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Indo-Pacifico subacqueo. La sfida tra Usa e Cina è anche sottomarina

Le capacità sottomarine cinesi negli ultimi anni sono cresciute a ritmo costante, riducendo il gap con la Us Navy. Le cui capacità operative potrebbero essere inficiate da questo mutamento nei rapporti di forza

Fino a poco tempo fa, la superiorità di Washington nei confronti di Pechino relativa alla dimensione sottomarina era estremamente marcata. Di fronte a una flotta cinese inferiore per numero, e dotata di rumorosi sistemi incapaci di nascondere la propria presenza, rendendosi così estremamente vulnerabili ai sistemi d’arma appositamente studiati in funzione sottomarina, la Us Navy disponeva di sottomarini all’avanguardia. Letali quanto difficili da individuare. Questa differenza nelle capacità militari garantiva agli Stati Uniti una netta superiorità nei rapporti di forza militare nell’oggi cruciale teatro indo-pacifico, e in particolare nel Mar Cinese Meridionale.

Superiorità che, con il passare del tempo, sta diventando sempre meno certa, come mostrato da un articolo del Wall Street Journal. Grazie agli investimenti degli ultimi anni, la flotta dell’Esercito Popolare di Liberazione (Pla) sta accrescendo la sua potenza sia in termini quantitativi che in termini qualitativi. E la componente sottomarina non è certo esterna a questo processo di rafforzamento. Anzi. Nella città di Huludao, dove risiede uno dei maggiori impianti di costruzione di sottomarini nucleari, alcune immagini satellitari risalenti al 2022 mostrano all’interno del complesso produttivo alcune sezioni di uno scafo sottomarino di dimensioni maggiori rispetto a qualsiasi modello di sottomarino esistente. Mentre all’inizio di quest’anno è stato varato un sottomarino d’attacco nucleare la cui propulsione, anziché basarsi su un sistema ad elica, sfrutta la tecnologia del getto di pompa. Ovvero quella impiegata nei sottomarini statunitensi di ultima generazione attualmente in servizio.

Ma Pechino non si sta limitando soltanto ad accrescere le dimensioni e la qualità della propria flotta sottomarina. Attraverso ogni tratto di mare su cui si affaccia il suo territorio, sin dal 2017. la Repubblica Popolare ha costruito un complesso sistema di sensori in grado di migliorare esponenzialmente la capacità di rilevamento di scafi sottomarini nemici. La “Grande Muraglia Sottomarina” (così viene chiamato questo complesso sistema tecnologico) agisce in modo perfettamente complementare alle navi e ai velivoli del Pla che pattugliano le aree in questione, rendendo estremamente difficile per i vascelli sottomarini di Washington muoversi nelle zone in questione senza essere tracciati dall’apparato militare cinese.

Secondo Bryan Clark, ex ufficiale di marina e senior fellow dell’Hudson Institute, la crescita delle reti di sensori subacquei cinesi significa che i sottomarini statunitensi non possono più fare affidamento solo sulle loro capacità stealth per evitare di essere individuati nel Mar Cinese Meridionale e in altre aree vicine alla Cina continentale. E, sempre secondo l’ex-ufficiale della Us Navy, Washington necessita l’adozione di una nuova strategia per confondere o sopprimere i sensori sottomarini di Pechino, dispiegando imbarcazioni sommergibili senza equipaggio che possano disturbare i sistemi di sorveglianza, agire come esche o distruggere i sensori.

Mentre nel dominio sottomarino le capacità cinesi continua a crescere a ritmo costante, quelle statunitensi attraversano invece un momento di incertezza. In accordo a quanto affermato dalla Marina militare di Washington, gli Stati Uniti avrebbero bisogno di 66 sottomarini d’attacco nucleari nella regione indo-pacifica per svolgere alla massima efficacia i compiti previsti. Tuttavia, ad oggi gli Stati Uniti dispongono soltanto di 67 sottomarini nucleari, di cui solo 49 sono classificabili come vascelli d’attacco. Che, con il ritiro dei modelli più datati, diventeranno 46 nel 2030. Secondo le previsioni più ottimistiche della Us Navy, entro il 2036 il numero di vascelli operativi dovrebbe tornare ad attestarsi sulle 50 unità, raggiungendo una quota di produzione annua di due sottomarini. Quasi il doppio di quella attuale, che si aggira intorno alle 1.2 unità.

Gli analisti militari americani presuppongono, nella simulazione di uno scenario di conflitto riguardante l’isola di Taiwan, che i sottomarini statunitensi cerchino di affondare le navi della flotta d’invasione cinese, smorzando l’impeto di Pechino e permettendo a Taiwan di difendersi meglio. Ma maggiore è la minaccia per i sottomarini statunitensi, più difficile è lo svolgimento di un simile compito. I sottomarini d’attacco a propulsione nucleare della Cina potrebbero “cacciare” i sottomarini statunitensi già nelle acque ad est di Taiwan, impedendo loro di arrivare nell’area interessata.

La perdita della superiorità sottomarina potrebbe quindi dimostrarsi molto pesante per Washington sul piano strategico. Che, secondo certe analisi, deve trovare al più presto una soluzione per invertire questo pericoloso trend, per non farsi cogliere impreparata da nessun tipo di azzardo militare di Pechino — che al di là della narrazione sull’armonia nelle relazioni internazionali, ha rafforzato in modo consistente lo strumento militare.


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