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Fine dei ribaltoni, il premierato di Meloni secondo Guzzetta

“Se la riforma fosse approvata, il ruolo del Presidente della Repubblica non sarebbe di garantire il Parlamento e i partiti, con i loro negoziati, dentro il Parlamento, ma di garantire la volontà del corpo elettorale che si è espressa il giorno delle elezioni con l’elezione del premier e della sua maggioranza”. Conversazione con il costituzionalista Giovanni Guzzetta

Garantire la volontà del corpo elettorale che si è espressa il giorno delle elezioni con l’elezione del premier e della sua maggioranza: la riforma del premierato proposta da Giorgia Meloni ha questa finalità secondo il costituzionalista Giovanni Guzzetta, che spiega a Formiche.net come potranno essere sminati i rischi di ribaltoni e come si evolverà il ruolo della Capo dello Stato. “Un diverso tipo di garanzia: prima si garantiva la continuità del Parlamento, anche se con indirizzi politici diversi, domani si garantirebbe, per tutta la legislatura, la continuità dell’indirizzo politico espresso dal popolo”.

Quali i vantaggi della riforma del premierato proposta dal governo?

Per valutare una riforma, non da cittadino ma da tecnico, l’operazione da fare è considerare l’obiettivo che il decisore politico vuole perseguire e verificare se la proposta tecnica per raggiungere quell’obiettivo sia o meno coerente. Mi pare abbastanza evidente che l’obiettivo che si vuole raggiungere, perché è stato ufficialmente comunicato e perché emerge dalla trama del testo, è quello di avere governi più stabili e soprattutto realizzare il risultato che la maggioranza che governa durante la legislatura sia coerente con l’indicazione che viene dal corpo elettorale. Da questo punto di vista la riforma introduce dei meccanismi che sono coerenti con questi fini. In seguito si può discutere nel dettaglio se una soluzione possa essere perseguita diversamente o meno, però mi pare che i mezzi siano coerenti con l’obiettivo.

Alcune voci critiche ritengono che l’elezione diretta possa essere annullata dalle vicende parlamentari. Che ne pensa?

Ho ascoltato delle critiche a questa riforma che un po’ si elidono: c’è chi dice che questa è una riforma troppo radicale e c’è invece chi dice che questa riforma è una riforma troppo blanda rispetto ai problemi che si intendono risolvere. Già il fatto che queste critiche si contrappongano mi pare ne determini una neutralizzazione reciproca. La premier ha detto che questa proposta non è la proposta sostenuta in campagna elettorale, cioè il semipresidenzialismo e non è nemmeno un premierato rigido sul modello regionale, ma è una soluzione di mediazione che tiene conto delle interlocuzioni avute con l’opposizione. Quindi va anche letta sotto questa lente di ingrandimento, cioè una soluzione che già parte come frutto di una mediazione rispetto agli scambi avuti con l’opposizione. È chiaro che le soluzioni non sono così radicali e dunque nette e chiare come sarebbero state se la maggioranza avesse voluto semplicemente applicare il proprio programma: la premier ha fatto uno sforzo di mediazione. Del quale l’opposizione non mi pare soddisfatta e ne ha tutto il diritto, ma è indubitabile che la proposta non sia quella originariamente ventilata, tanto che nella stessa maggioranza ci sono voci di una limitata insoddisfazione.

Con questa riforma si eviteranno i ribaltoni?

L’obiettivo è quello della continuità dell’indirizzo politico per tutta la legislatura, quindi evitare quel tipo di ribaltoni che cambiano l’indirizzo politico e creano delle maggioranze radicalmente diverse da quelle iniziali. Lo abbiamo visto nella scorsa legislatura, in cui peraltro non c’era nemmeno una chiara indicazione iniziale. Il rischio dei “ribaltoni” mi pare scongiurato, anche perché il cambiamento di premiership è ammesso solo laddove il nuovo premier si impegni a portare avanti il programma e addirittura aderisca alle dichiarazioni programmatiche del premier eletto. Tanto che io dubito che ne possa fare di diverse al momento dell’insediamento. Se un cambiamento del premier è possibile, la continuità dell’indirizzo politico non può essere messa in discussione e lì ha un ruolo molto importante il Presidente della Repubblica.

È vero che il Capo dello Stato perderà consistenza, come osservano i detrattori della riforma?

Stando alla lettera, il Capo dello Stato ha un vincolo nel momento genetico della legislatura perché essendo il premier eletto direttamente, ovviamente il Capo dello Stato non potrà che nominare quel premier eletto insieme alla sua maggioranza. Ma questa non sarebbe una novità. Ci sono dei poteri che il Presidente molte volte non ha potuto esercitare laddove dal risultato elettorale è venuta fuori una chiara indicazione. Ricordo il primo Governo Berlusconi, il primo Governo Prodi e lo stesso Governo Meloni. Il Presidente della Repubblica ha semplicemente preso atto di un risultato chiaro e quindi ha conferito il mandato al leader della coalizione che aveva vinto le elezioni. Tanto è vero che le consultazioni, anche in termini di tempo, sono durate pochissimo, a fronte di casi in cui le consultazioni durano addirittura dei mesi. Ma non è tutto.

