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Il doppio registro di Salvini non aiuta la Lega e danneggia il governo

Come Bertinotti ai tempi di Prodi, così Salvini nell’era Meloni: leader di lotta e al tempo stesso di governo. Una strategia volta con tutta evidenza a sottrarre voti a Fratelli d’Italia a beneficio della Lega. Sembra, però, che tale sottile strategia non stia pagando. Il corsivo di Andrea Cangini

I motivi di malessere sociale non mancano e con tutta evidenza il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, intende drammatizzare la situazione per accreditarsi come leader, se non politico, morale, della protesta nei confronti del governo. È per questo che la scelta del vicepremier Matteo Salvini di drammatizzare la portata dello sciopero generale proclamato per venerdì prossimo da Cgil e Uil mobilitando l’Autorità garante sul diritto di sciopero e al tempo stesso di irridere la scelta dei manifestanti parlando di “weekend lungo” appare paradossale. Mentre il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti minimizzano, Salvini drammatizza. E drammatizzando compatta e mobilità la piazza. Un favore all’avversario, un danno al governo.

Non è la prima volta che accade. Abbiamo già assistito a dinamiche simili in materia di immigrazione, di rapporti con la Commissione europea, di tassazione sui cosiddetti extraprofitti delle banche, di pensioni, di Islam e persino sulla riforma costituzionale che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Come Bertinotti ai tempi di Prodi, così Salvini nell’era Meloni: leader di lotta e al tempo stesso di governo. Una strategia volta con tutta evidenza a sottrarre voti a Fratelli d’Italia a beneficio della Lega. Sembra, però, che tale sottile strategia non stia pagando.

Sul Foglio di oggi si dà conto di un recente sondaggio realizzato da Euromedia Research di Alessandra Ghisleri. Se si votasse oggi, la Lega otterrebbe tra l’8 e il 9,5 per cento dei voti. Grossomodo la stessa percentuale di consensi incassata alle politiche dello scorso anno. Il doppio registro, di lotta e di governo, dunque, non paga. In compenso ottiene il risultato di alimentare lo scetticismo sull’efficacia dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Dallo stesso sondaggio emerge, infatti che solo il 50% degli elettori leghisti si dichiara “soddisfatto”, il 30% è “insoddisfatto” il 20% è confuso e perciò non si esprime.

“In pratica Salvini non ha guadagnato manco un voto rispetto ad un anno fa, ma è riuscito nell’impresa di convincere quasi la metà degli elettori leghisti a nutrire sentimenti di diffidenza nei confronti del governo di cui lui stesso fa parte”, chiosa il Foglio.

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