraq e Siria. Una scelta che evidentemente Nasrallah deve aver accuratamente definito con il capo dei pasdaran, organizzatori e finanziatori di tutte queste milizie filo-iraniane. Lui, il potente capo dei pasdaran al-Qaani, era infatti a Beirut da due giorni. Con questo discorso Nasrallah ha cercato di evitare coinvolgimenti diretti nella guerra in atto, puntando su un’azione di interesse iraniano, con una retorica infiammatoria globale. La ricaduta “terzomondista” del suo discorso non può essere trascurata.



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