Ovvero?

Secondo me c’è un ampliamento del ruolo del Presidente la Repubblica nel caso della crisi di governo, cioè nel caso si tratti di nominare il secondo premier che va scelto tenendo conto di una valutazione sulla coerenza dell’indirizzo politico che questo premier seguirà. Un compito estremamente delicato ed estremamente importante per il Presidente della Repubblica che si fa garante di scegliere qualcuno che assicuri il rispetto della volontà popolare e quindi la continuità dell’indirizzo politico. Parimenti è vero che il Presidente della Repubblica perde quel potere di ricercare a tutti i costi una maggioranza di governo per far continuare comunque la legislatura, secondo lo schema delle consuetudini attualmente vigenti, cioè che non si sciolgono le Camere se è possibile formare un governo, quale che ne sia la maggioranza. Però non credo che il Presidente della Repubblica sia particolarmente felice di svolgere questo ruolo, come dire maieutico, laddove si determinino dei cambiamenti di maggioranza. Questo è un ruolo che si giustifica perché c’è una crisi del sistema e la riforma mi pare che voglia evitare che a quella crisi si arrivi.

In che modo?

Il Presidente la Repubblica nella storia italiana è stato importante perché la storia italiana è quella in cui il sistema politico va più facilmente in crisi: se si risolvono le ragioni di quella crisi e quindi non ci sono crisi di governo ogni anno, è fisiologico che, da questo punto di vista, il ruolo del Presidente della Repubblica come risolutore della crisi sia ridimensionato perché non ci sono crisi da risolvere. Dopodiché rimangono intatti tutti i poteri di controllo e di garanzia che, quale che sia il governo, esercita e continuerà ad esercitare. Il Capo dello Stato rimane forte non perché ha una legittimazione politica ma per la legittimazione che gli viene dalla Costituzione che lo vuole garante.

Si determinerebbe uno squilibrio tra un premier politicamente forte perché eletto direttamente e un Presidente a Repubblica politicamente debole?

No, perché, come ho detto, il Presidente Repubblica non deriva i suoi poteri dalla legittimazione politica ma dalla Costituzione. Nessuno si sognerebbe di dire che la Corte costituzionale è debole perché non ha una legittimazione politica, anche rispetto all’organo politico per eccellenza, di cui annulla tranquillamente le leggi quando sono incostituzionali.

In che misura secondo lei è utile prevedere dei contrappesi? Per esempio la Lega chiede più autonomia alle Regioni.

Intanto mi pare che la Lega richieda l’autonomia perché quella è una sua battaglia politica e perché è scritto nella Costituzione all’articolo 116. Prescindendo dal caso italiano, in linea generale in tutti i sistemi che hanno un maggior decentramento, questo rappresenta un contrappeso rispetto al potere centrale e quindi il decentramento è in qualche modo un bilanciamento rispetto a un rafforzamento del potere centrale. Peraltro, più che di rafforzamento dei poteri, nel caso della riforma proposta, parlerei di rafforzamento della stabilità, perché i poteri rimangono gli stessi: semplicemente il governo è più stabile negli obiettivi e più coerente.

Bisognerà poi cambiare la legge elettorale?

La proposta prevede che ci sia una maggioranza parlamentare eletta insieme al premier, cioè che la legge elettorale determini una maggioranza certa. Questo per evitare l’esito israeliano, perché la riforma del premierato in Israele è fallita non tanto per l’elezione diretta in sé, quanto perché l’elezione diretta non coincideva con un sistema elettorale capace di assicurare una maggioranza al Capo del governo e quindi il premier eletto era fortemente legittimato politicamente ma giuridicamente molto debole perché il Parlamento, con una legge elettorale ultra proporzionale, risultava estremamente frammentato. Quindi il premier legittimato doveva cercarsi di volta in volta una maggioranza e questo non faceva funzionare bene il sistema. Per evitare tale inconveniente, e quindi per evitare l’esito israeliano, la proposta prevede una coincidenza tra la maggioranza parlamentare e la maggioranza che ha eletto il premier. Questa coincidenza si può realizzare solo con un sistema elettorale che in qualche modo la assicuri.

Con la riforma Meloni la volontà popolare espressa nelle urne verrà preservata più di quello che accade oggi?

Il ruolo del Presidente Repubblica nel modello costituzionale vigente consiste nel preservare la continuità del Parlamento. Quindi il Parlamento non può essere sciolto fino a quando c’è una maggioranza capace di esprimere un governo. Se la riforma fosse approvata, il ruolo del Presidente non sarebbe di garantire il Parlamento e i partiti, con i loro negoziati, dentro il Parlamento, ma di garantire la volontà del corpo elettorale che si è espressa il giorno delle elezioni con l’elezione del premier e della sua maggioranza e quindi per garantire la continuità quell’indirizzo politico che così si è affermato. In questo senso la funzione di garanzia attiva del Presidente rimane ed è un diverso tipo di garanzia: prima si garantiva la continuità del Parlamento, anche se con indirizzi politici diversi, domani si garantirebbe, per tutta la legislatura, la continuità dell’indirizzo politico espresso dal popolo.



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